Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19595 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19595 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Ruggiero Vincenzo, nato il 5 febbraio 1935
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria del 10 agosto 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito, per il ricorrente, l’avv. Carlo Morace.

Data Udienza: 04/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 10 agosto 2013, il Tribunale di Reggio Calabria, in
accoglimento dell’appello del pubblico ministero, ha annullato l’ordinanza del Gip del
Tribunale di Palmi del 14 febbraio 2013, con la quale era stata rigettata la richiesta di
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni immobili
rientranti nella disponibilità dell’indagato, in relazione al reato di cui agli artt. 81,
secondo comma, cod. pen. e 4 del d.lgs. n. 74 del 2002, contestatogli per avere, con

sui redditi, indicato nelle dichiarazioni riferite agli anni d’imposta dal 2007 al 2009,
elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo (analiticamente elencati
nel capo d’imputazione provvisoria), con un’imposta evasa superiore ad euro
103.291,38 per ogni annualità, in presenza di un ammontare degli elementi attivi
sottratti all’imposizione superiore al 10% dell’ammontare complessivo indicato in
dichiarazione.
Il Gip aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo ritenendo sussistente
il fumus del reato, ma considerando che l’art. 322 ter cod. pen. consente la confisca
per equivalente anche del profitto del reato solo a seguito della modifica normativa
introdotta dall’art. 1, comma 75, lettera o), della legge n. 190 del 2012, mentre in
precedenza era consentita la confisca solo in relazione al prezzo del reato. Il Tribunale
del riesame ha invece condiviso la diversa ricostruzione in diritto proposta dal pubblico
ministero, disponendo il sequestro degli immobili nella disponibilità dell’indagato e
richiamando, quanto al fumus commissi delicti, gli atti di indagine e, in particolare, le
note informative del 6 luglio 2012 e del 27 novembre 2012 della Guardia di Finanza e
«relativi allegati da intendersi qui integralmente richiamati».
2. – Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, rilevando, con unico motivo di doglianza, la violazione dell’art. 321 cod.
proc. pen., nonché degli artt. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000 e 32, comma 1, n. 2), del
d.P.R. n. 600 del 1973. Rileva la difesa che l’evasione contestata trova fondamento
nelle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, in forza della presunzione legale relativa
di cui all’articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e che l’ordinanza del Tribunale sarebbe
viziata proprio perché basata esclusivamente su tale presunzione legale, che opera in
campo tributario ma non in campo penale. Il fatto che proprio tale presunzione,
nascente dalle semplici movimentazioni finanziarie, sia stata posta a base del
sequestro risulta – secondo la difesa del ricorrente – dal passaggio motivazionale in
cui si dà conto dell’onere probatorio in termini di certezza gravante sulla difesa, che

più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di evadere le imposte

non avrebbe prodotto la documentazione in forza della quale ritenere che le
movimentazione di denaro, poste alla base della contestazione del reato, non possono
costituire elemento della fattispecie. Non si sarebbe, infine, considerato che, a
distanza di circa un anno dalla contestazione, la stessa Agenzia delle entrate non ha
dato corso all’accertamento, ma ha invitato lo stesso contribuente a fornire
giustificazioni, proprio in considerazione della gran mole delle movimentazioni già
giustificate con la documentazione prodotta.

3. – Il ricorso è fondato.
La difesa richiama un passaggio motivazionale dell’ordinanza, dal quale, in
mancanza di elementi in senso contrario desumibili dal complesso dell’ordinanza
stessa, sembra desumersi che il Tribunale abbia ritenuto sussistente il fumus del reato
sulla base delle presunzioni legali previsti dalle norme tributarie.
Il Tribunale evidenzia, infatti, che la difesa avrebbe dovuto produrre la
documentazione sulla base della quale ritenere che le movimentazioni di denaro poste
alla base della contestazione del reato non possono costituire elemento della
fattispecie di reato contestato. Lo stesso Tribunale, quanto al fumus del reato, fornisce
una motivazione del tutto carente, perché si limita a ritenerne la sussistenza «sulla
base degli atti di indagine» e, in particolare, delle informative della Guardia di Finanza
del 6 luglio 2012 e del 27 novembre 2012 e dei relativi allegati, senza specificare,
neanche in sintesi, il contenuto di tali atti e, soprattutto, senza precisare il metodo
utilizzato dagli accertatori per ritenere sussistente il reato.
Deve ricordarsi, del resto, che – secondo la giurisprudenza di questa Corte – le
presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire di per sé fonte
di prova della commissione del reato nel giudizio di merito, perché assumono
esclusivamente il valore di dati di fatto che devono essere valutati liberamente dal
giudice penale unitamente ad elementi di riscontro, che diano certezza dell’esistenza
della condotta criminosa. Esse possono però, in fase cautelare, proprio in quanto dati
di fatto oggetto di valutazione da parte del giudice, essere poste a fondamento
dell’applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente

(ex

multis, sez. 3, 13 febbraio 2013, n. 7078), a condizione che il giudice della cautela
operi compiutamente e motivatamente una tale valutazione.
Come sopra anticipato, Tribunale non ha fatto corretta applicazione di tali
principi, sia perché non ha neanche per sommi capi richiamato le presunzioni legali
applicate nel caso di specie, sia perché non ha proceduto ad una loro compiuta
3
.

CONSIDERATO IN DIRITTO

valutazione né in quanto tali, né unitamente agli altri elementi – non specificati dallo
stesso Tribunale – che eventualmente emergano dal quadro probatorio.
4. – Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio
al Tribunale di Reggio Calabria, perché proceda a nuovo giudizio, fornendo
un’adeguata motivazione sulla sussistenza del fumus commissi delicti sulla base dei
principi sopra enunciati.
P.Q.M.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria.

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