Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19631 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19631 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Lo Verde Vincenza,
avverso la sentenza 5.7.13 della Corte d’Appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Francesco Salzano, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 5.7.13 la Corte d’Appello di Torino confermava — per quel che
rileva nella presente sede — la condanna emessa il 4.11.11 dal Tribunale di Asti
nei confronti di Vincenza Lo Verde per il delitto p. e p. ex art. 643 c.p.
limitatamente all’induzione della persona offesa (Luciana Bo, affetta da demenza
senile) a prelevare 3.000,00 euro e a consegnargliene 1.800,00.
Vincenza Lo Verde ricorre personalmente contro la sentenza, di cui chiede
l’annullamento per un solo articolato motivo con il quale lamenta che la Corte
territoriale è incorsa in vizio di motivazione nella parte in cui ha ribadito la penale
responsabilità dell’imputata con argomentazioni carenti circa la destinazione
dell’assegno di euro 1.800,00 emesso dalla persona offesa in favore della

Data Udienza: 27/03/2014

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ricorrente medesima, nonché sul danno per la Bo ed il correlato ingiusto profitto
che si sarebbe procurata la Lo Verde. In particolare, la gravata pronuncia non ha
chiarito da dove risulti che il prelievo dei 3.000,00 euro sia derivato da un’attività
di induzione posta in essere dalla ricorrente e che costei abbia trattenuto, da tale
somma, l’importo di 1.800,00 euro; tale importo non risulta, anzi, emerge un
saldo addirittura negativo, ove dal totale (91.000,00 euro) dei prelievi effettuati
dalla persona offesa dal proprio c/c (nel periodo in cui la Lo Verde aveva lavorato

Anna Fassio (poi condannata, ma non impugnante) e dal coimputato Aurelio
Salerno (poi prosciolto in sede di udienza preliminare). Inoltre, posto che la stessa
Corte territoriale ha affermato che parte delle somme prelevate dal c/c della
persona offesa è stata destinata a spese eseguite nel suo stesso interesse, non si
comprende perché non sia stata riconosciuta uguale destinazione anche ai predetti
3.000,00 euro.
La gravata pronuncia è altresì da censurarsi — prosegue il ricorso – là dove ha
trascurato che i 1.800,00 euro che sarebbero stati trattenuti dalla Lo Verde erano
stati, in realtà, spesi per la riparazione dell’auto che la ricorrente utilizzava per
accompagnare la persona offesa: infatti, sebbene il meccanico abbia negato di
essere stato remunerato per il lavoro svolto, deve ritenersi che tale dichiarazione
si spieghi con il fatto che il meccanico non aveva emesso la fattura.
Del pari la gravata pronuncia — prosegue il ricorso – ha trascurato che la
ricorrente ha tenuto una condotta protettiva degli interessi di Luciana Bo, avendo
interpellato un avvocato per l’eventuale richiesta di nomina di un amministratore
di sostegno e d’un notaio per l’eventuale testamento dell’anziana signora.
Né — continua la ricorrente – la Corte territoriale ha motivato la penale
responsabilità della ricorrente in ordine al mero prelievo di 30.000 euro in
contanti, poi comunque rinvenuti nell’abitazione della persona offesa, fatto in sé
privo di qualsivoglia connotazione di penale rilevanza.
In breve, la motivazione dell’impugnata sentenza — conclude il ricorso – è
carente in ordine sia al danno per il soggetto passivo sia al profitto che ne avrebbe
tratto la Lo Verde.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

al suo servizio) si detraggano gli importi indebitamente trattenuti dalla coimputata

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Le doglianze svolte dalla ricorrente si collocano al di fuori del novero di quelle
spendibili ex art. 606 c.p.p., perché con esse sostanzialmente si svolgono mere
censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che
con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno accertato
l’avvenuta condotta di circonvenzione posta in essere dalla ricorrente ai danni di
Luciana Bo, con danno per quest’ultima e ingiusto profitto a favore della Lo
Verde.

procedendo ad un’integrale nuova lettura delle risultanze processuali e a differenti
calcoli dei movimenti di denaro, per altro approssimativi, dal momento che le
cifre da detrarre dal totale dei prelievi vengono indicate in ricorso entro un
margine di variabilità che arriva fino a 5.000,00 euro (v. i 10-15.000,00 euro che
sarebbero stati trattenuti da Aurelio Salerno, sempre secondo quel che si legge
nell’atto di impugnazione).
In tal modo il ricorso si pone esclusivamente sul piano dell’apprezzamento di
merito, che presupporrebbe un accesso diretto agli atti e una loro delibazione in
punto di fatto incompatibili con il giudizio innanzi a questa Corte Suprema, cui
spetta soltanto il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione
degli indizi di cui all’art. 192 co. 2° c.p.p., nonché la verifica sulla correttezza
logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute per
qualificare l’elemento indiziario come grave, preciso e concordante, senza che ciò
possa tradursi in un nuovo accertamento, ovvero nella ripetizione dell’esperienza
conoscitiva propria dei gradi precedenti (cfr., ad es., Cass. Sez. VI n. 20474 del
15.11.02, dep. 8.5.03).
A sua volta il controllo in sede di legittimità delle massime di esperienza non
può spingersi fino a sindacarne la scelta, che è compito del giudice di merito,
dovendosi limitare questa S.C. a verificare che egli non abbia confuso con
massime di esperienza quelle che sono, invece, delle mere congetture.
Le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto
generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a
decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui
osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere; tali massime sono
adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei

