Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19576 del 08/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19576 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAIMO FRANCESCO N. IL 07/11/1976
SCARRONE AGOSTINO N. IL 11/07/1973
avverso la sentenza n. 74/2013 CORTE ASSISE APPELLO di
NAPOLI, del 06/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ,E)

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

U/C44-02″4.

eA–(-rd”

Atel ciW. F:44L-

Data Udienza: 08/04/2015

Fatto e diritto

L’omicidio, come riconosciuto anche da questa Corte di cassazione della sentenza di
annullamento con rinvio cui si dirà, risultava pacificamente accertato nel quadro della faida in
atto fra il clan Ascione (cui era affiliata alla vittima) e quello denominato Birra —Icomino.
Agli imputati è stata anche contestata la recidiva reiterata e infra-quinquennale che, per
Scarrone, era anche specifica.
La sentenza in esame è stata pronunciata, come anticipato, dopo l’annullamento con rinvio
della precedente sentenza di condanna, basata essenzialmente sulle dichiarazioni accusatorie
della moglie della vittima, presente al fatto, e di altre due testimoni.
La Corte di cassazione, in realtà investita dei ricorsi del solo Raimo (nonché di altro coimputato
non presente nell’odierno procedimento, Abbate) aveva richiesto una nuova valutazione di tali
dichiarazioni ed anche, comunque, una rivalutazione del trattamento sanzionatorio riguardante
il Raimo che, nelle more del giudizio di cassazione, era divenuto collaboratore di giustizia al
pari dello Scarrone.
Il giudice del rinvio, citando in virtù dell’effetto estensivo dell’impugnazione anche Scarrone
Agostino, aveva preso atto della intervenuta confessione di costoro ed anche della rinuncia al
motivo di gravee’Cfn il quale era stata chiesta l’assoluzione dai reati in contestazione.
Ha pertanto provveduto alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio portandolo
dall’ergastolo con isolamento diurno per mesi tre, confermato con la sentenza annullata, alla
pena di anni dodici di reclusione previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti
alle aggravanti e della diminuente di cui all’art. 8 I. n. 203 del 1991.
Deducono il difensore di Scarrone e quello di Raimo
la violazione dell’articolo 8 legge n. 203 del 1991.
Allo Scarrone, divenuto collaboratore di giustizia, è stata riconosciuta l’attenuante
speciale dell’articolo 8, calcolando però la diminuzione corrispondente di pena in
relazione a quella per il reato di omicidio, individuata erroneamente in anni 21.
Ed invece la detta circostanza attenuante prevede la riduzione della pena dell’ergastolo
con quella della reclusione da 12 a 20 anni, mentre le altre pene sono diminuite da un
terzo alla metà.
Nel caso di specie la pena base non poteva essere che quella dell’ergastolo, da
diminuire dunque fino ad un massimo di 20 anni e su questa si sarebbero dovute
calcolare le eventuali ulteriori riduzioni di pena. In tal senso il difensore cita le sentenze
della Cassazione n. 6221 del 2005 e n. 18327 del 2013.
Il difensore di Scarrone deduce anche
l’erronea applicazione dell’articolo 81 c.p. e il vizio di motivazione, con riferimento alla
richiesta di unificare i reati in esame nel vincolo della continuazione con quello di cui
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Propongono ricorso per cassazione Raimo Francesco e Scarrone Agostino avverso la sentenza
della Corte di assise di appello di Napoli in data 6 ottobre 2014 con la quale è stata affermata
la loro responsabilità in ordine all’imputazione di omicidio volontario, aggravato, in concorso, in
danno di Pinto Gaetano, nonché a quella relativa ai reati satelliti di detenzione e porto abusivo
di più armi comuni da sparo (originariamente contestato come aggravato ai sensi dell’articolo 7
della legge n. 203 del 1991) e ricettazione ( contestato come aggravato allo stesso modo).

all’articolo 416 bis cp, oggetto della condanna inflitta con sentenza della Corte d’appello
di Napoli dell’Il gennaio 2012, divenuta definitiva nel maggio successivo.
Non ritiene condivisibile, il difensore, che l’istituto della continuazione possa ritenersi
operativo soltanto quando i reati in discussione siano stati dettagliatamente progettati
in modo unitario.
La Corte di merito non aveva considerato l’omogeneità degli illeciti e il contesto
associativo in cui sono stati commessi.
Alla odierna udienza l’avv. Palleschi, difensore di Raimo, ha fatto pervenire una istanza di

