Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19622 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19622 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Livio Veronesi, quale difensore di Crisà
Francesco (n. 1’08/08/1969), avverso la sentenza della Corte d’appello di
Palermo, Il Sezione penale, in data 18/03/2013.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Fulvio Baldi,
che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
Udito l’Avvocato Aldo Pinto — difensore dell’imputato — che conclude
chiedendo l’accoglimento del ricorso.
OSSERVA:

G

Data Udienza: 13/02/2014

Con sentenza del 25/03/2011, il Tribunale di Palermo — Sezione
distaccata di Partinico – dichiarò Crisà Francesco responsabile dei reati di
truffa e falso in scrittura privata aggravata e — concesse le attenuanti
generiche equivalenti alla aggravante contestata – lo condannò alla pena di
mesi 7 di reclusione ed € 70,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte

primo grado.
Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo
l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 601 del c.p.p. in relazione
alla previsione normativa di cui al decreto legge n. 74 del 06.06.2012
(convertito in legge 01.08.2012 n. 122) che prevede la sospensione di tutti i
termini processuali in relazione al sisma che ha colpito il territorio delle
province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia e Rovigo. Il difensore
dell’imputato rileva: che il 26.09.2012 ha ricevuto la notifica per l’udienza del
22.11.2012 avanti alla Corte di appello di Palermo; che lo stesso difensore
ha inviato alla predetta Corte un’istanza — via fax che risulta essere
pervenuto alla Corte – con la quale si chiedeva il rinvio dell’udienza volendo il
difensore usufruire del periodo di sospensione da ogni attività previsto dalla
legge di cui sopra; che la Cancelleria della Corte di appello contattata
telefonicamente confermava che l’istanza era pervenuta; che all’udienza del
22.11.2012 si rinviava il processo de quo come tutti gli altri processi per
l’astensione dalle udienze penali indetta dall’Unione delle Camere penali; che
la nuova udienza si è tenuta il 18.03.2013 senza che fosse stato notificato al
difensore dell’imputato — presso il quale questi aveva eletto domicilio — la
data di questa nuova udienza. Pertanto il difensore del Crisà eccepisce
l’inesistenza della notifica del decreto di citazione che ha pregiudicato il diritto
di difesa. Rileva, infine, che la Corte di appello ha confermato la sentenza di
primo grado nonostante risultasse dagli atti che: l’imputato aveva cessato
ogni rapporto commerciale con lo Scalici, presso la cui concessionaria si era
recata la P.O. per stipulare l’assicurazione che poi si è rilevata falsa, dal
2006; che presso tale concessionaria non c’era sicuramente l’imputato che in
precedenza aveva rilasciato allo Scalici fogli in bianco – necessari per
l’ottenimento di polizze assicurative — da lui stesso firmati perché si fidava del

d’appello di Palermo, con sentenza del 18/03/2013, confermò la decisione di

predetto Scalici. Quindi anche in forza del principio che la colpevolezza di un
imputato deve essere accertata al di là ogni ragionevole dubbio il Crisà
doveva essere assolto quantomeno ex art. 530, Il comma, del cod. proc.
penale.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento

motivi della decisione

E’ infondata la doglianza relativa alla denunciata violazione di quanto
previsto dal decreto legge n. 74 del 06.06.2012 in ordine alla sospensione
dei termini processuali per le parti o i difensori residenti nei comuni colpiti dal
sisma del 20 e 29 maggio 2012 (Bologna, Modena, Ferrara, Mantova,
Reggio Emilia e Rovigo). Infatti, per quanto riguarda i processi penali il
suddetto decreto legge prevede che siano sospesi i termini previsti dal
codice di procedura penale a pena di inammissibilità o decadenza per lo
svolgimento di attività difensiva e per la proposizione di reclami o
impugnazioni. Nessuna di tali condizioni si è verificata nel caso di specie. In
ogni caso si deve rilevare che l’udienza fissata dalla Corte di appello di
Palermo per il 22.11.2012 – udienza della quale il difensore dell’imputato
aveva chiesto il rinvio volendosi avvalere della sospensione prevista dal
predetto decreto legge — è statsginviata — seppur per altre ragioni — al
18.03.2013. Né di tale rinvio doveva essere dato avviso al difensore del
ricorrente che aveva chiesto egli stesso il rinvio e si era premurato di
contattare la cancelleria per appurare che l’istanza di rinvio fosse pervenuta.
Infatti, l’orientamento maggioritario di questa Suprema Corte – confermato
anche dalle Sezioni Unite – è che il difensore che abbia ottenuto la
sospensione o il rinvio della udienza per legittimo impedimento a comparire
ha diritto all’avviso della nuova udienza solo quando non ne sia stabilita la
data già nella ordinanza di rinvio, posto che, nel caso contrario, l’avviso è
validamente recepito, nella forma orale, dal difensore previamente designato
in sostituzione, ai sensi dell’art. 97, comma quarto, cod. proc. pen. (nel caso
di specie L’Avvocato Luigi Tramontana; si veda verbale di udienza della
Corte di appello di Palermo del 22.11.2012) il quale esercita i diritti ed
assume i doveri del difensore sostituito e nessuna comunicazione è dovuta a

