Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19629 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19629 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Piromalli Luigi, nato a Polistena il 27.12.1989
avverso la sentenza 11268/12 della Corte d’appello di Reggio Calabria del 31.10.2012 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Fulvio Baldi
, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi ;
RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Reggio Calabria, in

Data Udienza: 13/02/2014

riforma della sentenza emessa in data 28.11.2011 dal GUP presso il Tribunale di
Palmi appellata da PIROMALLI Luigi e TIMPANI Luigi , assolveva entrambi gli
imputati dai delitti di cui al capo B perché il fatto non sussiste e TIMPANI anche dal
reato di cui al capo C (come qualificato dal primo giudice) per non aver commesso il
fatto e, riconosciute le attenuanti generiche reputate equivalenti alle aggravanti di
cui ai capi A e C, rideterminava la pena in anni 3 mesi 6 di reclusione ed euro

1.000,00 di multa per PIROMALLI in relazione ai capi A e C ed in anni 3 mesi 4 di
reclusione ed euro 800,00 di multa per TIMPANI. RideterminakAa pena inflitta al
‘Piromalli per il capo D in anni uno mesi sei giorni venti di reclusione ed euro
600,00 di multa e confermava nel resto, in ordine ai reati di seguito riportati:
ENTRAMBI:

A) reato previsto e punito dagli art. 110, 628 comma 3 n. 1 c.p. perché, in concorso tra loro e con
quantomeno un terzo soggetto allo stato non identificato (che aveva la funzione di autista/palo),
per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante minaccia, (consistita nel puntare,
materialmente il Timpani, contro la cassiera Nardi Pasqualina una pistola), si impossessavano di
circa 1.700,00 euro in contanti, sottraendoli alla stessa Nardi che li deteneva nella cassa
automatica del supermercato “DI MEGLIO’, gruppo “GDL”sito alla via Gramsci n. 634 nel comune
di Melicucco. In particolare dopo essere giunti a bordo della Fiat Panda di colore blu targata
DC 622 FG e rubata a Nasso Vincenzo, entravano nel supermercato (il Timpani con il volto coperto
da un passamontagna ed in mano l’arma ed il Piromalli con un cappello “tipo baseball” sul capo e
degli occhiali da sole indosso) e minacciavano (il Timpani) la cassiera Nardi (tenendola sotto il
tiro dell’arma) prelevando (il Timpani ed il Piromani) i contanti presenti nella cassa e dandosi
quindi a precipitosa fuga a bordo della stessa Fiat Panda ove li attendeva il complice.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto con armi (segnatamente una pistola) travisati
(mediante un passamontagna sul viso) con più persone riunite (precisamente quantomeno tre).
Fatto commesso il 09.07.2010 in Melicucco
B) del reato previsto e punito dagli art. 110, 81 comma 1 c.p., art, 2, 4 e 7 della legge 2 ottobre 1967 n.
895 (come modificati dagli art. 10, 12, 14 della legge 14 ottobre 1974 n. 497) 61 n. 2 c.p. per avere,
in concorso fra loro e con quantomeno un terzo soggetto allo stato non identificato, con più azioni
ed omissioni, illegalmente detenuto e portato in luogo pubblico o aperto al pubblico un’arma comune
da sparo, segnatamente quella impugnata da Timpani Luigi nel corso della rapina
commessa ai danni del supermercato “DI MEGLIO”, gruppo “GDL”sito alla via Gramsci n.
634 nel comune di Melicucco.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di eseguire il reato di rapina di cui al capo A)
Fatto commesso fino al e comunque il 09.07.2010 in Melicucco (il porto)
B) reato previsto e punito dagli art. 110, 648, 61 n. 2 c.p. perché, fuori dai casi di concorso
nel reato, in concorso tra loro e con quantomeno un terzo soggetto allo stato non identificato,
al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquistavano o comunque ricevevano un
bene di provenienza delittuosain particolare acquistavano o comunque ricevevano, da soggetto
allo stato ignoto, la Fiat Panda di colore blu targata DC 622 FG, bene della cui provenienza
delittuosa (furto ai danni di Nasso Vincenzo nato a Polistena il 12.8.1940 residente in via Giudice G.
Alessandrini, 4 — che lo aveva denunciato in data 9.7.2010 presso la Stazione Carabinieri di
Polistena) erano pienamente consapevoli (come dimostra anche l’abbandono del veicolo
successivamente alla effettuata rapina).
Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di eseguire il reato di rapina di cui al capo A)
Fatto accertato il 09.07.2010 e commesso in periodo successivo alla data del fatto denunciato di
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cui in impugnazione; luogo di commissione determinato ex art. 9 comma 2 c.p.p. in Rosarno.

