Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19632 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19632 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Falzarano Vincenzo,
avverso la sentenza 4.6.13 della Corte d’Appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Francesco Salzano, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 4.6.13 la Corte d’Appello di Roma, rigettato il gravame proposto
da Vincenzo Falzarano contro la condanna emessa a suo carico il 20.9.12 dal
Tribunale di Latina, in accoglimento dell’impugnazione del PM dichiarava le già
concesse attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e, per
l’effetto, rideterminava la pena in anni 5 e mesi 9 di reclusione ed euro 1.200,00
di multa per concorso (con Ferdinando Ciarelli, Carmine e Giuseppe Pasquale Di
Silvio e Fabio Di Stefano, separatamente giudicati) nei delitti, aggravati, di
sequestro di persona, estorsione e lesioni personali aggravate.
Questi, in sintesi, i fatti accertati in sede di merito: il Ciarelli, i Di Silvio, il Di
Stefano e il Falzarano avevano dapprima ingiustamente preteso da Gianmarco

Data Udienza: 27/03/2014

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Leone, previe minacce e percosse, il versamento di 10.000,00 euro, poi lo
avevano portato in una stalla dove l’avevano sottoposto ad un vero e proprio
pestaggio, cagionandogli lesioni personali; infine gli avevano dato appuntamento
per il giorno seguente per concordare la consegna del denaro, denaro poi versato
dal Leone solo nella misura di 2.000,00 euro.
Vincenzo Falzarano ricorreva personalmente contro la sentenza, di cui chiedeva
l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art.

a) nullità della sentenza per avere la Corte d’appello omesso di dichiarare
inammissibile, perché non munito di specifici motivi di doglianza,
l’appello del PM, limitato alla censura della sola concessione, con criterio
di prevalenza, delle attenuanti generiche;
b) nullità della sentenza per nullità del decreto che dispone il giudizio in
quanto emesso dallo stesso giudice che aveva svolto funzioni di GIP nel
procedimento penale n. 3693/10, i cui atti erano confluiti nel procedimento
a carico del Falzarano; inutilizzabilità del decreto autorizzativo
dell’intercettazione del 26.7.10 perché emesso in assenza di nuovi
elementi rispetto al precedente provvedimento che aveva negato
l’autorizzazione; inutilizzabilità delle intercettazioni visive acquisite
aliunde e relative ai colloqui in carcere con i familiari (di tenore, per altro,
non univoco), che erano state autorizzate in riferimento ai colloqui con
terzi, mentre tali non potevano essere considerati i familiari del ricorrente;
c) inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p. dell’intercettazione ambientale del
21.9.10, avente ad oggetto dichiarazioni rese dai familiari che riferivano al
ricorrente di colloqui intercorsi con il suo difensore;
d) vizio di motivazione nella parte in cui i giudici di merito avevano
trascurato la deposizione a discarico del teste Mimo Mercuri
(ingiustamente ritenuto reticente) e valorizzato, invece, le dichiarazioni a
carico del ricorrente provenienti dalla persona offesa, poi costituitasi parte
civile (Gianmarco Leone), dichiarazioni per più versi inattendibili e non
collimanti con quelle rese dall’altra persona offesa, Simone Lemma;
inutilizzabilità delle dichiarazioni della madre del Leone (Albertina Di
Poce), venuta a conoscenza dei fatti solo dopo aver letto la querela sporta
dal figlio, e di quelle di Andrea Lemma (fratello di Simone) in quanto non

173 co. 10 disp. att. c.p.p.:

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precedute ex art. 199 c.p.p. dall’avviso della facoltà di astenersi dal
testimoniare, giacché dì fatto la posizione di Simone Lemma doveva
essere quella di indagato in concorso con il Falzarano; inutilizzabilità delle
dichiarazioni de relato di Loredana Santucci e, infine, irrilevanza dei
tabulati telefonici;
e) vizio di motivazione nella parte in cui la gravata pronuncia aveva ritenuto
che il Lemma fosse stato costretto a pagare qualcosa;

estorsione;
g) eccessività della pena, trattandosi di reati commessi ai danni di Gianmarco
Leone, appartenente ad un gruppo criminale contrapposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Il motivo che precede sub a) è infondato perché l’appello del PM aveva
motivatamente esposto le ragioni per cui censurava la concessione delle attenuanti
generiche con criterio di prevalenza, anziché di equivalenza, considerata la sua
partecipazione non marginale ai delitti per cui è processo e le gravi pendenze
giudiziarie del Falzarano (per reati afferenti armi, associazione per delinquere e
tentato omicidio).
Non si ravvisa, dunque, violazione alcuna del combinato disposto degli artt. 581
e 591 c.p.p.

2- Ancora infondate sono le doglianze esposte nell’ambito del motivo che
precede sub b).
Quanto alla pretesa incompatibilità del GUP, basti ricordare — il che costituisce
rilievo preliminare ed assorbente rispetto ad ogni altra considerazione – che, per
antico e costante insegnamento di questa Corte Suprema (contro il quale il
ricorrente nulla oppone), l’eventuale esistenza di cause di incompatibilità ex art.
34 c.p.p., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del
provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce —
semmai – mero motivo di ricusazione, da farsi valere esclusivamente con
tempestiva istanza ex art. 37 c.p.p. (cfr., ad es., Cass. Sez. V n. 13593 del 12.3.10,
dep. 12.4.10; Cass. Sez. V n. 40651 dell’8.11.06, dep. 12.12.06, rv. 236307,
Zonch; conf. Cass. n. 30448/03, rv. 226572; Cass. n. 25652/03, rv. 226248).

