Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19604 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19604 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

ADU GYMAH Frank, nato a Ghana-Tarkwa (Gh) il 26 luglio 1966;

avverso la sentenza n. 157/2013 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Salerno del 26 febbraio 2013;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Stefano ERBANI, il quale ha concluso chiedendo la
dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
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Data Udienza: 11/02/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Gip di Salerno, a seguito della opposizione avverso il decreto penale da
lui emesso in danno di Adu Gymah Frank, pronunziava, in data 26 febbraio
2013, sentenza di applicazione della pena su concorde richiesta della parti in
relazione ai reati di cui agli artt. 256, comma 1, e 259 dlgs n. 152 del 2006
nonché al reato di cui all’art. 483 cod. pen., tutti affasciati sotto il vincolo
della continuazione, disponendo pertanto applicarsi al Adu Gymah, imputato

Ghana in assenza della prescritta autorizzazione ed avendo omesso di
dichiarare nelle bollette doganali di esportazione la nature delle merci
trasportate, la pena di giorni 24 di reclusione, convertita in euro 6000,00 di
multa ai sensi della legge 689 del 1981, col beneficio della sospensione
condizionale della pena.
Disponeva, altresì, la confisca e la distruzione di quanto in sequestro, cioè
i rifiuti speciali pericolosi di cui alla contestazione e l’autocarro IVECO 190
telaio n. ZCFA1VL3004135814 sul quale essi erano contenuti per la loro
spedizione.
Proponeva ricorso per cassazione l’Adu Gymah deducendo, sotto diversi
profili, la nullità della predetta sentenza per violazione del diritto di difesa.
In sintesi il ricorrente affermava che egli aveva subordinato, per mero
scrupolo, il patteggiamento alla restituzione del veicolo e, pertanto, ove non
fosse stato possibile disporre tale restituzione, peraltro già prevista dal
decreto penale da lui opposto, il Gip non avrebbe dovuto “convalidare” il
patteggiamento ma procedere nelle forme ordinarie.
Essendosi diversamente comportato il Gip, e questo è il secondo motivo di
doglianza, egli aveva applicato una pena diversa da quella concordata dalla
parti, circostanza integrante anch’essa un’ipotesi di nullità della sentenza.
Laddove si ritenesse che non vi era la possibilità di subordinare il
patteggiamento alla non applicazione delle sanzioni accessorie, il ricorrente
sollecita questa Corte a sollevare la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 444 cod. pen., nella parte in cui non prevede espressamente tale
facoltà
Il ricorrente impugna altresì la sentenza del Gip di Salerno per difetto di
motivazione nella parte in cui essa non chiarisce i motivi per cui è stata
disposta la confisca del veicolo, senza neppure chiarire il motivo per il quale vi
è stato aggravamento della sanzione rispetto a quanto stabilito nel decreto
penale opposto nonché nella parte in cui se ne dispone, dopo la confisca, la
distruzione, laddove l’art. 86 delle disp. att. cod. proc. pen. prevede che si

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per avere effettuato una spedizione di rifiuti pericolosi transfrontaliera verso il

debba procedere alla distruzione solo delle cose confiscate delle quali non è
opportuna la vendita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, essendo risultato infondato, non è, pertanto, meritevole di
accoglimento.
Osserva, al riguardo, il Collegio che l’Adu Gymah lamenta in sostanza che,
avendo egli proposto opposizione avverso decreto penale di condanna ed

richiesta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.,
subordinata alla restituzione del veicolo in sequestro, il giudice non avrebbe
dovuto procedere al patteggiamento laddove non avesse ritenuto possibile la
predetta restituzione.
La censura non è fondata.
Va, infatti, rilevato che, come ribadito anche recentissimamente da
questa Corte, la sentenza di patteggiamento è una sentenza vincolata
unicamente in relazione al trattamento sanzionatorio, nel senso che il capo
della condanna deve rispecchiare fedelmente l’accordo intervenuto tra le parti,
mentre rispetto ai capi relativi alle pene accessorie e alle misure di sicurezza
ove la pena irrogata superi i due anni, nonché alla confisca, sia essa
obbligatoria o facoltativa, la discrezionalità del giudice si riespande come in
una normale sentenza di condanna, sicché l’eventuale accordo su tali capi non
è vincolante per il giudice, che quindi può tenerne conto o no, avendo solo
l’obbligo di motivare la decisione adottata; e la sentenza in tal modo emessa,
in caso di impugnazione, non può essere completamente travolta sul
presupposto del mancato recepimento dell’intero accordo (Corte di
cassazione, Sezione II penale, 23 gennaio 2014, n. 3247).
Nel caso di specie l’obbligo della confisca deriva direttamente dall’art.
259 del dlgs n. 152 del 2006, il quale, al comma 2, prevede che, anche in
caso di sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il giudice debba
disporre la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per il traffico illecito di
rifiuti, come diligentemente riportato dal Gip nella sua sentenza, così
congruamente esaurendo l’obbligo di motivazione su punto.
Poco rileva che il patteggiamento con il quale si è definito nel merito il
presente giudizio fosse stato preceduto dalla emissione di un decreto penale,
opposto dall’attuale ricorrente, nel quale non vi era previsione di confisca del
mezzo.
Infatti tale mancata previsione, derivata direttamente dalla circostanza
che, in caso di emissione di decreto penale, la confisca obbligatoria può essere
disposta unicamente nei casi previsti dall’art. 240, comma secondo, cod. pen.
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avendo, nel corso del processo scaturito da tale opposizione, egli formulato

e non anche nelle ipotesi in cui la confisca è disposta in base norma contenuta
nella legislazione speciale (Corte di cassazione, Sezione III penale, 17
settembre 2009, n. 36063), non comporta il divieto di disporla nel successivo
giudizio di opposizione a decreto penale, atteso che in tale procedimento
l’interesse all’impugnazione si atteggia esclusivamente come interesse alla
instaurazione di un ordinario giudizio e non necessariamente alla emissione di
un provvedimento più favorevole, di tal che in esso non opera il cosiddetto

marzo 2003, n. 19312), ben potendo, pertanto, anche in sede di
patteggiamento essere applicata una sanzione più afflittiva di quella disposta
col decreto penale (Corte di cassazione, Sezione IV penale, 27 ottobre 2010,
n. 41628).
Manifestamente infondata è la prospettata questione di legittimità
costituzionale dell’art. 444, comma 3, cod. proc. pen. nella parte in cui non
consente di subordinare la richiesta di applicazione della pena all’ulteriore
beneficio del dissequestro del bene, posto che, trattandosi di sequestro cui
deve fare seguito obbligatoriamente – anche, come dianzi ricordato, in caso di
applicazione della pena su concorde richiesta delle parti – la confisca del bene,
il patteggiamento sarebbe subordinato ad una condizione impossibile e quindi
in ogni caso la definizione del giudizio sarebbe irraggiungibile mai potendo il
giudicante ratificare un accordo illegittimo.
Con riferimento, infine, alla censura avente ad oggetto la previsione di
distruzione del bene confiscato, rileva questa Corte che il motivo di ricorso è
inammissibile per difetto di legittimazione.
Invero, una volta intervenuta la confisca, la posizione dell’imputato
rispetto al destino del bene non è caratterizzata da quella specialità rispetto
alla posizione di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento che potrebbe
giustificare una sua specifica legittimazione alla impugnazione sul punto del
provvedimento.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle
spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

divieto di reformatio in pejus (Corte di cassazione, Sezione IV penale, 20

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