2.1 Avverso tale sentenza propongono due distinti ricorsi gli avvocati Maria Teresa
Caccamo e Vincenzo Borgese, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo ;
Avv. Maria Teresa Caccamo
a) La violazione dell’art.606 comma 1 lett.d) ed e) in relazione agli artt. 628,133,63 e

69 cod.pen. ed in relazione all’art.125 e 546 cod.proc.pen.,597 comma 3 cod.proc.pen.
Lamenta il ricorrente che i giudici hanno effettuato il giudizio di equivalenza delle
attenuanti in modo non corretto perché ,per rispettare il divieto di reformatio in pejus
tutti i singoli segmenti di cui si compone ora la pena rivisitata dalla Corte d’appello,
non dovevano eccedere i limiti fissati dal primo giudice, ed invece il giudice dell’appello
sicuramente è partito da una pena base superiore ‘pari ad anni sette e mesi sei. La
motivazione della sentenza ,in punto di pena, è comunque carente perché i giudici non
hanno spiegato negli esatti termini il computo della pena.
Avv. Vincenzo Borgese:
La violazione dell’art.606 comma 1 lett.b) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt.628
ed 81 cod.pen. per la non riconosciuta continuazione tra i reati di rapina e riciclaggio e
perché la motivazione della sentenza è carente,illogica ed apparente. Lamenta il
ricorrente che non sia stato ravvisato il rapporto continuativo fra il delitto di rapina e
la ricettazione della moto, che sicuramente fu utilizzata dai rapinatori per allontanarsi
dal luogo della rapina; si duole inoltre che sia stata ritenuta l’ipotesi del riciclaggio
invece che più favorevole ipotesi di ricettazione, solo perché era stata mutata la targa
ed anche se erano rimasti intatti gli altri codici identificativi della moto.
CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
2.1 Non ha fondamento la doglianza relativa al computo della pena perché il giudice
dell’appello , a pag.12 del provvedimento impugnato,indica puntualmente il computo
della pena per i reati sub a) e c) ,partendo da una pena base di anni cinque di
reclusione ed euro 1200,00 di multa per il più grave reato di rapina , aumentata di
mesi tre di reclusione ed euro 300 di multa per il furto pluriaggravato
dell’autovettura in continuazione ,ridotta,infine, per il rito nella misura di anni tre e
mesi sei di reclusione ed euro 1000,00 di multa. Ed è indubbio che tale risultato è di
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gran lunga inferiore a quello ipotizzato, peraltro in termini ipotetici ed assertivi , dal
difensore ,con un ragionamento che si caratterizza per l’assoluta genericità.
2.2 Anche i motivi incentrati sul reato sub d) sono manifestamente infondati.
Correttamente,infatti, la Corte ha respinto l’ipotesi di configurare i fatti alla stregua
delle ricettazione, rifacendosi alla giurisprudenza di questa Corte che ha ,con
giurisprudenza datata e consolidata , ritenuto che la manomissione degli elementi
che ostacola l’accertamento della provenienza del bene ( n.30842 del 2013 rv 257059).
In particolare la Corte ha riconosciuto che il delitto di riciclaggio si configura sia con
la sostituzione della targa che con la manipolazione del numero del telaio di
un’autovettura proveniente da delitto ( rv 232770), perché entrambe le condotte
costituiscono operazioni tese ad ostacolare l’identificazione della provenienza
delittuosa dell’autovettura .
3.Alla stregua delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere dichiarati
inammissibile: ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili
di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore
della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima
equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inamrnissibil i ricorso; e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e i ella somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così decis in im. i 13 febbraio 2014

identificativi di un veicolo integrano il reato di riciclaggio perché si tratta di operazione

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