Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19610 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19610 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Capasso Vincenzo, nato a Maddaloni il 31.1.1985;
avverso l’ordinanza emessa il 27 giugno 2013 dal tribunale del riesame di
Santa Maria Capua Vetere;
udita nella udienza in camera di consiglio dell’Il marzo 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della
ordinanza impugnata;
udito il difensore avv. Vincenzo Di Vaio, in sostituzione dell’avv. Giovanni Cantelli;
Svolgimento del processo
Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Santa Maria Capua
Vetere confermò il decreto del Gip di Santa Maria Capua Vetere del 3.5.2013 di
sequestro preventivo di un immobile sito in Orta di Atella, ritenuto illegittimo
in quanto il permesso di costruire sarebbe stato illegittimo, con la conseguenza
che il complesso realizzato avrebbe dato luogo ad una lottizzazione abusiva
(art. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380) e che sarebbe stata realizzata la
fattispecie dell’abuso di ufficio (art. 323 cod. pen.).
Osservò, in sintesi, il tribunale del riesame: – che era sufficiente valutare
che sussista la astratta sussumibilità in una determinata fattispecie di reato del
fatto contestato come ipotesi di accusa; – che con delibera del 6/12/1999, il
Consiglio Comunale ha deliberato di adottare il piano di insediamento produttivo (PIP) – strumento di attuazione del PRG – definitivamente approvato con delibera del 4/2/2000; – che tuttavia che il PIP è rimasto inattuato, in quanto alla
sua adozione non è seguita tutta l’attività conseguenziale, in primis, l’espropria-

Data Udienza: 11/03/2014

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zione delle aree sulle quali consentire l’attività edificatoria; – che le delibere
comunali n. 61 del 29.11.2001 e n. 5 del 21.1.2005 che avevano previsto un
aumento dell’altezza, erano illegittime, perché andando a modificare le norme
di attuazione del PRG, sia con riguardo ai parametri urbanistici che alle prescrizioni relative all’attività edificatoria, hanno rappresentato una vera e propria variante (di tipo normativo), assoggettata, come tale, alle stesse procedure e controlli previsti per l’atto da modificare, ovverosia approvazione con decreto da
parte del Presidente della Giunta Provinciale su conforme deliberazione del
Consiglio Provinciale; – che la illegittimità di tali delibere implica che debbano
essere considerate tamquam non essent, con la conseguente illegittimità di
quanto realizzato sul loro presupposto; – che in tale contesto si inseriva il permesso di costruire n. 59/2005 rilasciato a Giuseppe Aprovitola, quale legale
rappresentante della società Immobiliare Aprovitola s.r.I., per la realizzazione di fatto avvenuta — di un parco residenziale ricadente in zona C/1 -C/2; – che la
illegittimità di tale permesso a costruire viene fatta discendere anzitutto dalla
considerazione che il suo rilascio è stato possibile proprio in forza delle richiamate delibere del Cons.Com . n. 61 del 29.11.2001 e n.5 del 21/1/05; – che infatti il vigente PRG prevede all’art. 28 delle NTA, ai fini del rilascio della concessione edilizia per la zona in esame, l’obbligo di preventivo strumento attuativo,
costituito dal P.I.P. di natura pubblicistica ovvero dal piano di lottizzazione
convenzionata; – che inoltre gli interventi edificatori previsti nelle dette delibere
erano subordinati all’assunzione dell’impegno da parte dell’interessato di procedere alle opere di urbanizzazione; – che l’illegittimità del permesso di costruire trovava riscontro nella ordinanza 71/09 con cui il comune, in sede di autotutela, ne dispose l’annullamento; – che ciò era sufficiente alla configurabilità del
