Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19603 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 19603 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GAROFALO GIANLUCA N. IL 25/09/1980
avverso la sentenza n. 2172/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
01/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;

Data Udienza: 09/05/2014

4

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’i ottobre 2013 la Corte di Appello di Torino in parziale riforma del
Tribunale di detta città emessa in data 30 gennaio 2013 nei confronti di GAROFALO Gianluca,
imputato (in concorso con GIONO BARBER Enrico separatamente giudicato) del reato di cui agli
artt. 110 cod. pen. e 73 commi 1 bis e 5° del D.P.R. 309/90 – illecita detenzione a fini di
spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina per complessivi gr. 33,9093 netti) e del reato

originariamente inflitta dal primo giudice ad anni due e mesi due di reclusione ed € 8.000,00 di
multa, confermando nel resto
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del proprio difensore di
fiducia lamentando con unico motivo carenza e manifesta illogicità della motivazione in punto
di quantificazione della pena-base per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90 nella ipotesi
attenuata (riconosciuta dalla corte territoriale), ritenendola eccessivamente severa oltre che
per eccessiva severità dell’aumento di pena per la continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

E’ manifestamente infondata la censura riguardante il vizio denunciato (carenza

assoluta di motivazione in ordine all’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio anche con
riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche per il reato
“satellite” di cui al capo B), in quanto la Corte di merito, nel ribadire la colpevolezza – qui non
contestata – del GAROFALO, ha anche esaustivamente argomentato in merito alla ragioni per
le quali la pena base per il reato di cui al capo A), pur in costanza della fattispecie attenuata di
cui al comma 5° dell’art. 73 D.P.R. 309/90, non poteva attestarsi sotto il limite dei cinque anni.
2. La conclusione di tale ragionamento dovrebbe condurre alla inammissibilità tout court
del ricorso nella sua interezza. Senonchè va rilevato che, successivamente alla presentazione
del ricorso, la disciplina applicabile – relativamente al reato su A) – è mutata in senso
favorevole alla posizione del ricorrente, il quale non era certo nelle condizioni di formulare uno
specifico motivo di impugnazione afferente alla quantificazione della pena, in relazione allo
stato della legislazione vigente al momento della proposizione del ricorso.
3. Le modifiche normative intervenute nel breve volgere di alcuni mesi tra il dicembre
2013 (D. L. 14/13) e il maggio 2014 (L. 79/14), oltre alla pronuncia della Corte Costituzionale,
hanno però disarticolato il sistema sanzionatorio fino a quel momento vigente per effetto della
L. 49/06 (legge cd. “Fini-Giovanardi”) e tali innovazioni – per quanto interessa in questa sede
– refluiscono favorevolmente sulla posizione del ricorrente.
3.1 Va, ricordato, che, per effetto dell’intervento legislativo operato con la L. 10/14 di
conversione del D. Legge 146/13, è stato riformulato il comma 5° dell’art. 73, D.P.R. 309/90,
qualificandosi la relativa condotta come ipotesi autonoma di reato (v. sul punto Sez. 6^

is,

di cui agli artt. 110, 477 e 482 cod. pen. (in concorso con ignoti) riduceva la pena

8.1.2014, Cassanelli) e fissandosi una pena edittale che va – in relazione anche alla
menzionata sentenza della Corte Costituzionale n. 32/14, che ha dichiarato la non conformità a
Costituzione della L. 49/06 – da un minimo di un anno ad un massimo di anni cinque di
reclusione e da C 3.000,00 ad C 26.000,00 di multa senza distinzione tra droghe cd. “pesanti”
e droghe cd. “leggere”.
3.2 Va, poi aggiunto che la mitigazione del trattamento sanzionatorio è stata
ulteriormente implementata per effetto della L. 79/14 di conversione del D.L. 36/14

fissazione di un minimo di mesi sei di reclusione e di un massimo di anni quattro e quanto alla
pena pecuniaria, di un minimo di C 1.032,00 e di un massimo di C 10.329,00, senza distinzione
tra droghe leggere e droghe pesanti.
3.3 Va, infine, ricordato – anche se non direttamente rilevante in questa sede – che con
sentenza n.32 del 12 febbraio 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità degli
artt.4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito in legge 21 febbraio 2006,
n.49, che modificavano la disciplina dei commi 1 e 4 dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990,
n.309 e abbandonavano i diversi regimi sanzionatori fissati per le sostanze stupefacenti
elencate, da un lato, nelle tabelle I e III (le c.d. “droghe pesanti”) e quelle elencate nelle
tabelle II e IV (le c.d. “droghe leggere”). La nuova disciplina fissava dunque agli artt.1 e 1-bis
dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, un unico trattamento sanzionatorio per tutte le
sostanze stupefacenti e tale soluzione è stata censurata dalla Corte che ha ripristinato il testo
anteriore.
4. Con riguardo al caso di specie, la Corte distrettuale, pur avendo confermato la
sussistenza della fattispecie attenuata di cui al comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R. 309/90, ribadito la
riduzione nella misura di 1/3 per le già concesse circostanze attenuanti generiche, e diminuito
solo la quota di aumento della pena pecuniaria, ha preso in considerazione quale pena base
per il reato di cui al capo A) (qualificato come il più grave), quella di anni quattro e mesi sei di
reclusione ed C 15.000,00 di multa, poi ridotta di 1/3 per le circostanze attenuanti generiche,
ed aumentata per la continuazione con gli altri reati contestati, fino alla diminuzione per il rito
prescelto nei limiti esposti in premessa.
4.1 Così facendo, però, il Giudice si è attestato – quanto al computo della pena base – su
livelli edittali superiori sia al minimo che al massimo edittale consentiti in riferimento alla
fattispecie attenuata di cui al comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R.309/90 (massimo che prevede oggi,
quale pena “unificata” in relazione alle varie tipologie di droga quella di anni quattro di
reclusione ed C 10.329,00 di multa), così realizzandosi una ipotesi di cd. “illegalità” della pena.
4.2 Ciò precisato, si osserva che già all’indomani delle dette modifiche normative questa
Suprema Corte ha affermato il principio (che questo Collegio condivide), secondo il quale
l’illegalità sopravvenuta della pena è rilevabile di ufficio in sede di legittimità anche nel caso di

2,

(provvedimenti sopravvenuti nelle more del deposito della presente sentenza) mediante la

inammissibilità originaria del ricorso, laddove quella illegalità derivi da una modifica normativa
incidente sui minimi e massimi edittale che risulti più favorevole per l’imputato (in termini Sez.
4^ 13.3.2014 n. 27600, Buonocore).
4.3 Si impone, pertanto la necessità di annullare la decisione impugnata limitatamente alla
determinazione della pena con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino perché
proceda a nuovo giudizio sul punto, alla luce del trattamento sanzionatorio previsto dalla più
favorevole disciplina oggi in vigore con riferimento al delitto di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90.

Annulla la sentenza impugnata in punto di determinazione della pena e rinvia ad altra
Sezione della Corte di Appello di Torino.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2014
Il Consi

ensore

Il Presidente

P.Q.M.

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