Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19611 del 23/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 19611 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

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sul ricorso proposto da:
FILIPPINI AGOSTINO N. IL 22/08/1986
avverso la sentenza n. 1493/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
09/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;

Data Udienza: 23/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9 maggio 2013 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della
sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Noia emessa in data 31 ottobre
2012 nei confronti di FILIPPINI Agostino, imputato del reato di cui all’art. 73 comma 1 bis
D.P.R. 309/90 – cessione illecita di gr. 341,581 mg. di sostanza stupefacente del tipo cocaina
con grado di purezza pari all’84,55% – recidiva reiterata specifica infraquinquennale – reato

ferma la già concessa attenuante di cui all’art. 73/5 D.P.R. 309/90 e la disapplicazione della
recidiva, riduceva la pena originariamente inflitta dal G.U.P. ad anni due di reclusione ed €
2.000,00 di multa, confermando nel resto.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato personalmente lamentando, con
unico motivo carenza e manifesta illogicità della motivazione in punto di conferma del giudizio
di colpevolezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La censura è in sé inammissibile perché manifestamente infondata oltre che generica,
anche perché nei motivi di appello nessuna censura era stata sollevata con riferimento alla
responsabilità essendosi l’appellante limitato a dedurre un difetto di motivazione in ordine al
trattamento sanzionatorio poi accolto dalla Corte di merito. Ad abundantiam rileva comunque il
Collegio che le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della
ricostruzione dei fatti e dell’attribuzione degli stessi alla persona dell’imputato non sono
proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta,
come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi
offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro
probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
2. La conclusione di tale ragionamento dovrebbe condurre alla inammissibilità tout court
del ricorso nella sua interezza. Senonchè va rilevato che, successivamente alla presentazione
del ricorso, la disciplina applicabile è mutata in senso favorevole alla posizione del ricorrente, il
quale non era certo nelle condizioni di formulare uno specifico motivo di impugnazione
afferente alla quantificazione della pena, in relazione allo stato della legislazione vigente al
momento della proposizione del ricorso.
3. Le modifiche normative intervenute nel breve volgere di alcuni mesi tra il dicembre
2013 (D. L. 14/13) e il maggio 2014 (L. 79/14), oltre alla pronuncia della Corte Costituzionale,
hanno però disarticolato il sistema sanzionatorio fino a quel momento vigente per effetto della
L. 49/06 (legge cd. “Fini-Giovanardi”) e tali innovazioni – per quanto interessa in questa sede
– refluiscono favorevolmente sulla posizione del ricorrente.

commesso il 5 giugno 2012, concedeva al detto imputato le circostanze attenuanti generiche e

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3.1 Va, ricordato, che, per effetto dell’intervento legislativo operato con la L. 10/14 di
conversione del D. Legge 146/13, è stato riformulato il comma 5 0 dell’art. 73, D.P.R. 309/90,
qualificandosi la relativa condotta come ipotesi autonoma di reato (v. sul punto Sez. 6^
8.1.2014, Cassanelli) e fissandosi una pena edittale che va – in relazione anche alla
menzionata sentenza della Corte Costituzionale n. 32/14, che ha dichiarato la non conformità a
Costituzione della L. 49/06 – da un minimo di un anno ad un massimo di anni cinque di
reclusione e da C 3.000,00 ad C 26.000,00 di multa senza distinzione tra droghe cd. “pesanti”

3.2 Va, poi, aggiunto che la mitigazione del trattamento sanzionatorio è stata
ulteriormente implementata per effetto della L. 79/14 di conversione del D.L. 36/14
(provvedimenti sopravvenuti nelle more del deposito della presente sentenza) mediante la
fissazione di un minimo di mesi sei di reclusione e di un massimo di anni quattro e quanto alla
pena pecuniaria, di un minimo di C 1.032,00 e di un massimo di C 10.329,00, senza distinzione
tra droghe leggere e droghe pesanti.
3.3 Va, infine, ricordato – anche se non direttamente rilevante in questa sede – che con
sentenza n.32 del 12 febbraio 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità degli
artt.4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito in legge 21 febbraio 2006,
n.49, che modificavano la disciplina dei commi 1 e 4 dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990,
n.309 e abbandonavano i diversi regimi sanzionatori fissati per le sostanze stupefacenti
elencate, da un lato, nelle tabelle I e III (le c.d. “droghe pesanti”) e quelle elencate nelle
tabelle II e IV (le c.d. “droghe leggere”). La nuova disciplina fissava dunque agli artt.1 e 1-bis
dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, un unico trattamento sanzionatorio per tutte le
sostanze stupefacenti e tale soluzione è stata censurata dalla Corte che ha ripristinato il testo
anteriore.
4. Con riguardo al caso di specie, la Corte distrettuale, nel modificare in punto di
trattamento punitivo la sentenza del G.U.P. concedendo una ulteriore riduzione di 1/3 per le
circostanze attenuanti generiche in aggiunta alla già riconosciuta ipotesi attenuata di cui al
comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R. 309/90, ha preso in considerazione quale pena base quella di
anni quattro e mesi sei di reclusione ed C 4.500,00 di multa (come calcolata a suo tempo dal
G.U.P), poi ridotta di 1/3 per le circostanze attenuanti generiche, fino alla diminuzione per il
rito prescelto nei limiti esposti in premessa.
4.1 Così facendo, però, la Corte territoriale (come del resto lo stesso G.U.P), si è attestata
– quanto al computo della pena base – su livelli edittali superiori rispetto al massimo edittale
consentito in riferimento alla fattispecie attenuata di cui al comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R.309/90
(massimo che prevede oggi, quale pena “unificata” in relazione alle varie tipologie di droga
quella di anni quattro di reclusione ed C 10.329,00 di multa), così realizzandosi una ipotesi di
cd. “illegalità” della pena.

2,

e droghe cd. “leggere”.

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4.2 Ciò precisato, si osserva che già all’indomani delle dette modifiche normative questa
Suprema Corte ha affermato il principio (che questo Collegio condivide), secondo il quale
l’illegalità sopravvenuta della pena è rilevabile di ufficio in sede di legittimità anche nel caso di
inammissibilità originaria del ricorso, laddove quella illegalità derivi da una modifica normativa
incidente sui minimi e massimi edittale che risulti più favorevole per l’imputato (in termini Sez.
4^ 13.3.2014 n. 27600, Buonocore).
4.3 Si impone, pertanto la necessità di annullare la decisione impugnata limitatamente alla

proceda a nuovo giudizio sul punto, alla luce del trattamento sanzionatorio previsto dalla più
favorevole disciplina oggi in vigore con riferimento al delitto di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90.
Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia ad
altra Sezione della Corte di Appello di Napoli. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 23 maggio 2014
Il Consi liere tensore

Il Presidente

determinazione della pena con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino perché

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