I ricorsi sono infondati e debbono essere rigettati.
Deve ribadirsi, preliminarmente, la già affermata inaccoglibilità della istanza di rinvio la quale
non è stata formulata in virtù di un documentato impedimento a carattere assoluto. Il
certificato del sanitario privato del difensore, invero, rilasciato il 7 aprile e prodotto per la
odierna udienza dell’8, attestava una patologia di origine virale con una prognosi di due giorni
e grado febbrile non elevato, si da doversi ritenere ordinariamente controllabile con i normali
presidi terapeutici , essendo prescritti semplici cure e riposo.
Quanto al merito del comune motivo di ricorso, è da osservare che i ricorrenti sono stati
condannati in ordine al reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione (articolo
577 comma 1 numero 3 c.p.) e dai futili motivi (articolo 61 numero 1 c.p.) nonché dalla
recidiva reiterata infra quinquennale e ( per Scarrone)specifica.
Il giudice a quo, seguendo l’iter procedurale descritto dalle Sezioni unite nella sentenza
numero 10713 del 2010, ha calcolato la pena base per il reato di omicidio, operando in primo
luogo il bilanciamento delle concesse attenuanti generiche (in termini di equivalenza) rispetto
alle aggravanti comuni, e dunque approdando alla pena prevista per il reato di omicidio non
aggravato che è quella non inferiore ad anni 21, concretamente individuata esattamente in tale
entità. Successivamente ha ridotto tale pena fino ad anni 11 per effetto della attenuante
speciale, così come gli era consentito dall’articolo 8 più volte citato che, con riferimento all
pena da diminuire, quando questa sia diversa dall’ergastolo come nel caso di specie, stabilis
che debba essere ridotta da un terzo alla metà. In altri termini, nel caso di specie la pena di
anni 21, portata fino ad anni 11, risulta ridotta di poco meno della metà, posto che se la
riduzione fosse stata nel massimo, avrebbe portato ad individuare la pena ridotta per l’effetto
dell’attenuante speciale, in anni 10 mesi sei. Infine il giudice ha nuovamente aumentato di un
anno di reclusione la detta pena per l’aumento dovuta alla continuazione con riferimento ai tre
reati satelliti.
Non trova viceversa applicazione, nel caso di specie, l’articolo 63 del codice penale il quale
prevede il calcolo della pena nel caso di concorrenza tra una circostanza attenuante ad effetto
speciale in una circostanza attenuante comune (peraltro affermando che l’operatività di
quest’ultima è eventuale) ma non disciplina direttamente anche il caso che ci occupa – invece
specificamente analizzato proprio dalla sentenza delle SSUU del 2010- nel quale si pone il tema
del previo bilanciamento fra circostanze comuni di opposto segno,ai sensi dell’articolo 69,
posto che, come riconosciuto anche dalle Sezioni unite nella sentenza sopra citata, la
attenuante dell’art. 8 non è soggetta a bilanciamento con le altre aggravanti.
D’altra parte questo è esattamente l’assunto della sentenza n. 18327 del 2013 evocata dai
ricorrenti a sostegno dell’assunto sopra indicato, posto che può testualmente leggersi nella
relativa motivazione che “risultano rispettati i criteri dettati dalle Sezioni Unite di questa Corte
(Cass. S.U. n. 10713 del 25/2/2010, rv. 245930, Conta/do), che hanno escluso l’obbligatoria
prevalenza dell’attenuante di cui al D. L. n. 152 del 1991, art. 8 e di tutte le altre
eventualmente concesse, perché non prevista da alcuna norma di legge, e hanno stabilito che
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rinvio per motivi di salute, corredata da certificato medico, istanza che la Corte ha rigettato.

la corretta sequenza delle operazioni da compiere comporta, dapprima l’effettuazione del

Inammissibile è poi il secondo motivo articolato nell’interesse del solo Scarrone.
È ineccepibile la motivazione già offerta dalla Corte d’assise d’appello in relazione all’analoga
questione sottopostale dalla difesa.
La Corte territoriale ha infatti giustamente osservato che vanno esclusi dalla possibilità di
essere unificati in continuazione quei reati che, pur rientrando nel più ampio ambito di attività
svolta nel quadro associativo, anche ai fini del rafforzamento della consorteria, non potevano e
non sono stati programmati unitariamente in quanto conseguenti circostanze pur inerenti la
vita associativa, ma contingenti od occasionali.
In realtà, la concreta analisi fattuale risponde pienamente all’esigenza della giurisprudenza di
legittimità che ha osservato come tale problema si risolva in una “quaestio facti” la cui
soluzione è rimessa di volta in volta all’apprezzamento del giudice di merito.
E, nella sentenza impugnata, al riguardo si evidenzia come l’omicidio per cui è processo sia
stato l’evidente frutto di una risoluzione autonoma conseguente all’avvenuto assassinio di
Cordua Giuseppe, sicché il Pinto è stato individuato come soggetto nei cui confronti operare la
ritorsione perché ritenuto responsabile dell’uccisione di Infante Giuseppe. In altri termini il
feroce delitto è stato deliberato in un determinato momento della vita sociale, a seguito di
circostanze sopravvenute che non potevano essere oggetto di completa e specifica previsione
prima del loro verificarsi.
Anche la giurisprudenza di questa Corte ha già affermato il principio che qui di applica,
secondo cui non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che,
pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo
rafforzamento, non erano programmabili “ah origine” perché legati a circostanze ed eventi
contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione
(Sez. 6, Sentenza n. 13085 del 03/10/2013 Ud. (dep. 20/03/2014 ) Rv. 259481; precedenti
conformi: N. 1474 del 1997 Rv. 208916, N. 2960 del 1999 Rv. 214555, N. 23370 del 2008 Rv.
240489, N. 13609 del 2011 Rv. 249930)
PQM
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma 1’8 aprile 2015
il Pr idente
il Consigliere estensore

giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, secondo le possibili opzioni di cui all’art.
69 c.p., quindi l’applicazione dell’attenuante speciale della dissociazione attuosa, quale unica
soluzione in grado di garantire al tempo stesso la premialità del trattamento sanzíonatorio al
dissociato e la proporzione rispetto alla concreta offensività del fatto di reato”.

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