Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19614 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19614 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze;
avverso l’ordinanza emessa il 16 ottobre 2013 dal tribunale del riesame di
Firenze nei confronti di Riccobono Corinne e Romano Carlo;
udita nella udienza in camera di consiglio dell’il marzo 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Firenze annullò il
decreto del Gip del tribunale di Firenze del 26.7.2013, emesso nei confronti di
Riccobono Corinne e di Romano Carlo in relazione ai reati di cui:
A) all’art.44 comma 1 lett.b) e 52,83,94,95 del D.P.R. 380/2001 per avere
realizzato un manufatto in legno su basamento in cemento di mt. 4,78X4,78 e
tettoia in legno adiacente avente profondità di mt. 1,02, fornito di impianto elettrico e acqua corrente con all’interno angolo cottura, frigorifero, cappa di aspirazione e altri arredi tipici di una civile abitazione nonché un manufatto prefabbricato in lamiera greca adibito a ricovero di materiale vario di mt.3,37×2,60
con altezza variabile da mt.1,90 a mt.2,10 , in un’area a destinazione agricola;
B) agli artt.110 c.p. 30 e 44 lett.c) del DPR 380/2001 per avere realizzato
sulla suddetta particella a destinazione agricola, una lottizzazione abusiva a
scopo edilizio in contrasto con gli strumenti urbanistici ed in assenza di qualsivoglia titolo abilitante.
Osservò il tribunale del riesame che mancava il fumus del reato di cui al
capo b), giacché non sussistono allo stato indizi sufficienti a ritenere il manufat-

Data Udienza: 11/03/2014

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to in legno, sottoposto a sequestro in riferimento a detta fattispecie, sintomatico
di una effettiva vocazione edificatoria dell’area acquistata dagli odierni acquirenti. E’ risultato infatti che tale struttura non aveva destinazione abitativa, trattandosi di un casottino di dimensioni ridotte, in particolare rispetto alla consistenza complessiva del terreno acquistato dal Romano e dalla Riccobono, non
dotato di camera da letto, contenente al proprio interno per lo più suppellettili
accatastate alla rinfusa, Né, a tal proposito, costituiva indizio conclusivo la presenza in detta struttura dell’allacciamento della corrente elettrica e dell’acqua,
elementi astrattamente necessari anche per l’esercizio di attività agricole. Del
resto, secondo la giurisprudenza, la suddivisione di un terreno agricolo in appezzamenti, pur corredata dalla realizzazione in ciascun lotto di modeste strutture di ricovero per attrezzi ed animali, non è di per sé indice, in assenza di ulteriori elementi, di volontà lottizzatoria dei proprietari dei singoli appezzamenti.
Difettava inoltre il periculum in mora in relazione al reato di cui al capo
A), poiché non essendo contestata l’ultimazione delle costruzioni e la cessazione di qualunque ulteriore attività edilizia sull’intera particella sottoposta a sequestro in riferimento a detta fattispecie, non risulta ipotizzabile nel caso di
specie il rischio di un ulteriore aggravio del carico urbanistico. Ciò a maggior
ragione considerando che dal 2009 al 2012 la consistenza delle strutture realizzate è rimasta nella sostanza inalterata, così da escludere ragionevolmente la
volontà degli dei ricorrenti di riprendere l’attività costruttiva nell’appezzamento
di loro proprietà.
Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze propone ricorso per cassazione deducendo che i vigili urbani avevano segnalato la nascita
in una zona agricola di un vero e proprio piccolo villaggio realizzata attraverso
un frazionamento di un originariamente unico appezzamento di terreno con
vendita a numerosi diversi soggetti ciascuno dei quali , secondo le proprie disponibilità e finalità, aveva provveduto a recintarlo, costruirvi dei piccoli cottage in legno o muratura, dotarli di utenze domestiche così realizzando una casetta di campagna con giardino da utilizzare come abitazione secondaria. Era stato
quindi richiesto e ottenuto sequestro preventivo in relazione ai reati di cui
all’art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, e di lottizzazione abusiva. Il
sequestro è stato annullato nei confronti della Riccobono e del Romano. Lamenta ora che l’ordinanza impugnata è affetta da violazione di legge e da mancanza di motivazione. Infatti, i rilievi fotografici allegati alla CNR descrittivi
del manufatto realizzato da Riccobono-Romano dimostrano che si tratta di una
vera e propria casetta, di notevoli dimensioni, suddivisa in vari vani su basamento in cemento armato con allaccio alla rete idrica ed elettrica, arredato con
chiara finalità di civile abitazione per cui è in re ipsa la destinazione contrastante con quanto ammissibile in quell’appezzamento di terreno. Ed essendo destinata a civile abitazione in zona agricola ove ciò non è urbanisticamente ammissibile, comporta di per sé un innegabile e inaccettabile incremento del carico
urbanistico.
Motivi della decisione
Il ricorso, innanzitutto, si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione del-

le risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità. In secondo luogo, com’è noto, in tema di misure cautelari
reali il ricorso per cassazione è ammesso solo per dedurre violazione di legge o
totale mancanza di motivazione, cui è equiparata solo la motivazione meramente apparente.
Nella specie non è ravvisabile, nella ordinanza impugnata, alcun errore di
diritto, che del resto nemmeno è stato dedotto.
Il tribunale del riesame, infatti, ha fatto corretta applicazione del principio
di diritto, già affermato da questa Corte, secondo cui «Non integra il reato di
lottizzazione abusiva il frazionamento di un terreno agricolo in più lotti espressamente destinati dal venditore alla coltivazione e di fatto adibiti dagli acquirenti a tale finalità, trattandosi di attività che non costituisce mutamento della
destinazione d’uso o trasformazione del territorio in senso urbanistico-edilizio
rilevante ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380» (Sez. III,
11.7.2012, n. 38505, Berloni, m. 253685, in un caso che, stando a quanto risulta
dalla ordinanza impugnata, appare analogo a quello in esame). In tale occasione, questa Corte ha rilevato «che la suddivisione di un terreno agricolo in più
parti espressamente destinate dal venditore e di fatto adibite dagli acquirenti
ad uso di coltivazione agricola, ossia senza mutamento di destinazione d’uso,
non costituisce di per sé una trasformazione urbanistico-edilizia del terreno
penalmente rilevante ai sensi dell’art. 30 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, sia
sotto il profilo della lottizzazione reale sia sotto quello della lottizzazione cartolare. E’ del resto pacifico che la norma penale sanziona solo le iniziative dirette a creare una edificazione con insediamenti, siano essi residenziali, commerciali, industriali o artigianali, che vengano a incidere, contrastandola, con
la pianificazione urbanistica del territorio»; che nella specie il giudice aveva
accertato che «la suddivisione in parti del terreno non era finalizzata ad uno
scopo edificatorio di qualsivoglia genere e non ha di fatto comportato alcuna
trasformazione urbanistica del terreno che ha continuato ad avere natura e destinazione agricola e ad essere utilizzato esclusivamente per finalità agricole»;
che «i ‘art. 30 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per l’ipotesi di c.d. lottizzazione
cartolare, richiede che gli elementi indiziari e sintomatici ivi indicati denuncino pur sempre “in modo inequivoco” la destinazione a scopo edificatorio»; che
ciascuno è «libero di coltivare un suo terreno in zona agricola e di destinarlo
ad orto, quale che sia la dimensione, ma se si tratta di un terreno che non è
compreso tra quelli riservati ad orti urbani, non potrà costruirvi dei manufatti
da utilizzare per ricovero di attrezzi o animali, essendogli solo consentito di
delimitare con una recinzione la proprietà»; che «l’eventuale violazione di
questo divieto, anche mediante la realizzazione di opere di piccole dimensioni,
potrà dare luogo ad una violazione edilizia e ad una opera abusiva, che potrà
(dovrà) essere perseguita ed eliminata con la demolizione disposta in sede penale o amministrativa».
Del tutto correttamente l’ordinanza impugnata, quindi, ha escluso la sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva, avendo escluso che l’area
fosse destinata «in modo inequivoco» ad uno scopo edificatorio, ed ha invece
ritenuto sussistente, in mancanza di titolo abilitativo, il reato di cui all’art. 44,

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lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, in ordine al quale, peraltro ha escluso il
periculum in mora.
Il ricorso del PM, in realtà, contesta l’apprezzamento di fatto posto alla base della soluzione adottata dalla ordinanza impugnata, sostenendo che invece si
trattava di manufatto destinato a finalità residenziale come abitazione secondaria, con conseguente modifica urbanistica e incremento del carico urbanistico.
Sennonché, il tribunale del riesame ha fornito adeguata motivazione del
suo convincimento in punto di fatto, osservando: – che non vi sono allo stato
indizi sufficienti a ritenere il manufatto in legno sintomatico di una effettiva
vocazione edificatoria dell’area acquistata dagli odierni indagati; – che difatti è
risultato che la struttura non aveva destinazione abitativa, trattandosi di un casottino di dimensioni ridotte, in particolare rispetto alla consistenza complessiva del terreno acquistato, non dotato di camera da letto, contenente al proprio
interno per lo più suppellettili accatastate alla rinfusa; – che non poteva costituite indizio contrario la presenza in detta struttura dell’allacciamento della corrente elettrica e dell’acqua, elementi astrattamente necessari anche per l’esercizio di
attività agricole.
Quanto alla mancata sussistenza di un attuale e concreto periculum in mora in relazione al reato di cui al capo a), il tribunale ha poi osservato: – che il
manufatto era ormai ultimato e mancava qualsiasi ulteriore attività edilizia
sull’intera particella 659, sottoposta a sequestro; – che non era ipotizzabile nel
caso di specie il rischio di un ulteriore aggravio del carico urbanistico, anche
tenuto conto che dal 2009-2010, periodo a cui gli indagati hanno realizzato i
manufatti, ed il 2012, anno in cui e avvenuto il sopralluogo della Polizia Municipale, la consistenza delle strutture realizzate è rimasta nella sostanza inalterata, così da escludere ragionevolmente la volontà dei medesimi di riprendere l’attività costruttiva nell’appezzamento di loro proprietà.
Il ricordo del PM va pertanto dichiarato inammissibile.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, 1’11
marzo 2014.

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