Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19573 del 18/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19573 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ANTONIO GIANCARLA N. IL 01/09/1970
SORRENTINO BONAVEBTURA N. IL 12/11/1977
avverso l’ordinanza n. 461/2013 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del
14/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i d . nsor Avv.;

Data Udienza: 18/04/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Enrico Delehaye, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

D’Antonio Giancarla e Sorrentino Bonaventura sono indagati per i

reati di cui agli articoli 610 e 614 del codice penale, commessi in danno
della madre-suocera d’Antonio Bianca. Il pubblico ministero avanzava al

dalla casa familiare ai sensi dell’articolo 282 bis del codice di procedura
penale; il gip rigettava la richiesta. Il tribunale, in accoglimento
dell’appello proposto dal pubblico ministero, riformava l’ordinanza del gip
ed applicava ad entrambi gli indagati la misura richiesta, imponendogli di
lasciare immediatamente la casa familiare e di non accedervi senza
l’autorizzazione del giudice procedente.
2.

Contro la predetta ordinanza propongono ricorso per cassazione

entrambi gli indagati per i seguenti motivi:
a.

insussistenza del reato di cui all’articolo 614 del codice
penale; sul presupposto dell’esistenza di un contratto di
comodato, i ricorrenti sostengono che non sia configurabile la
violazione di domicilio e che la padrona di casa, nonché madre
e suocera, avrebbe dovuto adire il giudice civile per ottenere il
loro allontanamento dalla propria abitazione.

b. Insussistenza

dei

maltrattamenti

sulla

base

delle

argomentazioni evidenziate dal gip.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile; il primo motivo di ricorso si fonda su una
circostanza di fatto non emersa nel procedimento di merito e
certamente non accertabile in questa sede di legittimità, e cioè
l’esistenza di un contratto di comodato a favore dei ricorrenti. Non si
tratta di semplice qualificazione giuridica di un fatto, poiché la stessa
implica l’accertamento in ordine all’esistenza di un contratto o di un
comportamento concludente, con consegna della cosa o mutamento
del titolo della detenzione; tutti accertamenti che non possono essere
effettuati davanti alla corte di cassazione e che, privi di menzione nel

gip richiesta di emissione della misura cautelare dell’allontanamento

ricorso, lo rendono sul punto del tutto apodittico. In ogni caso,
l’allontanamento dall’abitazione è giustificato dalle condotte di cui al
capo c) della provvisoria contestazione (condotte ritenute sussistenti
dal tribunale del riesame), non assumendo rilievo determinante la
sussistenza o meno della violazione di domicilio.
2. Il secondo motivo di ricorso – che contesta proprio l’esistenza dei
maltrattamenti di cui al capo c) – è assolutamente generico, oltre a
censurare una valutazione in fatto che è corredata di adeguata

tale motivo si palesa, dunque, inammissibile.
3. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art. 616
c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che
lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.
4. In considerazione del fatto che il provvedimento emesso dal
tribunale di appello diventa definitivo ed eseguibile, si dà mandato alla
cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 del regolamento di
esecuzione al codice di procedura penale.

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 del
regolamento di esecuzione al codice di procedura penale.
Così deciso il 18/04/2014

motivazione alle pagine quattro, cinque e sei dell’ordinanza impugnata;

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