f) mancato assorbimento del delitto di sequestro di persona in quello di

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È, poi, irrilevante la censura con cui si eccepisce la pretesa inutilizzabilità del
decreto autorízzativo dell’intercettazione del 26.7.10 perché emesso in assenza di
nuovi elementi rispetto al precedente provvedimento che aveva negato
l’autorizzazione, trattandosi di intercettazione che non è stata valutata dalla Corte
territoriale per motivare la conferma della condanna.
In ordine, poi, alle intercettazioni visive acquisite aliunde e relative ai colloqui
in carcere con i familiari, non ha pregio l’assunto secondo cui i familiari del

3- Ancora infondato è il motivo che precede sub c).
A parte il rilievo che nessuna norma vieta di sottoporre ad intercettazione i
colloqui tra i familiari dell’imputato e il relativo difensore, si noti che nel caso di
specie si è trattato di qualcosa di diverso, vale a dire del colloquio in carcere tra il
Falzarano e i suoi familiari, nel corso del quale costoro gli hanno riferito
dell’esito d’una precedente conversazione da loro avuta con il difensore
dell’odierno ricorrente.
Né il principio di tassatività dei casi di ínutilizzabilità (v. art. 191 c.p.p. e
relativa costante elaborazione giurisprudenziale) consente l’estensione suggerita
dal motivo di ricorso.

4- I motivi che precedono sub d) e sub e) si collocano al di fuori del novero dì
quelli spendibili ex art. 606 c.p.p., perché in essi sostanzialmente si svolgono
mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici di merito, che
con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno dato credito
alle dichiarazioni accusatorie provenienti dalla persona offesa piuttosto che a
quelle a discarico.
Le contrarie considerazioni svolte dal ricorrente mirano soltanto a provocare un
nuovo apprezzamento nel merito delle risultanze processuali, operazione non
consentita in sede di legittimità.
Né possono accogliersi le censure relative a pretese inutilizzabilità di altre
deposizioni. Il fatto che la madre del Leone (Albertina Dì Poce) sia venuta a
conoscenza dei fatti solo dopo aver letto la querela sporta dal figlio — secondo
quel che si afferma in ricorso — non comporta inutilizzabilità alcuna (v., ancora, il
sopra ricordato principio di tassatività dei casi di inutilizzabilità).

ricorrente non potrebbero considerarsi a lui terzi.

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Quanto al mancato avviso ad Andrea Lemma (fratello di Simone) della facoltà
dì astenersi dal testimoniare, giacché di fatto la posizione di Simone Lemma si
sarebbe dovuta considerare come quella di persona indagata in concorso con il
Falzarano, basti osservare che un’eventuale violazione dell’art. 199 co. 2° c.p.p. è
sanzionata non con l’inutilizzabilità, bensì con la nullità, nullità che a sua volta è
solo relativa e, come tale, deve essere eccepita immediatamente dalla parte che
assiste alla deposizione e comunque, a pena di decadenza, entro i termini fissati

VI n. 10065 del 18.1.05, dep. 15.3.05; Cass. Sez. IV n. 40093 dell’8.10.02, dep.
27.11.02; Cass. Sez. VI n. 4079 del 24.2.98, dep. 2.4.98), termini ormai scaduti.
Le dichiarazioni de relato della teste Santucci sono utilizzabili, atteso che, ai
sensi del combinato disposto dei commi 1° e 3° dell’art. 195 c.p.p., la sanzione
dell’inutilizzabilità è prevista soltanto ove il giudice abbia disatteso la richiesta di
parte di esaminare anche la fonte referente (il che il ricorso neppure allega che sia
avvenuto).
Infine, quanto all’asserita irrilevanza dei tabulati telefonici, si tratta di censura
non chiaramente spiegata e che comunque attiene a valutazioni di merito
inammissibili in questa sede.

5- Ancora infondato è il motivo che precede sub f).
Si premetta che, per consolidata giurisprudenza di questa S.C., cui va data
continuità, è sufficiente ad integrare l’elemento materiale della privazione
dell’altrui libertà anche la mera violenza morale, non essendo necessario, ai fini
dell’art. 605 c.p., che la costrizione si estrinsechi con mezzi fisici, bastando
qualsiasi condotta che, in relazione alle particolari circostanze, sia suscettibile dì
privare la vittima della capacità di determinarsi e di agire secondo la propria
autonoma e indipendente volontà (cfr. Cass. Sez. V n. 14566 del 14.2.05, dep.
19.4.05, rv. 231354; Cass. Sez. H n. 472 del 22.6.84, dep. 15.1.85, rv. 167426, ed
altre).
A maggior ragione ciò valga nel caso di specie, atteso che la persona offesa è
stata privata della libertà personale con violenze e minacce (prima ad opera del
Ciarelli e del Di Silvio, poi ad opera anche di altri in occasione del pestaggio nella
stalla); tale condotta si è protratta per un tempo di gran lunga superiore a quello
strettamente necessario alla successiva coazione di carattere estorsivo.

all’art. 181 c.p.p. (cfr. Cass. Sez. V n. 13591 del 12.3.10, dep. 12.4.10; Cass. Sez.

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Ne discende che correttamente l’impugnata sentenza ha ravvisato il concorso fra
le figure delittuose di cui agli artt. 605 e 629 c.p.

6- Da ultimo, va disatteso anche il motivo che precede sub g), poiché in
sostanza tende a sollecitare un nuovo e diverso apprezzamento di merito, a fini di
quantificazione della pena, dei criteri di cui all’art. 133 c.p., per altro invocando
un dato (l’essere stati commessi i reati ai danni d’un appartenente ad un gruppo

trattamento sanzionatorio.

7- In conclusione, il ricorso va rigettato. Ex art. 616 c.p.p. consegue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proces uali.
Così deciso in Roma, in data 27.3.14.

criminale contrapposto) che nemmeno in linea teorica può giustificare un più mite

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