Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19575 del 08/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19575 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAPACE MASSIMO N. IL 11/09/1974
avverso la sentenza n. 179/2013 CORTE APPELLO di POTENZA, del
06/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per _2

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 08/04/2015

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Fatto e diritto

Propone ricorso per cassazione Lapace Massimo, avverso la sentenza della Corte d’appello di
Potenza, in data 6 dicembre 2013, con la quale è stata confermata quella di primo grado,
emessa all’esito di giudizio abbreviato.

Deduce
l’erronea applicazione dell’articolo 453 n. 4 c.p. in luogo di quella di cui all’articolo 455 c.p. che
prevede la vendita di monete falsificate senza concerto con i falsificatori.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza .
La Corte d’appello alla quale la questione era stata ugualmente posta, aveva già replicato
ineccepibilmente che il reato di messa in circolazione di banconote falsificate, previsto dall’art.
453 n. 4 cod. pen., e nella specie addebitato, si distingue da quello di spendita di monete false
previsto dall’art. 455 cod. pen.,ed evocato dal ricorrente, perché il primo si caratterizza per un
rapporto qualsiasi, anche mediato, fra fabbricatori e spenditori di banconote false (in senso
analogo v.Sez. 1, Sentenza n. 14819 del 19/02/2009 Ud. (dep. 06/04/2009) Rv. 243787;
conformi: N. 10348 del 1980 Rv. 146207, N. 10875 del 1983 Rv. 161765, N. 1323 del 1986
Rv. 171870, N. 8269 del 1986 Rv. 173572, N. 882 del 1993 Rv. 193193, N. 3013 del 1996 Rv.
204517): rapporto nella specie ritenuto sussistente.
E’ infatti da sottolineare che la ipotesi contestata ed addebitata al prevenuto è quella del n. 4
dell’art. 453 cp che, a differenza di quella sub n. 3, punisce la ricezione, da parte dell’agente,
delle monete contraffatte direttamente da chi le ha falsificate o anche da un intermediario ,
con il fine ( dolo specifico) della messa in circolazione; non è dunque la fattispecie in
considerazione quella che richiede il concerto dell’agente con il falsario o con un intermediario,
nella detenzione o spendita delle monete contraffatte: concerto che non doveva entrare
dunque nel paradigma della fattispecie e nell’onere probatorio della accusa.
Nel caso di specie era invece necessario e sufficiente dimostrare che la ricezione delle
banconote, poi spese dall’imputato e dalla correa, fosse avvenuta in virtù di un rapporto diretto
o anche solo mediato con il falsario e tale rapporto mediato è stato adeguatamente illustratosenza che sul punto il ricorrente abbia svolto alcuna nuova contro-deduzione sia in punto di
violazione di legge che in punto di manifesta illogicità della motivazione- con riferimento al
fatto che il ricorrente è stato trovato in possesso di un numero elevato di banconote
contraffatte, dall’elevato valore apparente, delle quali 12 presentavano lo stesso numero di
serie, sicché il giudice del merito è stato indotto motivatamente a concludere nel senso che
provenissero dalla stessa partita di titoli falsi dei quali, dunque, si poteva dire che fossero stati
ricevuti, dall’imputato, o direttamente dal falsario o da un suo intermediario, esattamente per
porli in circolazione, come poi regolarmente avvenuto.
Fortemente illogica e non tale da integrare il ragionevole dubbio è , d’altra parte, la ipotesi,
esclusa dal giudice del merito, che l’imputato possa avere ricevuto le banconote quando già
era progredita la attività di diffusione avviata dal falsario o dal suo diretto emissario: infatti a
tale ipotesi osta ragionevolmente il rilievo, formulato dal giudice del merito in base a una non
irrazionale massima di esperienza, che il procedere della fase distributiva delle banconote
contraffatte è testimoniato di regola dalla sempre minore concentrazione , in un unico
possessore, del prodotto della falsificazione, soprattutto quando si tratta di banconote con lo
1

Tale ultima decisione era stata di condanna in ordine al reato di cui all’articolo 453 n. 4 c.p.
(acquisto,dal falsario o da altro intermediario, al fine di mettere in circolazione, di 16
banconote contraffatte da C 100 ciascuna), nonché a due ipotesi di truffa, concernenti
l’effettiva splendida di due di queste banconote: fatti risalenti al 19 febbraio 2007.

stesso numero di serie che non possono dunque essere smerciate in un unico ambito
territoriale.

In mancanza di prova storica, sul punto, il giudice del merito ha fatto ricorso al ragionamento
indiziario, rispettoso dei criteri di cui all’art. 192 cpp, ed ha sostenuto, con argomentare non
manifestamente illogico, che il possesso di un numero consistente di banconote false di
apparente elevato importo, quasi tutte con lo stesso numero di serie, fosse indicativo di un
rapporto diretto tra chi quelle banconote intendeva procurarsi e utilizzare e chi quelle stesse
banconote false aveva prodotto o comunque ricevuto, direttamente dal falsario, per trasferirle
ad un terzo soggetto da quello determinato.
La identità seriale è indubbiamente un fortissimo elemento dimostrativo del fatto che le
banconote fossero state appena separate dalla partita prodotta illecitamente.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in
favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso in urj Roma 1’8 aprile 2015

DEPOSITATA IN C

D’altra parte, la circostanza, ancora segnalata dalla difesa, che il fornitore delle banconote
false è rimasto sconosciuto, non vale a sostenere anche le sue osservazioni in diritto e in
particolare quella per cui resterebbe impossibile configurare il concerto con il falsario o con
l’intermediario.

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