Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19583 del 21/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19583 Anno 2018
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: MICCICHE’ LOREDANA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ATMOUN JALAL nato il 29/10/1981

avverso la sentenza del 24/08/2016 del TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE;

Data Udienza: 21/03/2018

MOTIVI DELLA DECISIONE

Jalal Atmoun ricorre per cassazione avverso la sentenza di cui in epigrafe recante
applicazione della pena ai sensi dell’art.444 c.p.p. in ordine al reato di cui all’art. 73 DPR
309/1990 lamentando carenza di motivazione sul giudizio di congruità della pena.
L’impugnazione é manifestamente infondata. Questa Corte ha ripetutamente affermato
il principio che l’obbligo di motivazione della sentenza non può non essere conformato alla

argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato
dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro,
che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art.129 c.p.p.,
ivi compresa la particolare tenuità del fatto, deve essere accompagnato da una specifica
motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art.129 (S.U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; S.U. 27 dicembre
1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza
successiva. Ciò implica che, per quanto riguarda la qualificazione giuridica del fatto, la
continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua
sospensione, la costante giurisprudenza da questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle
Sezioni Unite, ha affermato che la motivazione ben può essere sintetica ed a struttura
enunciativa, purché il risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né
l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come
insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la volontà del giudice coincide
esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinuncia ad
avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Corte ha più volte
avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione
censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Nel caso di specie il giudice dà conto che, alla luce degli atti, la pena è correttamente
determinata e che non vi sono le condizioni per una diversa e più favorevole pronunzia.
Il ricorso é quindi inammissibile.
Segue a norma dell’art.616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al versamento in favore della cassa delle ammende, della somma di €
2.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero.

L

particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 21 marzo 2018

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