Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19581 del 21/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19581 Anno 2018
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: MICCICHE’ LOREDANA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
CASSANO MAURO nato il 21/03/1992 a MOLFETTA
TROIA ANTONIO nato il 12/09/1982 a TRANI

avverso la sentenza del 18/05/2017 del GIP TRIBUNALE di TRANI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE’;

Data Udienza: 21/03/2018

MOTIVI DELLA DECISIONE

Cassano Mauro e Troia Antonio ricorrono per cassazione avverso la sentenza di cui in epigrafe
recante applicazione della pena ai sensi dell’art.444 c.p.p. in ordine al reato di cui all’art.73
D.P.R.n.309/90 prospettando vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione
dell’art.129 c.p.p. e, quanto al Troia, poiché non emergevano specifici elementi di colpevolezza
dell’imputato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo di motivazione della
sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti
dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui al richiamato art.129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art.129 (S.U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; S.U. 27 dicembre
1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza
successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano
precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la
comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la costante
giurisprudenza da questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni Unite, ha affermato
che la motivazione ben può essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché il risulti che il
giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal
momento che la volontà del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinuncia ad
avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Corte ha più volte
avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione
censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Nel caso di specie il giudice dà conto che, alla luce degli atti, la pena è correttamente
determinata e che non vi sono le condizioni per una diversa e più favorevole pronunzia.
Segue a norma dell’art.616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento ed al versamento in favore della cassa delle ammende, della somma di C
3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero.

I ricorsi sono inammissibili.

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