Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19640 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19640 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
BRUNO GILBERTO nato il 16/12/1940, avverso la sentenza del
03/12/2012 della Corte di Appello di Lecce;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha
concluso per l’inammissibilità;
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 03/12/2012, la Corte di Appello di Lecce
confermava la sentenza con la quale, in data 28/03/2011, il Tribunale
della medesima città, aveva ritenuto BRUNO Gilberto colpevole del reato
di usura aggravata ex art. 644/5 n° 3-4 cod. pen. ai danni dei coniugi
Paolo Cavallo e Patrizia Puricella, commesso il 31/10/2001.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto

motivi:

ricorso per cassazione deducendo i seguenti

Data Udienza: 24/04/2014

2.1. MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE per avere i giudici di
merito fondato il giudizio di responsabilità sull’esito di una consulenza
effettuata dal c.t. del Pubblico Ministero il quale, però, erroneamente,
«si era basato su somme meramente comunicate o semplicemente
richieste, comunque modificatesi nel tempo, senza tener conto della

della percentuale da raffrontare con il tasso soglia per la verifica del
superamento della rilevanza penale della pattuizione». In altri termini,
non vi era alcuna prova sulla pattuizione di interessi usurari (censure di
cui ai punti 1-3-4 del ricorso)
2.2. per avere la Corte rigettato i motivi di gravame, con
motivazione apparente;
2.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 157 COD. PEN. per non avere la Corte
dichiarato la prescrizione;
2.4. VIOLAZIONE DELL’ART. 644/5 N° 4 COD. PEN. per avere la Corte
ritenuto la sussistenza delle suddette aggravanti pur in assenza di
alcuna prova;
2.5. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 62 BIS E 163 COD. PEN. per non avere la
Corte concesso le attenuanti generiche e la sospensione condizionale
della pena.

3. Il ricorso, nei termini in cui tutte le doglianze sono state
dedotte, è manifestamente infondato essendo del tutto generico ed
aspecifico rispetto all’ampia motivazione addotta dalla Corte che ha
fondato il giudizio di responsabilità dell’imputato: a) sulle dichiarazioni
della parte offesa, b) sulla documentazione bancaria; c) sulla
trascrizione della conversazione intercorsa fra l’imputato e la parte
offesa; d) sull’esito della C.t. disposta dal Pubblico Ministero.
Su tutto questo compendio probatorio, il ricorrente, in pratica nulla
ha obiettato se non deducendo le generiche ed aspecifiche doglianze
riassunte supra ai §§ 2.1-2.2.
Quanto alla pretesa VIOLAZIONE DELL’ART. 644/5 N° 4 COD. PEN., la
Corte ha ampiamente motivato, in punto di fatto, sulle ragioni per cui

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incidenza sul risultato finale. Con ciò violando persino l’individuazione

dovevano ritenersi sussistenti: sul punto, il ricorrente, si è limitato,
ancora una volta, ad una censura, del tutto generica.
Anche in ordine al trattamento sanzionatorio (negazione delle
attenuanti generiche), la motivazione addotta dalla Corte è congrua,
adeguata e, quindi, incensurabile: non spetta la sospensione

sei ed € 7.500,00 di multa.
Corretta, infine, è la motivazione con la quale la Corte ha ritenuto
non ancora prescritto il reato, dovendosi ad esso applicare il termine di
anni quindici secondo la previgente più favorevole normativa: sul punto,
il ricorrente si è limitato ad obiettare che la decisione sarebbe erronea
ma senza spiegarne il motivo.

4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 24/04/2014

condizionale della pena essendo stata inflitta la pena di anni due, mesi

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