P

dell’impugnata sentenza.

quest’ultimo (in motivazione la S.C. ha anche evidenziato che l’imputato
dichiarato contumace non ha diritto ad ulteriori avvisi perché, essendo
validamente rappresentato dal difensore designato in sostituzione, deve
considerarsi presente; Sez. U, Sentenza n. 8285 del 28/02/2006 Ud. – dep.
09/03/2006 – Rv. 232906).
A tale decisione delle Sezioni Unite ne sono seguite tante altre nelle

legittimo impedimento a comparire ha diritto all’avviso della nuova udienza
solo quando non ne sia stabilita la data già nell’ordinanza che ha disposto il
differimento, in quanto, in tale caso, l’avviso è validamente recepito dal
difensore designato in sostituzione a norma dell’art. 97, comma quarto, cod.
proc. pen., a nulla rilevando che il giudice abbia comunque disposto la
comunicazione della data della nuova udienza (Sez. 5, Sentenza n. 36643
del 04/06/2008 Ud. – dep. 24/09/2008 – Rv. 241721; conforme: Sez. 5,
Sentenza n. 20863 del 24/02/2011 Ud. – dep. 25/05/2011 – Rv. 250451).
Il resto del ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1,
cod. proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass.
Sez. 4″ sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass.
Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez.
2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il resto del ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art.
591 lettera c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le
doglianze (sono le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del
necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui
valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione,
si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti la Corte di merito
ha — dopo un corretto richiamo per relationem alla sentenza di primo grado –

a

quali si afferma che il difensore che abbia ottenuto il rinvio dell’udienza per

con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le
ragioni per le quali ritiene la responsabilità del ricorrente per i reati di cui
sopra (le dichiarazioni della P.O. e gli altri elementi probatori acquisiti che, tra
l’altro, supportano le dichiarazioni della stessa P.O. quali, ad esempio, le
dichiarazioni degli agenti della Polizia di frontiera di Trapani e
l’amministratore della Megauto). Persona offesa che è teste e non chiamante
in correità; pertanto non sono certo necessari, per le sue dichiarazioni, i

riscontri esterni — che comunque nel caso di specie ci sono e sono stati
correttamente evidenziati – richiesti dall’articolo 192, III comma, c.p.p.; quindi
è necessario solo accertare — come è avvenuto nell’impugnata sentenza – la
credibilità della persona offesa (si veda, fra le tante, Sez. 4, Sentenza n.
30422 del 21/06/2005 Ud. – dep. 10/08/2005 – Rv. 232018). Principio questo
confermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n.
41461 del 19/07/2012 Ud. – dep. 24/10/2012 – Rv. 253214). Infine, si deve
rilevare che in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona
offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave
di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può
essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso
in manifeste contraddizioni (che, come detto, non si riscontrano nel caso di
specie; Sez. 3, Sentenza n. 8382 del 22/01/2008 Ud. – dep. 25/02/2008 – Rv.
239342).
Appare quindi evidente che tutte le critiche del ricorrente finiscono per
porsi come valutazioni di merito e, come tali, non esaminabili in questa sede.
Questa Corte ha, infatti, più volte affermato, anche a Sezioni Unite, che
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla corte di
Cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della
decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni di cui il Giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula,
infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al Giudice di merito, senza che possa integrare il vizio
5

di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali”. (Sez. U, Sentenza n.
2110 del 23/11/1995 Ud. – dep. 23/02/1996 – Rv. 203767; Sez. U, Sentenza
n. 16 del 19/06/1996 Cc. – dep. 22/10/1996 Rv. 205621; Sez. U, Sentenza n.
6402 del 30/04/1997 Ud. – dep. 02/07/1997 – Rv. 207945; Sez. 1, Sentenza
n. 2884 del 20/01/2000 Ud. – dep. 09/03/2000 – Rv. 215504; Sez. 1,
Sentenza n. 8738 del 23/01/2003 Ud. – dep. 21/02/2003 – Rv. 223572).

A ciò si aggiunga che l’imputato contrappone, come già rilevato, solo
generiche contestazioni in fatto, che non tengono conto delle argomentazioni
della Corte di appello. In particolare non evidenzia alcuna illogicità o
contraddizione nella motivazione della Corte territoriale allorchè conferma la
decisione del Tribunale. In proposito questa Corte Suprema ha più volte
affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di
ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 – rv 230634). Inoltre, si deve osservare che l’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, deve essere percepibile ictu oculi,
dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze (che tra l’altro nel caso
di specie non si ravvisano). Si deve, infine, osservare che il principio dell’oltre
il ragionevole dubbio, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46
del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione
sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per
valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del
medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla
difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto — come nel caso di
specie – di attenta disamina da parte del giudice dell’appello (Sez. 5,
Sentenza n. 10411 del 28/01/2013 Ud. – dep. 06/03/2013 – Rv. 254579).

6

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

processuali.

Così deliberato in camera di consiglio, il 13/02/2014.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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