Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19593 del 28/01/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19593 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
POTENZA
nei confronti di:
VITTUOZZO CARMELA N. IL 08/04/1974
inoltre:
VITTUOZZO CARMELA N. IL 08/04/1974
avverso l’ordinanza n. 15/2013 CORTE APPELLO di POTENZA, del
13/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
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1ette/s4cate le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 28/01/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 13 novembre 2013, la corte di appello di Potenza, in
funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva l’istanza presentata da Carmela
Vittuozzo, diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato
in executivis, in relazione a:

A) sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Nola il 12/6/2007, irrevocabile
il 6/11/2008, di condanna a anni due mesi sei di reclusione per i reati di
associazione per delinquere ed altro, commessi fino al 20 ottobre 2006;

irrevocabile 12/4/2011, di condanna a anni uno mesi otto di reclusione euro 500
di multa per i reati di ricettazione ed altro commessi fino al 16/9/1977;
C) sentenza emessa dal Tribunale monocratico di Napoli il 13/7/2012,
irrevocabile il 2/1/2013, di condanna alla pena di anni due di reclusione ed euro
700 di multa per il reato di ricettazione, commesso fino al 30/8/2006;
D) sentenza emessa dalla Corte di appello di Potenza il 20/1/2012,
irrevocabile il 19/3/2013, di condanna alla pena di anni tre mesi otto di
reclusione ed euro 800 di multa per i reati di ricettazione ed altro, commessi fino
al 25/1/2007.
2. Richiamati i principi enunciati in tema di continuazione dalla
giurisprudenza di legittimità, ravvisata tra tutti i fatti l’identità del disegno
criminoso, la citata corte riteneva violazione più grave quella giudicata con la
sentenza sub-D) con cui era stata inflitta la pena di anni tre e mesi otto di
reclusione ed euro 800 di multa e, sull’assunto dell’irrilevanza del trattamento
sanzionatorio originariamente previsto per i cosiddetti reati satellite, procedeva
ad una nuova determinazione degli aumenti per la continuazione aumentando la
pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 400 di multa “per ciascuno dei
quattro episodi (uno interno già riconosciuto nella sentenza del 20 gennaio 2012
e tre esterni)” in relazione alle sentenze residue. Determinava quindi la pena in
anni sei mesi sei di reclusione ed euro 1733,33 di multa.
4. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per Cassazione Carmela
Vittuozzo, a mezzo del difensore di fiducia, ed il Procuratore generale della
Repubblica di Potenza.
4.1. Con un primo motivo il condannato deduce violazione di legge per aver
il giudice dell’esecuzione violato il disposto dell’art. 671, comma 2, codice di rito
irrogando una pena maggiore della somma di quelle inflitte con ciascuna delle
sentenze di condanna esaminate, senza motivare in relazione agli aumenti
applicati a titolo di continuazione. Inoltre, aveva trascurato che:

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B) sentenza emessa dal Tribunale monocratico di Napoli il 13/12/2010,

- la sentenza emessa il 13/7/2012 dal Tribunale di Napoli aveva riconosciuto
il vincolo con quella dello stesso Tribunale del 13/12/2010 ed unificato le
condanne;
– la sentenza della Corte di appello di Potenza del 20/1/2012 aveva
assorbito quella del GUP del Tribunale di Nola (la continuazione era stata
riconosciuta dal nella sentenza del GUP di Melfi)
e, anziché come richiesto di procedere alla unificazione dei due gruppi di
sentenze, aveva effettuato un autonomo ricalcolo delle pene inflitte in

determinata dal giudice della cognizione.
4.2. Anche il procuratore generale della Repubblica di Potenza deduce la
violazione dell’art. 671, comma 2, codice di rito negli stessi termini del difensore
della condannata.
5. Il Procuratore Generale presso questa Corte, ritenuta la fondatezza dei
ricorsi, ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati e l’ordinanza impugnata, ponendosi in palese
contrasto con quanto previsto dall’art. 671, comma 2, codice di rito, va
annullata. Funzione della continuazione è quella di mitigare la pena inflitta con
separate sentenze essendosi ritenuta meritevole di più benevolo trattamento
sanzionatorio la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere
gli illeciti in forza di un singolo impulso, anziché di spinte criminose indipendenti
e reiterate. Coerentemente la norma che ha riconosciuto l’applicabilità della
continuazione anche in sede esecutiva, laddove la stessa non sia stata esclusa
dal giudice della cognizione, pone come limite che la pena che consegue
dall’applicazione della continuazione in executivis non sia “superiore alla somma
di quelle inflitte con ciascuna sentenza”. Va sul punto richiamato il principio già
espresso da questo Collegio secondo cui “il limite rappresentato dalla pena
complessiva inflitta in sede di cognizione da ciascuna singola sentenza per tutti i
fatti dalla stessa giudicati, destinati ad assumere il ruolo di reati satellite nella
nuova rideterminazione del trattamento sanzionatorio globale, operata in sede
esecutiva ex art. 81 capoverso cod. pen. con riguardo alle violazioni giudicate
con più sentenze irrevocabili di condanna, non possa essere in ogni caso
superato dal giudice dell’esecuzione investito della richiesta formulata
dall’interessato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., per la decisiva ragione che
la natura di istituto favorevole al reo della disciplina della continuazione può
giustificare il superamento in executivis del giudicato sulla misura della pena
irrogata da ogni singola sentenza, soltanto a vantaggio, e non in pregiudizio, del
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continuazione, procedendo ad un aumento a tale titolo anche della pena

condannato, al quale è in definitiva demandata l’individuazione dei titoli di
condanna relativi ai reati che egli ha interesse a includere nella richiesta di
riconoscimento della continuazione, sulla base di una valutazione fondata sulla
legittima aspettativa dell’intangibilità – in peius – del giudicato formatosi sul
trattamento sanzionatorio inflitto in forza delle sentenze di condanna in concreto
sottoposte al vaglio del giudice dell’esecuzione” (Sez. 1, Sentenza n. 44240 del
2014).
3. L’applicazione di questi incontroversi principi al caso di specie dimostra

aumenti in continuazione relativamente a sentenze per cui la continuazione era
stata già riconosciuta e valutata dal giudice della cognizione nella determinazione
della pena finale, e così giungendo ad un risultato pregiudizievole per il
condannato in violazione della regola di cui all’art. 671, comma 2, cod. proc.
pen. perché, a fronte di una pena complessiva, derivante dalla sommatoria
materiale delle pene irrogate con ciascuna sentenza, pari ad anni cinque e mesi
otto di reclusione ed euro 1500 di multa, ha irrogato una pena superiore a detta
sommatoria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente alla determinazione della pena
e rinvia per nuovo esame sul punto alla corte di appello di Potenza.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2015
Il Consigliere estensore

l’errore in cui è incorsa la Corte di appello di Potenza, avendo applicato autonomi

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