delitto di abuso d’ufficio inerente al rilascio del permesso di costruire n. 41/05,
avuto riguardo alla particolare gravità ed evidenza della violazione di legge; che era configurabile anche il reato di lottizzazione abusiva materiale, in quanto
l’attività edificatoria consentita sulla base del titolo concessorio in esame ha determinato la realizzazione di un insediamento urbano differente per tipologia e
destinazione da quelle realizzabili nella zona interessata in forza delle previsioni contenute nel PRG; – che infatti l’attività edificatoria è stata realizzata in violazione degli artt. 23 e 24 delle NTA, secondo cui nelle zone Cl e C2 il rilascio
del permesso di costruire è subordinato alla adozione di una strumento attuativo
del PRG; i piani realizzati non sono conformi alle dette disposizioni, in quanto
sono stati realizzati due piani in più per ogni corpo di fabbrica rispetto a quanto
consentito dalle NTA; i piani terra sono stati trasformati da porticati e box auto
in attività commerciali e i sottotetti non abitabili in abitazioni; – che sussiste il
periculum in mora per il pericolo di aggravamento del carico urbanistico; – che
questo periculum in mora sussiste anche nei confronti del terzo in buona fede e
non indagato, quale appunto l’attuale ricorrente; – che invero oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene, a chiunque appartenente e, quindi,
anche a persona estranea al reato, a prescindere dalla buona fede; – che il vincolo in esame, diretto a rendere indisponibile la res, è imposto per più generali esigenze di giustizia, quali sono quelle relative alla tutela della collettività, che,
sebbene pregiudizievoli per il soggetto che ne è gravato, vanno necessariamente

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soddisfatte; – che quindi è irrilevante lo stato soggettivo dell’istante, quale terzo
acquirente; – che il sequestro è stato comunque disposto anche in vista di una
futura confisca; – che secondo la più recente giurisprudenza, nel giudizio cautelare concernente il sequestro di immobili lo terreni abusivamente lottizzati, la
dedotta buona fede del terzo acquirente può essere oggetto di valutazione a
condizione che risulti immediatamente evidente, ovvero percepibile “ictu oculi”; – che nella specie la buona fede del terzo acquirente non appare immediatamente evidente, tenuto conto delle macroscopiche illegittimità riscontrate; – che
la buona fede del terzo acquirente non può desumersi per il solo fatto che questi
si sia rivolto ad un notaio, quale pubblico ufficiale rogante; – che solo una indagine relativa al caso concreto potrebbe consentire di affermare la sussistenza
della buona fede del terzo acquirente in ragione delle attività espletate in occasione della stipula del rogito; – che è irrilevante la circostanza che l’acquisto sia
avvenuto previa concessione di un mutuo, perché l’attività istruttoria eventualmente effettuata dall’istituto di credito persegue finalità diverse; – che nella
specie emerge che la regolarità urbanistica dell’immobile è stata dichiarata dal
notaio sulla base delle mere dichiarazioni rese dall’alienante, senza alcuna indagine specifica, mentre nel contesto del contratto di mutuo fondiario non è in
alcun modo riferita l’attività istruttoria espletata dall’istituto di credito sulla regolarità urbanistica,
L’interessato Capasso Vincenzo, a mezzo dell’avv. Giovanni Cantelli,
propone ricorso per cassazione deducendo:
1) nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 321, commi 2 e 2, cod.
proc. pen. in relazione ai reati di cui agli artt. 323 cod. pen. e 44, lett. c), d.p.R.
