Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19585 del 21/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19585 Anno 2018
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CITARELLI MICHELE nato il 06/02/1991 a BARI

avverso la sentenza del 19/08/2016 del TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIAMPI;

Data Udienza: 21/03/2018

1.

Citarelli Michele ricorre per cassazione contro la sentenza di applicazione concordata
della pena in epigrafe indicata, dolendosi del mancato proscioglimento.

2.

Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per motivi
manifestamente infondati: come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex
plurimis Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura
della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la
sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto,
l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della
richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In
particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa
la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche
implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Nel
procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice
decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se
sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla
richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi. Non è consentito, dunque, all’imputato,
dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata
applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza precisare per quali specifiche ragioni detta
disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio. Quanto alla
congruità della pena, è opportuno ricordare che nel “patteggiamento”, una volta che il
giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di
legittimità, questioni con riferimento – non solo alla sussistenza ed alla qualificazione
giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla applicazione e comparazione
delle circostanze, ma anche- alla entità e modalità di applicazione della pena (salvo
che non si versi in ipotesi di pena illegale) (ex pluribus, Sezione VII, 21 dicembre 2009,
El Hanana). Ciò che qui deve escludersi.

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 2000= a titolo di sanzione
pecuniaria
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese delle spese
processuali ed al versamento della somma di 2.000= euro alla Cassa delle ammende.
3.

Così deciso in Roma il 21 marzo 2018

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