Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19605 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19605 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PISCITELLI Tommasina, nata ad Aprilia (Lt) il 16 marzo 1959;
PISCITELLI Antonio, nato ad Aprilia il 27 giugno 1961;
PISCITELLI Giuseppina, nata ad Aprilia il 15 marzo 1974;

avverso la ordinanza del Tribunale di Latina del 28 febbraio 2013;

letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Francesco
SALZANO, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, per i ricorrenti, l’avv. Marco FERRI.

Data Udienza: 11/02/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Latina, investito in sede di riesame da Piscitelli Tommasina,
Piscitelli Giuseppina e Piscitelli Alfonso, ha confermato, con ordinanza del 28
febbraio 2013, il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per
equivalente, avente ad oggetto una serie di porzioni immobiliari riferibili ai
ricorrenti, sino alla concorrenza del valore di 1.187.258,00 euro, oggetto di

Riferiva il Tribunale che, a seguito di un verifica fiscale eseguita dalla GdF
nel 2012 a carico della Centro creazioni di confezioni Afa srl, era risultato che il
legale rappresentante della detta società, tale Cicchetti Maurizio, non era in
grado di esibire alcuna documentazione contabile relativa alla vendita,
avvenuta nel giugno 2007 da parte della detta Società, di un compendio
immobiliare, costituito da un capannone industriale e due appartamenti, ceduto
al prezzo di euro 2.500.000,00.
Proseguiva il Tribunale del riesame aggiungendo che il Cicchetti, il quale
aveva dichiarato di essere sostanzialmente un mero prestanome, era stato
nominato liquidatore della Centro creazioni di confezioni Afa srl dalla due socie
Tommasina e Giuseppina Piscitelli, in sostituzione di Antonio Piscitelli, in data
14 giugno 2077; nella medesima data le predette socie cedevano le loro quote
di partecipazione alla predetta società (pari al 100% del capitale) al Cicchetti,
per un importo complessivo pari a euro 1.174.000,00, e, nel medesimo giorno,
il Cicchetti, nella appena assunta qualità di liquidatore della srl, procedeva alla
vendita del ricordato compendio immobiliare, ricavandone la somma di euro
2.500.000,00.
Il Tribunale del riesame, rilevata la singolarità della operazione (cessione
delle quote sociali per un dato prezzo e vendita, sostanzialmente contestuale,
da parte dell’acquirente delle quote sociali del complesso industriale in
proprietà della società ceduta per un prezzo più che doppio rispetto a quello
sborsato per l’acquisto della società stessa; indisponibilità da parte del Cicchetti
della somma necessaria per rilevare le quote sociali a lui trasferite), ritiene, a
questo punto, conformandosi a quanto espresso dal Gip nel provvedimento
impugnato, che la complessa operazione sia stata realizzata al fine di costituire
l’apparenza di un amministratore di diritto cui far ricadere le conseguenze del
mancato adempimento degli oneri tributari connessi alla avvenuta dismissione
del patrimonio sociale.
Rileva, infatti, in particolare, la mancata presentazione della dichiarazione
IVA per l’anno 2008 con la conseguente omissione del versamento delle
imposte (IVA ed IRES) sulla plusvalenza di euro 2.252.397,00 euro derivante
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provvedimento cautelare emesso dal Gip di Latina in data 1 febbraio 2013.

dalla cessione del complesso industriale, ammontanti ad un importo pari a
euro, 1.187.258,00.
Ritenuta, pertanto, ancora in capo ai Piscitelli la amministrazione di fatto
della predetta Centro creazioni di confezioni Afa srl, il Tribunale, rilevato il
fumus del reato per cui si procede, cioè la violazione dell’art. 5 del dlgs n. 74
del 2000, nonché riscontrata l’esistenza del pericolo nel ritardo, consistente nel
caso nella stessa confiscabilità dei beni intestati ai Piscitelli, rigettava l’istanza

Proponevano ricorso per cassazione i Piscitelli, denunziando in sostanza il
percorso logico e giuridico che aveva condotto il Tribunale a ricondurre ai
medesimi la perdurante amministrazione della società in liquidazione.
In particolare i ricorrente osservano che l’intero ragionamento seguito dal
Tribunale si basava esclusivamente su giudizi di verosimiglianza e probabilistici,
inficiati dalla mancata considerazione della specificità delle operazioni
commerciali realizzate.
In punto di diritto il Tribunale, quanto al

fumus del reato, non ha

considerato che il reato contestato è un reato omissivo proprio che può essere
realizzato solo dal soggetto cui incombe l’obbligo di presentare la dichiarazione
IVA, cioè il Cicchetti, cessionario delle quote sociali delle Piscitelli, da queste
stesse trasferite al Cicchetti a fronte di un prezzo pagato tramite assegni
circolari regolarmente documentati.
D’altra parte, concludono i ricorrenti, a comprova della estraneità dei
Piscitelli alla amministrazione della srl sta il fatto che, successivamente alla
cessione delle quote al Cicchetti, non è stato possibili agli inquirenti riscontrare
un solo atto di gestione societaria riferibile ai ricorrenti.
Chiedevano, pertanto, la revoca del sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Deve, infatti, preliminarmente rilevarsi che, per giurisprudenza ormai
consolidata di questa Corte Suprema (dopo Corte di cassazione, Sezioni Unite
penali, 26 giugno 2008, n. 25932), il ricorso per cassazione contro le
ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso
solo per violazione di legge ed in tale nozione si devono comprendere sia gli
errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali
da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del
tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza

(ex plurimis:

Corte di cassazione Sezione III penale, 23

dicembre 2013, 51710).

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di riesame.

Nella specie, viceversa, i ricorrenti eccepiscono un vizio logico della
motivazione del provvedimento impugnato, vizio si concretizzerebbe nell’avere
il Tribunale decidente provveduto nel senso del rigetto del ricorso presentato
avverso il decreto del Gip sulla scorta di “giudizi ipotetici, verosimili ed
astrattamente possibili, cui si è fatto ricorso nel tentativo di rendere coesa,
forte e solida una rappresentazione che, al contrario, appare priva di
qualsivoglia autonomia giuridicamente rilevante”.

della motivazione della ordinanza impugnata.
Ciò, però, è, secondo la costante giurisprudenza della Corte, rende
inammissibile il presente ricorso per cassazione, atteso che in tema di riesame
delle misure cautelari, il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art.
325, comma 1, cod. proc. pen., può essere proposto solo per mancanza fisica della
motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico
della stessa (Corte di cassazione Sezione V penale, 1 ottobre 2010, n. 35532).
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e di una somma, che si stima equo determinare in euro 1000,00, in
favore della cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuale e della somma di euro 1000,00 in favore dalla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2014
Il Consigliere stensore

Il Presidente

E’, pertanto, evidente che i ricorrente abbiano denunziato la tenuta logica

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