Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19590 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19590 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Garrone Gian Luigi, nato l’8 febbraio 1974
avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino del 13 maggio 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Angelo
Di Popolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 06/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 13 maggio 2013, la Corte d’appello di Torino ha
confermato la sentenza del Tribunale di Asti del 26 giugno 2012 con la quale
l’imputato era stato condannato, ritenuta la recidiva semplice, per il reato di cui agli
artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 2 del decreto-legge n. 463 del 1983, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 638 del 1983, riferito all’omesso versamento delle
ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori suoi dipendenti nei

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, con il quale, con unico motivo di doglianza, lamenta che la Corte d’appello
avrebbe errato nel ritenere non devoluta alla sua attenzione la questione del rapporto
di continuazione tra reati oggetto del presente procedimento e quelli oggetto di
condanna con una sentenza del tribunale di Asti dell’8 novembre 2011.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile per genericità.
In esso non si precisa, infatti, quali sarebbero, al di là della mera identità dei
titoli di reato, le ragioni della pretesa continuazione fra i reati oggetto del presente
procedimento e quelli oggetto di precedente la sentenza di condanna; né tale ultima
sentenza è prodotta con il ricorso stesso o altrimenti presente nel fascicolo a
disposizione di questa Corte. Tali assorbenti considerazioni rendono superfluo l’esame
della questione, proposta con il ricorso, se la richiesta di applicazione della
continuazione esterna fosse stata effettivamente formulata con l’atto d’appello.
4. – Il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2014.

diversi periodi indicati nell’imputazione.

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