Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19599 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19599 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

Data Udienza: 06/02/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Vecchio Franco, nato il 26 maggio 1949
avverso l’ordinanza del Tribunale di Cosenza del 21 giugno 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Angelo
Di Popolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Marcello Bacci.

i

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 21 giugno 2013, il Tribunale di Cosenza ha rigettato la
richiesta di riesame proposta dall’interessato avverso il decreto di sequestro
preventivo per equivalente emesso dal Gip presso il Tribunale di Rossano il 19 aprile
2013, in relazione al reato di cui all’art.

10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, contestato

all’indagato, perché, quale legale rappresentante di una società, ometteva di versare,
nel termine stabilito per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta

2010, riferita all’anno 2009, pari a complessivi euro 904.417,00.
Il Tribunale ha, in particolare, rigettato le doglianze difensive sul rilievo che la
cessazione della carica di amministratore unico della società alla data del 27 luglio
2010 e, dunque, in un momento precedente al 27 dicembre 2010, termine di
scadenza per l’adempimento fiscale, non avrebbe rilievo, perché, ai fini
dell’ascrivibilità del reato, deve guardarsi alla condotta concretamente in posta in
essere dai soggetti coinvolti e non al semplice dato formale.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, deducendo di essere stato destinatario del provvedimento cautelare il 15
giugno 2010 e deducendo di essere cessato dalla carica di amministratore, a seguito
della nomina di nuovo amministratore, il 27 luglio 2010, con relativa iscrizione alla
Camera di Commercio, in data 9 settembre 2010.
Con un primo motivo di doglianza, si rileva l’erronea applicazione dell’art.

10-ter

del d.lgs. n. 74 del 2000, perché – secondo la prospettazione del ricorrente – questo
si applicherebbe solo al soggetto che era l’amministratore legale o di fatto della
società alla data di scadenza del termine per il pagamento (27 dicembre dell’anno
successivo a quello di imposta). Né alcun rilievo potrebbe essere attribuito all’omesso
accantonamento dei relativi importi, perché la cessazione dalla carica di
amministratore è avvenuta, nel caso di specie, per cause indipendenti dalla volontà
dell’indagato e senza alcuna continuità o sostanziale accordo sulla gestione con il
successore.
Con un secondo motivo di doglianza, si lamenta la contraddittorietà della
motivazione del provvedimento impugnato, perché il Tribunale avrebbe ritenuto, da
un lato, che l’omissione era stata posta in essere dall’indagato nella sua veste di
legale rappresentante della società e, dall’altro, che egli non era invece
l’amministratore della società al momento della scadenza del termine per il
versamento.

successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – I motivi di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente perché
attengono entrambi alla questione se un soggetto che non sia legale rappresentante o
rappresentante di fatto di una società al momento della scadenza del termine per il
versamento dell’Iva possa essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 10-ter
del d.lgs. n. 74 del 2000 – sono infondati.
Risulta pacifico in atti che l’indagato è stato amministratore della società fino al

legale rappresentante della società e che, dunque, alla data del perfezionamento del
reato (27 dicembre 2010), l’indagato stesso non ha più legale rappresentante della
società. Nondimeno il Tribunale – con valutazione adeguatamente motivata e, dunque,
insindacabile in questa sede – ha evidenziato che questo ha contribuito causalmente
alla commissione del reato, quantomeno a titolo di concorso, non avendo mai
provveduto al versamento periodico né all’accantonamento di alcuna delle somme
dovute all’erario.
Trova pertanto applicazione il principio, affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui le somme incassate titolo a di Iva sono destinate ad essere versate
all’erario e non sono nella libera disponibilità del contribuente, il quale dovrebbe,
invece, accantonarle, quando non provvede al versamento periodico. Da tale
incombenza non può ritenersi estraneo, in caso di successione tra amministratori di
una società, colui che la rappresentava nel periodo antecedente alla scadenza del
termine per il versamento, qualora la sua condotta abbia fornito un contributo causale
alla commissione del fatto, ad esempio creando materialmente i presupposti per il
successivo omesso versamento, attraverso il mancato accantonamento delle somme
necessarie (sez. 3, 15 marzo 2013, n. 12268).
Quanto, più in particolare, alla seconda delle doglianze del ricorrente, deve
rilevarsi che nessuna contraddizione intrinseca vi è nella motivazione dell’ordinanza
impugnata, perché in essa si esclude che l’imputato fosse legale rappresentante della
società al momento della scadenza del termine per il versamento dell’acconto relativo
al periodo di imposta successivo, ma si precisa che egli risponde del reato, in
conseguenza del contributo causale fornito, «quanto meno, a titolo di concorso».
4. – Il ricorso deve essere dunque rigettato , con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

27 luglio 2010, momento in cui si era proceduto alla nomina di nuovo amministratore

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2014.

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