Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19576 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19576 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

Data Udienza: 17/12/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Corvo Giuseppe, nato il 29 marzo 1967
avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso del 16 ottobre 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Mario
Fraticelli, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
perché il fatto non sussiste;
udito il difensore, avv. Stefano Sabatini.

i

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 16 ottobre 2012, il Tribunale di Campobasso ha
condannato l’imputato alla pena dell’ammenda, per il reato di cui all’art. 137, comma
1, in relazione all’art. 124, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, perché, quale
presidente dell’ente pubblico economico denominato “Consorzio per lo Sviluppo
Industriale di Campobasso – Bojano”, effettuava scarichi delle acque reflue nel fosso
Sterpaio, affluente del fiume Biferno, senza autorizzazione.

13 aprile 2009 e non era stata ancora rinnovata in occasione di un controllo effettuato
in data 20 maggio 2009, nel corso del quale si era accertato che l’impianto di
depurazione del Consorzio era in funzione; la nuova autorizzazione era stata
successivamente rilasciata il 27 maggio 2009, a fronte di una domanda di rinnovo
presentata solamente il 28 settembre 2008 e, dunque, presentata nel mancato
rispetto del termine di un anno prima della scadenza, la cui osservanza era condizione
necessaria per il mantenimento provvisorio in esercizio dello scarico in pendenza della
procedura di rinnovo.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, rilevando, con un primo motivo di doglianza, il travisamento della
fattispecie, per la mancata applicazione dell’art. 9 del d.lgs. n. 59 del 2005, a norma
del quale «L’autorità competente rinnova ogni cinque anni le condizioni
dell’autorizzazione integrata ambientale, o le condizioni dell’autorizzazione avente
valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico,
confermandole o aggiornandole […]. A tale fine, sei mesi prima della scadenza, il
gestore invia all’autorità competente una domanda di rinnovo, corredata da una
relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all’art. 5, comma 1.
[…] L’autorità competente si esprime nei successivi centocinquanta giorni […]. Fino
alla pronuncia dell’autorità competente, il gestore continua l’attività sulla base della
precedente autorizzazione. Tale disposizione, secondo la difesa, trova applicazione nel
caso concreto, perché l’allegato II del richiamato d.lgs. n. 59 del 2005 include al punto
2, nell’elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto da considerare sostituite
dall’autorizzazione integrata ambientale, l’autorizzazione allo scarico di cui al d.lgs. n.
152 del 1999. Ne consegue – sempre per la difesa – che sarebbe stato sufficiente
l’invio della domanda di rinnovo almeno sei mesi prima della scadenza
dell’autorizzazione – invio effettivamente avvenuto il 28 settembre 2008, a fronte di

Rileva il Tribunale che l’autorizzazione, rilasciata il 4 aprile 2005, era scaduta il

una scadenza alla data del 13 aprile 2009 – senza necessità di rispettare il termine di
un anno prima fissato dalla normativa in tema di inquinamento idrico.
A tali rilievi, la difesa aggiunge che il reato avrebbe dovuto essere considerato
come commesso il 13 aprile 2008 – e non, come ritenuto in sentenza il 20 maggio
2009, momento dell’accertamento – perché, anche a volere seguire la prospettazione
accusatoria, l’omissione si sarebbe verificata con la mancata richiesta di rinnovo
dell’autorizzazione nell’ultimo momento utile, ovvero un anno prima della sua

