Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19635 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19635 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
PICCOLO FRANCESCO nato il 01/11/1979, avverso la sentenza del
02/10/2009 della Corte di Appello di Messina;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha
concluso per l’inammissibilità;
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 02/10/2009, la Corte di Appello di Messina
confermava la sentenza con la quale, in data 25/01/2007 il giudice
monocratico del tribunale della medesima città aveva ritenuto PICCOLO
Francesco e Romeo Manuela colpevoli del reato di truffa ai danni di
Rizzo Giovanna.

2. Avverso la suddetta sentenza, il solo Piccolo, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la
VIOLAZIONE DELL’ART. 606 LE-17. E) COD. PROC. PEN. sotto i seguenti profili: a)

Data Udienza: 24/04/2014

per non avere la Corte dichiarato la nullità della motivazione della
sentenza di primo grado limitatamente alla

«parte in cui nessun

ragionamento di carattere logico – giuridico viene approntato in ordine
agli effetti civili derivanti dalla stipula del contratto di cessione
dell’azienda e della scrittura provata ad essa collegata»; b) per avere la

offesa Rizzo, laddove le suddette dichiarazioni si erano dimostrate in
contraddizione con quelle rese dal Puglisi, marito della Rizzo; c) la
Corte, infine, non aveva adeguatamente spiegato, ai fini del severo
trattamento sanzionatorio, per quali ragioni la condotta del Piccolo
sarebbe stata preponderante e più grave rispetto a quella della Romeo,
laddove, al contrario, l’imputato si era limitato ad un

«semplice

coordinamento, posto che tutti gli assegni venivano tratti dal carnet di
cui era titolare la sua compagna» e che era stato lui a consegnare alla
parte offesa la somma di C 2.000,00: il che avrebbe dovuto giustificare
la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n° 6 cod. pen.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Tutte le censure proposte con il presente ricorso non sono altro
che la mera reiterazione di quelle già dedotte con i motivi di appello e
disattese dalla Corte di Appello con motivazione logica, priva di aporie e
del tutto coerente con gli indicati elementi probatori., in specie per
quanto riguarda l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa.
Non è vero, poi, che la Corte territoriale non abbia preso in esame
la tesi difensiva del mero inadempimento civilistico (cfr pag. 3).
Infine, ampia è stata la motivazione in ordine alla mancata
concessione delle attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 n° 6
cod. pen.
Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze
o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su
una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di
mero merito, va dichiarata inammissibile.
Sul punto, va, infatti, rilevato che, in sede di legittimità, non è
possibile dedurre come motivo il “travisamento del fatto”, giacchè è

2

Corte attribuito piena validità probatoria alle dichiarazioni della persona

preclusa la possibilità per il giudice di legittimità di sovrapporre la
propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei
precedenti gradi di merito: ex plurimis Cass. 4675/2006 Rv. 235656.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.
Infine, va rammentato che, essendo stati tutti i motivi del ricorso
dichiarati inammissibili, trova applicazione il principio di diritto secondo
il quale

«l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla

manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido
rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.»: ex
plurimis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 – Cass. 4/10/2007,
Impero
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 24/04/2014
IL PRESIDENTE
(Drusx›.3.12.5,
tt. Franco

iandanese)
,

processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende

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