Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19572 del 07/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19572 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI COLOMBI PAOLO N. IL 22/05/1965
avverso la sentenza n. 30/2014 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO, del 25/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. STEFANO PALLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
0’47- RIAL

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 07/04/2015

FATTO E DIRITTO

Di Colombi Paolo ricorre avverso la sentenza 25.9.14 della Corte di appello di Trento-sezione
distaccata di Bolzano con la quale, in parziale riforma di quella in data 5.3.13 del Tribunale di
Bolzano, ritenuto assorbito il fatto di reato di cui al capo 0 in quello di cui al capo b), trattandosi del

in concorso con le minori Di Colombi Vanessa e Di Colombi Marilena, di carte di credito di
provenienza furtiva, nonché per quello di furto aggravato sub c), unificati ex art.81 cpv. c.p., in anni
uno, mesi due di reclusione ed € 500,00 di multa.
Deduce il ricorrente, con il primo motivo, violazione dell’art.606, comma 1, lett.c), in relazione al
combinato disposto di cui agli artt.14, comma 3 e 18-bis del D.P.R. n.574/88, per non avere la Corte
di merito ritenuto la nullità dell’avviso di fine indagine, della richiesta di rinvio a giudizio e del
decreto che dispone il giudizio per la mancata traduzione degli atti di indagine preliminare nella
lingua del processo, essendo il verbale di s.i.t. rese da Rabanser Angelika il 25.7.07, dinanzi ai
carabinieri di Ortisei, stato redatto in lingua tedesca e mai tradotto in italiano, con conseguente
lesione del diritto di difesa dell’imputato che non era stato messo in condizione di conoscere
compiutamente gli elementi raccolti a suo carico dal p.m.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.e) c.p.p. per avere i giudici
di appello contraddittoriamente ritenuto inattendibili le dichiarazioni della Rabanser sulla presenza
dell’imputato all’interno del negozio di ottica dopo quella delle due minorenni ed attendibili invece
le medesime dichiarazioni in merito all’avvenuto riconoscimento fotografico del Di Colombi come
la persona che in quella occasione aveva provato un paio di occhiali marca ray-ban.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.b),c) ed e) c.p.p. per essere
l’imputato stato ritenuto responsabile del furto di un paio di occhiali avvenuto nel negozio `Flaim’
di Ortisei, senza che i giudici avessero verificato l’esistenza di indizi fondanti la sua responsabilità a
titolo di concorso, laddove invece potevano venire in evidenza ipotesi alternative quali la

medesimo fatto, è stata rideterminata la pena per i reati sub b) ed e), concernenti l’indebito utilizzo,

sottrazione degli occhiali — di cui le commesse si erano avvedute solamente in serata e non dopo
l’uscita delle due minori dal negozio – < da parte di altre persone che certamente erano entrate in quella stessa giornata in un negozio di ottica >.
Con il quarto motivo si lamenta la ritenuta sussistenza dell’aggravante contestata per il furto di cui
al capo c), trattandosi in realtà di una condotta — quella consistita nel provare diverse paia di

insidiosità alcuna.
Osserva la Corte che il ricorso non è fondato.
Quanto al primo motivo, correttamente i giudici di merito, nel ritenere che alcuna lesione
sostanziale al diritto di difesa dell’imputato si sia avuta dalla mancata traduzione in lingua italiana
delle s.i.t. di Rabanser Angelika, redatte in lingua tedesca dai CC di Ortisei, dal momento che
comunque, in dibattimento, la difesa è stata in grado di svolgere le contestazioni ritenute necessarie
in sede di esame testimoniale, hanno altresì evidenziato come la relativa richiesta di traduzione in
lingua italiana doveva essere avanzata dinanzi al g.u.p., in sede di udienza preliminare, tanto che —
osserva questa Corte — l’inosservanza dell’obbligo di traduzione degli atti del procedimento
instaurato nei confronti dell’imputato appartenente ad una minoranza linguistica riconosciuta,
determina, ai sensi dell’art.18-bis del D.P.R. n.574/88, una nullità relativa eccepibile secondo le
modalità e nei termini di cui all’art.181 c.p.p. (v. Cass., sez.VI, 19 novembre 2009, n.10983).
Non dunque dinanzi al tribunale tale nullità avrebbe dovuto essere eccepita — come ha fatto la difesa
dell’imputato – , ma, trattandosi di nullità concernente un atto delle indagini preliminari, doveva
essere eccepita, a mente del comma 2 dell’art.181 c.p.p., prima della chiusura dell’udienza
preliminare, cioè prima della pronuncia del provvedimento di cui all’art.424 c.p.p.
Anche il secondo motivo è infondato, nessuna contraddizione essendo rinvenibile nel discorso
valutativo della testimonianza della Rabanser svolto dai giudici di appello, in quanto di fronte al
sicuro riconoscimento dell’imputato quale accompagnatore delle due corree minori, l’avere in
dibattimento la teste spostato, rispetto alle precedenti dichiarazioni, l’ingresso del Di Colombi nel

occhiali da sole — del tutto normale per due giovani acquirenti e non denotante scaltrezza o

negozio dopo le due giovani anziché prima, non muta il quadro probatorio a carico dell’imputato, il
cui modus operandi prevedeva sempre il supporto alle due esecutrici materiali degli illeciti, poichè
— come correttamente rimarcato dai giudici di secondo grado — tali differenze vengono a .

finisce per prospettare una ricostruzione alternativa e ipotetica degli accadimenti del tutto avulsa
dalle emergenze probatorie (consacrate nel sicuro riconoscimento dell’imputato ad opera delle
commesse del negozio di ottica), tanto da addebitare a non meglio precisate ‘altre persone’ quel
comportamento penalmente illecito, in termini di apporto causale alla perpetrazione del furto
materialmente compiuto dalle due giovani, che i giudici di merito — con motivazione congrua ed
immune da censure di illegittimità — hanno attribuito al Di Colombi.
Quanto, infine, al quarto motivo, il mezzo fraudolento della corrispondente circostanza aggravante
del reato di furto può concretizzarsi in una condotta caratterizzata da insidiosità, astuzia e
scaltrezza, in grado così di sorprendere la contraria volontà del detentore e vanificare le misure
apprestate a difesa dei beni (Sez.un., 18 luglio 2013, n.40354).
Correttamente, pertanto, nel caso di specie detta aggravante è stata ritenuta atteso l’astuto
comportamento tenuto dalle due autrici materiali del furto, consistito — hanno evidenziato i giudici
di merito — nel creare ad arte confusione all’interno del negozio sì da disorientare le commesse
provando diversi occhiali da sole e mostrandosi indecise sull’acquisto di orecchini, fino ad eluderne
il controllo sulla merce esposta.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 7 aprile 2015

Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso, trattandosi di una censura generica che

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