6 giugno 2001, n. 380. Osserva che la condizione di estraneo al reato determina
già di per sé la inapplicabilità del sequestro (e quindi della confisca). Nel caso
di specie, al di là del fatto che il terzo acquirente non risulta indagato in relazione al reato di lottizzazione abusiva, è del tutto generica l’affermazione del
tribunale del riesame, secondo cui l’intervento del notaio non sarebbe sufficiente a supportare la convinzione della regolarità urbanistica dei beni e far ritenere
assolto il dovere di diligenza nel verificare la circostanza. Invero, la indagine
conoscitiva sul punto avrebbe dovuto riguardare non già il fatto storico ‘in generale’ quanto, piuttosto, l’atteggiamento assunto dal singolo acquirente rispetto
alla condotta, ritenuta costituente reato, attribuita al venditore. Il tribunale avrebbe dovuto spiegare in che modo il privato cittadino, come dedotto nella
memoria difensiva depositata (in relazione alla quale vi è una sostanziale mancanza di motivazione) avrebbe potuto avere cognizione della eventuale illegittimità di provvedimenti amministrativi che, sotto un profilo formale, erano assolutamente regolari ed avevano consentito la realizzazione di appartamenti
messi in vendita anche tramite agenzie immobiliari e la erogazione di mutui. Il
tribunale avrebbe, dovuto, inoltre, tenere conto del comportamento tenuto dal
ricorrente che ha acquistato l’immobile solo all’esito del controllo di legalità effettuato dal notaio, corrispondendo un prezzo congruo con strumenti di pagamento `tracciabili’ ed agendo in perfetta conformità a quanto prescritto dalla
legge. Non sono stati individuati gli eventuali strumenti che avrebbero dovuto
essere utilizzati dal terzo per essere definito “in buona fede”. Lamenta che il tri-

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bunale ha omesso di considerare che se, nel procedimento de quo, il Pubblico
Ministero, per formulare una mera ipotesi di reato, ha dovuto fare ricorso, per
molti mesi, a tutti i mezzi a propria disposizione (consulenze, indagini di PG),
non si vede quale strumento avrebbe consentito al privato cittadino di ‘dubitare’
della legittimità dei provvedimenti amministrativi e della intera operazione immobiliare. Era invece onere del tribunale spiegare, con motivazione logica, le
ragioni per le quali ha escluso che l’acquirente fosse estraneo al reato ipotizzato
senza limitarsi all’utilizzo di formule generiche e ad elaborazioni tecnicogiuridiche che non tutelano adeguatamente il cittadino che, per responsabilità
non sue, vede mortificati i propri rilevantissimi sacrifici economici pur avendo
agito in conformità a quanto prescritto dalla legge.
Lamenta inoltre che l’ordinanza impugnata non ha neppure valutato che
l’acquisto degli immobili de quibus ha interessato una molteplicità di soggetti.
Ebbene, a meno che non si voglia ipotizzare che ciascuno di essi avesse ab initio consapevolmente concorso nella realizzazione del presunto reato, è evidente
che il fatto che gli immobili venissero acquistati da più soggetti (peraltro da una
società immobiliare non certo sconosciuta nella realtà imprenditoriale locale) ha
ulteriormente indotto ciascun acquirente a non dubitare della legittimità degli
stessi.
2) violazione degli artt. 240 cod. proc. pen. e 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno
2001, n. 380. Osserva che l’ordinanza impugnata fonda le esigenze cautelari esclusivamente sulla necessità di assicurare la futura confisca. Ma il sequestro
preventivo finalizzato alla confisca è previsto esclusivamente per le ipotesi di
confisca obbligatoria ex art. 230 cod. pen. alle quale non può equipararsi la
confisca prevista dal d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, quale sanziona amministrativa conseguente all’ipotesi di lottizzazione abusiva. Sotto il profilo della violazione edilizia, il sequestro degli immobili sarebbe stato giustificato solo in ipotesi di un aggravio del carico urbanistico, di cui non vi è traccia in motivazione,
derivante dal loro uso. Sul punto la motivazione è altresì manifestamente illogica laddove ritiene la sussistenza del periculum in mora in relazione ad opere edilizie definitive e stabilmente già da anni abitate dai legittimi proprietari.
Motivi della decisione
Con il ricorso si censura esclusivamente la presenza del periculum in mora
e non anche la sussistenza del fumus dell’ipotizzato reato di lottizzazione abusiva.
