Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19605 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 19605 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI DIO VINCENZO N. IL 31/03/1971
avverso la sentenza n. 1509/2013 GIP TRIBUNALE di
CALTAGIRONE, del 31/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;

Data Udienza: 09/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. del 31 ottobre 2013
il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Caltagirone applicava nei confronti di DI
DIO Vincenzo, imputato del delitto di cui all’art. 73 comma 1 bis D.P.R. 309/90 (illecita
coltivazione di n. 110 piante di marijuana – reato accertato il 22 giugno 2013) la pena finale,
così diminuita per il rito, di anni quattro di reclusione ed C 18.000,00 di multa.

lamentando con un primo motivo, difetto assoluto di motivazione in punto di mancato
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e con un secondo motivo erronea applicazione
della legge processuale penale (art. 360 cod. proc. pen.) e conseguente inutilizzabilità degli
accertamenti condotti sulla natura della sostanza in sequestro e sulla sua capacità drogante,
versandosi, oltretutto, in tema di accertamenti irripetibili per i quali non sarebbero state
osservate le formalità procedurali previste dall’art.360 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Entrambi i motivi di ricorso sono in sé inammissibili per evidente manifesta

infondatezza. Lo è il primo con riferimento all’asserito difetto di motivazione in punto di
responsabilità, perché secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (cfr. Sez.
Unite, 27.3.1992, Di Benedetto e Sez. Unite 21.9.1995, Serafino), in tema di patteggiamento
l’obbligo generale di motivazione va correlato con il particolare tipo di sentenza previsto
dall’art. 444 c.p.p. e, per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle
ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., una motivazione specifica è richiesta
unicamente nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino evidenti elementi
concreti sulla ravvisabilità delle ipotesi medesime mentre, in caso contrario, è sufficiente la
semplice enunciazione, anche implicita, che è stata effettuata con esito negativo la verifica
prescritta dalla legge. Lo è anche il secondo sostanzialmente per le medesime ragioni.
1.1 Senonchè va rilevato che, successivamente alla presentazione del ricorso, la disciplina
applicabile è mutata in senso favorevole alla posizione del ricorrente, il quale non era certo
nelle condizioni di formulare uno specifico motivo di impugnazione afferente alla
quantificazione della pena, in relazione allo stato della legislazione vigente al momento della
proposizione del ricorso.
2. Il sistema sanzionatorio previgente è stato oggetto – come è noto – di una serie
rilevante di modifiche in conseguenza, anzitutto, delle Leggi 10/14 (di conversione del D.
Legge 146/13) e 79/14 (di conversione del D.L. 36/14), in tema di lieve entità del fatto
(comma 5° del D.P.R. 309/90) non rilevanti in questa sede (perché per il ricorrente non è stata
riconosciuta dalla Corte territoriale la fattispecie attenuata) e, ancora, della sentenza n. 32 del
12 febbraio 2014 – qui rilevante – con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del proprio difensore

illegittimità degli artt.4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito in legge
21 febbraio 2006, n.49, che modificavano la disciplina dei commi 1 e 4 dell’art.73 del D.P.R. 9
ottobre 1990, n.309 e abbandonavano i diversi regimi sanzionatori fissati per le sostanze
stupefacenti elencate, da un lato, nelle tabelle I e III (le c.d. “droghe pesanti”) e quelle
elencate nelle tabelle II e IV (le c.d. “droghe leggere”). La nuova disciplina fissava dunque agli
artt.1 e 1-bis dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, un unico trattamento sanzionatorio
per tutte le sostanze stupefacenti e tale soluzione è stata censurata dalla Corte che ha

3. E’ evidente che con riguardo al caso di specie, il Giudice per l’Udienza Preliminare ha
preso in considerazione, la pena-base di anni sei di reclusione ed € 27.000,00 di multa,
procedendo poi alla diminuzione di 1/3 per il rito prescelto, fino alla pena finale come sopra
indicata.
3.1 Così facendo il Giudice si è attestato su un livello edittale minimo coincidente con
quello previsto in relazione alla normativa vigente al momento della decisione. In realtà per
effetto delle ricordate modifiche normative il minimo edittale è profondamente cambiato
attestandosi sul livello di anni due di reclusione ed € 5.164,00 di molto inferiore rispetto alla
pena minima individuata dal giudice di merito. Ne deriva che la pena come sopra inflitta deve
ritenersi illegale in quanto nettamente superiore, a ben vedere, per quanto riguarda la pena
detentiva, al minimo previsto per le cd. “droghe leggere” di cui alla tabella 4^ del D.P.R.
309/90 nella sua originaria versione.
3.2 Ciò precisato, si osserva che già all’indomani delle dette modifiche normative questa
Suprema Corte ha affermato il principio (che questo Collegio condivide), secondo il quale
l’illegalità sopravvenuta della pena è rilevabile di ufficio in sede di legittimità anche nel caso di
inammissibilità originaria del ricorso, laddove quella illegalità derivi da una modifica normativa
incidente sui minimi e massimi edittale che risulti più favorevole per l’imputato (in termini Sez.
4^ 13.3.2014 n. 27600, Buonocore).
3.3 Da qui consegue l’annullamento della sentenza senza rinvio e la contestuale
trasmissione degli atti al Tribunale di Caltagirone, non potendo più avere giuridica validità il
precedente accordo negoziale stipulato sul presupposto di una pena illegale.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di
Caltagirone.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

ripristinato il testo anteriore.

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