A ciò il ricorso oppone una generale diversa ricostruzione di tutta la vicenda,

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sillogismi giudiziari di cui alle regole di valutazione della prova sancite dal co. 20
dell’art. 192 c.p.p.
Costituisce, invece, una mera congettura, in quanto tale inidonea ai fini del
sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit,
insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti
priva, però, di qualunque pur minima plausibilità (cfr. Cass. Sez. VI, n. 15897 del
15 aprile 2009; Cass. Sez. VI n. 16532 del 13.2.07, dep. 24.4.07, rv. 237145).

massime di esperienza né violazioni di regole inferenziali, ma si limita a segnalare
soltanto possibili difformi valutazioni degli elementi raccolti, il che costituisce
compito precipuo del giudice del merito, non di quello di legittimità, che non può
prendere in considerazione quale ipotetica illogicità argomentativa la mera
possibilità d’una ricostruzione alternativa rispetto a quella ritenuta in sentenza
(anche a riguardo la giurisprudenza di questa S.C. è antica e consolidata: cfr.
Cass. Sez. In. 12496 del 21.9.99, dep. 4.11.99; Cass. Sez. In. 1685 del 19.3.98,
dep. 4.5.98; Cass. Sez. I n. 7252 del 17.3.99, dep. 8.6.99; Cass. Sez. I n. 13528
dell’11.11.98, dep. 22.12.98; Cass. Sez. In. 5285 del 23.3.98, dep. 6.5.98; Cass.
S.U. n. 6402 del 30.4.97, dep. 2.7.97; Cass. S.U. n. 16 del 19.6.96, dep. 22.10.96;
Cass. Sez. In. 1213 del 17.1.84, dep. 11.2.84 e numerosissime altre).
Né gioverebbe alla Lo Verde inquadrare le censure svolte in ricorso come
travisamento dei fatti o delle prove. È noto che è denunciabile per cassazione
soltanto un eventuale travisamento della prova e non già un travisamento del
fatto: questo attiene alla generale ricostruzione della vicenda alla luce delle
acquisizioni processuali e non può dedursi come vizio, neppure alla luce del
nuovo testo dell’art. 606 co. 1° lett. e) c.p.p. (come modificato dalla legge n.
46/2000).
È invece astrattamente consentito denunciare il travisamento della prova, che fa
sì che la Corte Suprema, lungi dal procedere ad un’inammissibile rivalutazione
del materiale acquisito, si limiti a prendere in esame gli elementi di prova
risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato veicolato o
meno, senza distorsioni, all’interno della decisione.
In proposito la giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. III n. 39729 del 18.6.2009, dep.
12.10.2009, rv. 244623; Cass. n. 15556 del 12.2.2008, dep. 15.4.2008; Cass. n.
39048/2007, dep. 23.10.2007; Cass. n. 35683 del 10.7.2007, dep. 28.9.2007; Cass.

Ciò detto, si noti che il ricorso in esame non evidenzia l’uso di inesistenti

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n. 23419 del 23.5.2007, dep. 14.6.2007; Cass. n. 13648 del 3.4.06, dep.
14.4.2006, ed altre) può considerarsi ormai consolidata.
Tuttavia, anche il travisamento della prova è un vizio che richiede di essere
dedotto in modo specifico e con trascrizione, in ricorso, della prova medesima o
allegazione in copia del singolo documento in cui essa sia consacrata (il che non è
avvenuto nel caso di specie), con precisa segnalazione dell’esatto passaggio in cui
si annida il vizio: diversamente, il ricorso non è autosufficiente (cfr., da ultimo,

Da ultimo, per quel che concerne il prelievo di 30.000 euro in contanti poi
comunque rinvenuti nell’abitazione della persona offesa, è appena il caso di
rilevare che si tratta di circostanza di fatto irrilevante in questa sede, dal momento
che per tale ulteriore addebito la Corte d’appello non ha confermato la condanna
emessa in prime cure.

2- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della
Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in euro
1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagame to delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammend
Così deciso in Roma, in data 27.3.14.

Cass. Sez. F n. 32362 del 19.8.10, dep. 26.8.10).

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