Il ricorso è fondato, in quanto l’ordinanza impugnata si fonda su una motivazione meramente apparente, perché del tutto astratta, generica e sganciata
dalle concrete caratteristiche e peculiarità dello specifico caso in esame.
Il periculum in mora è stato individuato sotto due diversi profili: a) la necessità di evitare il protrarsi di effetti lesivi dell’equilibrio urbanistico ed ambientale; ed in particolare la necessità di evitare il protrarsi delle conseguenze
del reato, anche perché la possibilità di cedere a terzi i beni determinerebbe il
pericolo di ulteriori condotte lottizzatorie sul piano negoziale; b) la possibilità
della confisca del bene all’esito del giudizio di merito.
Sotto il primo profilo, l’ordinanza, al di là della frase di stile, non ha specificato in cosa consisterebbe, nel caso concreto, l’idoneità dell’appartamento se-

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questrato a costituire attuale e concreto pericolo di aggravamento o di protrazione del reato di lottizzazione abusiva, o di produrre «effetti lesivi
dell’equilibrio urbanistico ed ambientale». Nemmeno ha spiegato da quali elementi si desumerebbe il pericolo concreto che il ricorrente possa cedere a terzi
l’appartamento acquistato e, comunque, che tale eventuale ipotetica cessione
possa «determinare il pericolo di ulteriori condotte lottizzatorie sul piano negoziale», e senza valutare come possa interferire su questa possibilità il fatto che
l’ipotizzato reato di lottizzazione abusiva (anche negoziale) si sia già consumato, relativamente all’immobile in questione. La giurisprudenza citata relativa alla possibilità di sequestro preventivo dell’immobile abusivo già ultimato per la
possibilità di aggravare il carico urbanistico si riferisce al reato di realizzazione
di un immobile senza permesso di costruire (art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno
2001, n. 380) che nella specie non è stato contestato, e non al reato di lottizzazione abusiva contestato. In ogni modo, l’ordinanza impugnata non ha spiegato
in concreto perché il sequestro preventivo dell’appartamento in questione eliminerebbe l’aggravarsi delle lesioni dell’equilibrio urbanistico e del territorio, e
non ha tenuto conto della giurisprudenza secondo cui «La realizzazione di un
immobile ad uso residenziale in contrasto con la destinazione alberghiera prevista dallo strumento urbanistico non determina un aggravamento del carico
urbanistico sulle infrastrutture preesistenti idoneo a legittimare l’adozione di
un provvedimento di sequestro preventivo, salvo che si tratti di unità immobiliari ancora in vendita, sussistendo in tale ultimo caso il pericolo che il reato
venga portato ad ulteriori conseguenze. (Nella specie gli immobili, assentiti per
uso residenziale turistico – alberghiero, erano stati venduti come seconde case)» (Sez. III, 29.9.2009, n. 42178, Spini, m. 245171). Nella specie, appunto, il
tribunale del riesame avrebbe dovuto motivare sul pericolo, attuale e concreto,
di aggravamento del reato di lottizzazione abusiva e non di un reato (non contestato) di abuso edilizio.
Sotto il secondo profilo, l’ordinanza impugnata si limita ad osservare che
l’intervento di un notaio non è sufficiente «a supportare la convinzione della
regolarità urbanistica dei beni e a far ritenere assolto il dovere di diligenza»,
perché le parti potrebbero rendere dichiarazioni non veritiere, o produrre documenti parziali, o il notaio potrebbe concorrere nella lottizzazione abusiva. Si
tratta di affermazioni ricavate da una decisione di questa Corte che vanno condivise e ribadite, ma che costituiscono, appunto, affermazioni astratte e di ordine generale che devono poi essere valutate ed applicate, dal giudice del merito,
con riferimento allo specifico caso concreto. Questa valutazione, con riferimento al caso concreto, nella specie è mancata non essendo specificate le ragioni
per le quali dovrebbe ipotizzarsi che in sede di stipula le parti (specialmente la
venditrice) abbiano, nella vicenda in esame, fatto dichiarazioni menzognere o
prodotto documentazione incompleta, o il notaio sia venuto meno ai suoi obblighi di verifica o addirittura abbia concorso nella lottizzazione abusiva. Del resto, non risulta che nei confronti dell’attuale ricorrente o del notaio sia stato
prospettato un concorso nel reato di lottizzazione abusiva o siano state prospettate altre ipotesi di reato (o di violazione dei doveri professionali).