colpa, che il mancato rinnovo dell’autorizzazione era dovuto alla lentezza del relativo
procedimento amministrativo.
Con un secondo motivo di doglianza, si lamenta la mancanza di motivazione
circa la riconducibilità del reato all’imputato, perché non si sarebbe considerata la
delega di funzioni «cristallizzata nello Statuto del Consorzio», il quale prevede la
competenza del direttore generale in ordine alle richieste di autorizzazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso non è fondato.
3.1. – Non possono essere condivise le deduzioni difensive relative
all’applicabilità, nel caso di specie, del regime dell’autorizzazione integrata ambientale
in luogo di quello ordinario dell’autorizzazione allo scarico, con conseguente possibilità
di esercizio dell’impianto anche in mancanza di rinnovo dell’autorizzazione a
condizione che la relativa richiesta sia stata presentata almeno sei mesi prima della
scadenza dell’autorizzazione stessa.
Deve infatti rilevarsi che non emerge nel caso di specie – né la difesa l’ha anche
solo dedotta – la sussistenza dei presupposti per ritenere sostituita l’autorizzazione
allo scarico di cui al d.lgs. n. 152 del 1999 già in atto con l’autorizzazione integrata
ambientale. Una tale sostituzione non opera, infatti, automaticamente per effetto del
disposto dell’allegato 2 del richiamato d.lgs. n. 59 del 2005 (oggi trasfuso nell’allegato
5 quinquies – allegato IX alla parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006), il quale si
limita ad includere al punto 2, nell’elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto
idonee ad essere sostituite dall’autorizzazione integrata ambientale, l’autorizzazione
allo scarico di cui al d.lgs. n. 152 del 1999. Presupposto necessario per l’operatività
del regime dell’autorizzazione integrata ambientale è infatti la circostanza che l’attività
svolta rientri fra quelle di cui all’allegato 1 del richiamato d.lgs. n. 59 del 2005, perché
quest’ultimo disciplina, appunto, il rilascio, il rinnovo e il riesame dell’autorizzazione
integrata ambientale degli impianti di cui all’allegato 1, nonché le modalità di esercizio

scadenza (13 aprile 2009). Né si sarebbe considerato, ai fini dell’esclusione della

degli impianti medesimi, ai fini del rispetto dell’autorizzazione integrata ambientale
(art. 1, commi 1 e 2). Sul punto della riconducibilità dell’attività svolta dal consorzio
nell’ambito di quelle di cui al richiamato allegato 1 (attuale allegato 5

quater –

allegato VIII alla parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006), nulla ha dedotto – come
anticipato – il ricorrente; con la conseguenza che il regime autorizzatorio di
riferimento resta quello in materia di inquinamento idrico, attualmente disciplinato
dall’art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006, a norma del quale il rinnovo

propriamente mantenuto in funzione fino all’adozione del nuovo provvedimento solo
se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata (comma 8). L’esercizio
provvisorio dell’impianto di cui all’art. 124, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006 non
può trovare, cioè, applicazione nel caso in cui il rinnovo dell’autorizzazione sia stato
chiesto in epoca successiva (sez. 3, 16 marzo 2011, n. 16054).
In relazione al tempus commissi delicti, deve osservarsi che – contrariamente a
quanto sostenuto dalla difesa – l’art. 137, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 non è
diretto a punire in quanto tale l’omessa tempestiva richiesta di rinnovo di
autorizzazione, bensì a sanzionare l’esercizio di uno scarico in mancanza di
autorizzazione («Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue
industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti
scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata […]»); esercizio che nel
caso di specie è stato oggetto di verifica in data 20 maggio 2009.
Quanto alla considerazione secondo cui il mancato rinnovo dell’autorizzazione,
dovuto alla lentezza del relativo procedimento amministrativo, escluderebbe la
sussistenza dell’elemento soggettivo, il Tribunale correttamente evidenzia che nessun
affidamento incolpevole sarebbe potuto derivare in capo al ricorrente dall’inerzia
dell’amministrazione, in presenza di una durata di quattro anni dell’autorizzazione,
evidenziata chiaramente nel testo della stessa, e del mancato rispetto del termine di
un anno prima della scadenza per la richiesta di rinnovo.
Ne deriva il rigetto del primo motivo di ricorso.
3.2. – Il secondo motivo di doglianza – con cui si rileva la mancanza di
motivazione circa la riconducibilità del reato all’imputato, perché non si sarebbe
considerata la delega di funzioni «cristallizzata nello Statuto del Consorzio», il quale
prevede la competenza del direttore generale in ordine alle richieste di autorizzazione
– è inammissibile per genericità.

dell’autorizzazione va richiesto un anno prima della scadenza e lo scarico può essere

Il ricorrente non evidenzia, infatti, da quale disposizione del richiamato Statuto
del Consorzio derivi la prospettata delega di funzioni, né puntualizza, con concreti
riferimenti testuali, quali siano il contenuto esatto, la portata e l’efficacia di tale
pretesa delega, limitandosi a richiamare una non meglio precisata «competenza del
direttore generale in ordine alle richieste di autorizzazione»; e ciò, per di più, a fronte
di una richiesta di autorizzazione che risulta firmata proprio dall’imputato.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013.

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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