In realtà l’ordinanza impugnata si limita ad osservazioni generiche ed a-

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-6 stratte, senza un approfondita valutazione del caso concreto, finendo così (come
altre coeve ordinanze dello stesso tribunale nell’ambito della stessa vicenda)
per seguire, di fatto, un principio secondo cui il terzo acquirente non potrebbe
mai e in nessun caso considerarsi terzo di buona fede, con sostanziale elusione
dei principi e delle norme della CEDU, secondo l’interpretazione datane dalla
Corte di Strasburgo (norme che nel nostro ordinamento devono considerarsi di
rango superiore a quelle ordinarie, rispetto alle quali costituiscono parametro di
legittimità, con conseguente obbligo del giudice di fornire di quest’ultime una
interpretazione adeguatrice), nonché dei principi più volte affermati da questa
Corte.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha invero affermato che: «In
tema di reati edilizi, la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere
abusivamente costruite, attesa la natura sanzionatoria, non può essere disposta
nei confronti di soggetti estranei alla commissione del reato che siano possessori di buona fede, non essendo ammissibili criteri di responsabilità oggettiva
neppure con riferimento alle sanzioni amministrative. (In motivazione la Corte,
nell’annullare con rinvio l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro preventivo di un manufatto abusivo, ha sottolineato la necessità di tener
conto in sede di rinvio anche della sentenza C.e.d.u. del 20 gennaio 2009 nel
caso Sud Fondi s.r.l. c/ Italia)» (Sez. III, 12.12.2008, n. 12118 del 2009, Scalici, m. 243395); «Il terzo acquirente di un immobile abusivamente lottizzato, pur
partecipando materialmente con il proprio atto di acquisto al reato di lottizzazione abusiva, può subirne la confisca solo nel caso in cui sia ravvisabile una
condotta quantomeno colposa in ordine al carattere abusivo della lottizzazione
negoziale e/o materiale» (Sez. III, 29.9.2009, n. 42178, Spini, m. 245170); «In
tema di reati edilizi ed urbanistici, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di un immobile abusivamente lottizzato può essere adottato anche nei confronti del terzo acquirente, qualora egli non abbia assunto, deliberatamente o
per trascuratezza, tutte le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo
abilitativo, nonché sulla compatibilità dell’immobile con gli strumenti urbanistici» (Sez. VI, 23.11.2010, n. 45492, Murolo, m. 249215); «In tema di lottizzazione abusiva, la confisca può essere applicata anche al di fuori dei casi di
condanna, a condizione che nella condotta del terzo acquirente, sul cui patrimonio la misura viene ad incidere, siano riscontrabili quantomeno profili di
colpa. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la buona fede dell’acquirente
desunta dall’avvenuta allegazione al rogito del certificato di destinazione urbanistica, oltre che per il fatto che lo stesso aveva riposto legittimo affidamento
sulla prassi comunale di rilasciare le concessioni pur in assenza del piano di
lottizzazione)» (Sez. III, 18.10.2012, n. 45833, Comune di Palermo, m.
253853); «In tema di reati edilizi, la confisca di un immobile abusivamente lottizzato può essere disposta anche nei confronti del terzo acquirente, qualora
nei suoi confronti siano riscontrabili quantomeno profili di colpa per non aver
assunto le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e
sulla compatibilità dell’intervento con gli strumenti urbanistici. (Fattispecie
nella quale la buona fede dell’acquirente è stata desunta dal prolungato comportamento omissivo della P.A., dall’esistenza di una prassi favorevole attesta-

ta dal notaio rogante e dall’assoluzione per carenza dell’elemento soggettivo
dei venditori degli immobili)» (Sez. III, 6.3.2013, n. 15987, Parisi, m. 255416).
Dinanzi al tribunale del riesame, il ricorrente aveva specificamente eccepito che la sua buona fede emergeva da una serie di elementi, quali: il fatto che
aveva acquistato la singola unità abitativa da una società conosciuta nella realtà
imprenditoriale locale; il fatto che la stipula di acquisto era avvenuta a mezzo di
un notaio, particolarmente qualificato nella valutazione della legalità
dell’acquisto; che la regolarità dell’immobile era emersa anche dagli accertamenti effettuati dall’istituto bancario per erogare il mutuo; il rilascio di permesso di costruire regolare almeno da un punto di vista formale e di una successiva
sanatoria; il prezzo assolutamente compatibile con i valori di mercato; il fatto
che l’acquisto degli immobili da parte di una società immobiliare aveva interessato una molteplicità di soggetti, la gran parte dei quali aveva fatto ricorso al
mutuo bancario, con i conseguenti accertamenti sulla regolarità dell’operazione.
Il tribunale del riesame ha totalmente omesso di esaminare questi specifici
rilievi dedotti dall’attuale ricorrente, e si è limitato a fare riferimento alla circostanza che nel contratto di mutuo fondiario non era riferita l’attività istruttoria
espletata dall’istituto di credito in relazione alla regolarità urbanistica
dell’immobile, senza spiegare la valenza indiziaria di questa circostanza, anche
in considerazione del fatto che gli appartamenti erano stati posti in vendita anche tramite agenzie immobiliari e che erano stati concessi dei mutui.
In ogni modo, tutta la motivazione — anche in riferimento alla macroscopicità della illegittimità del permesso di costruire – si svolge su un piano di astrattezza e genericità e sul fatto storico «in generale», senza alcuna indagine o valutazione circa l’atteggiamento concreto assunto dal singolo acquirente rispetto
alla condotta, ritenuta costituente reato, attribuita al venditore.
Non è stato poi specificamente risposto alla eccezione del ricorrente secondo cui, invece, nella specie la eventuale illegittimità dei titoli abilitativi e la
sussistenza del fumus di una lottizzazione abusiva erano di difficilissima conoscibilità, come sarebbe dimostrato dal fatto che l’ufficio del pubblico ministero,
per giungere alla formulazione di una mera ipotesi di reato, avrebbe dovuto fare
ricorso, per molti mesi, ad indagini di polizia giudiziaria ed a consulenze di
specialisti nel settore; e comunque che, a fronte di questa circostanza, il giudice
non ha indicato quali specifiche indagini, quali ulteriori informazioni e quali
concreti accertamenti avrebbe dovuto svolgere l’acquirente Capasso Vincenzo e
sulla base di quali elementi indiziari avrebbe dovuto ipotizzare che poteva trattarsi di una lottizzazione abusiva. Insomma non è stato indicato quale comportamento il ricorrente avrebbe dovuto tenere per andare esente da colpa e, comunque, da conseguenze penali.
A tutte le considerazioni dianzi svolte ed alla giurisprudenza di questa
Corte richiamata, occorre ora aggiungere che il giudice dovrà anche tenere conto della nel frattempo intervenuta sentenza della Corte Europea dei diritti
dell’uomo del 29.10.2013, Varvara c. Italia (Ricorso n. 17475/09), la quale ha
ribadito che la confisca per il reato di lottizzazione abusiva ha natura di sanzione penale e non può essere applicata senza una condanna.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata per mancanza di
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itity

-8 concreta ed adeguata motivazione sul periculum in mora, con rinvio al tribunale
di Santa Maria Capua Vetere per nuovo esame.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, l’ 1 1
marzo 2014.

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