Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19559 del 17/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19559 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo
avverso l’ordinanza emessa il 30/07/2013 dal Tribunale di Bergamo,
nell’ambito del procedimento penale iscritto nei confronti di
Pjetri Pieter, nato a Puke (Albania) il 02/03/1991
Marku Fatmir, nato a Mirdite (Albania) il 29/09/1988
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha richiesto l’annullamento senza rinvio
dell’ordinanza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo ricorre
avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, recante la non convalida dell’arresto

Data Udienza: 17/04/2014

disposto nei confronti di Pieter Pjetri e Fatmir Marku, il 30/07/2013, dai
Carabinieri di Treviglio.
I due soggetti appena ricordati erano stati sorpresi a bordo di un’autovettura
procedente a fari spenti lungo un cavalcavia a breve distanza rispetto
all’abitazione di Massimo Giuseppe Cortesi (dove poco prima era stato segnalato
un tentativo di furto posto in essere da tre ignoti datisi alla fuga attraverso un
campo), presso la quale i militari si stavano recando per gli accertamenti del
caso: i prevenuti, al pari di un minorenne che si trovava in loro compagnia,

veniva rinvenuto un cacciavite; gli accertamenti compiuti sulla porta del domicilio
del Cortesi evidenziavano che la placchetta copri-serratura era stata
verosimilmente smontata a mezzo di un utensile di quel tipo.
L’arresto dei due giovani non era tuttavia convalidato dal Tribunale, sul
presupposto dell’insussistenza dello stato di flagranza, non risultando che con gli
stessi, quali presunti autori del tentato furto, la persona offesa, la polizia
giudiziaria o terzi avessero mantenuto un contatto continuativo; al contrario, gli
indagati erano stati fermati «dopo un lasso temporale apprezzabile rispetto alla
commissione del reato».
Con l’odierno ricorso, il P.M. territoriale lamenta inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 382 cod. proc. pen., assumendo che la legge processuale oltre all’ipotesi dello stato di quasi-flagranza “da inseguimento”, avuto presente
dal Tribunale – contempla anche quella che si verifica quando taluno sia trovato
in possesso di cose o tracce riferibili al reato: quest’ultima situazione, in
concreto, sarebbe ravvisabile nel caso di specie.
Il ricorrente deduce altresì carenza di motivazione in ordine al dato
cronologico, laddove il Tribunale risulta avere definito “apprezzabile” il lasso di
tempo intercorso tra il tentativo di furto e il controllo dei due arrestati:
dall’esame degli atti emergeva invece che vi era stata sostanziale immediatezza,
in quanto i militari operanti erano già in servizio di pattuglia, e si erano portati
sul posto non appena ricevuta la segnalazione, sorprendendo gli indagati prima
ancora di raggiungere l’abitazione della persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Ai sensi dell’art. 382, comma primo, cod. proc. pen., lo stato di quasi
flagranza ricorre anche quando vi sia stretta contiguità tra la commissione del
fatto e la successiva sorpresa del presunto autore, in un contesto da cui

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palesavano scarpe infangate e pantaloni bagnati. Nell’abitacolo della vettura

emergano “cose” o “tracce” del reato appena commesso. Elementi che nel caso
di specie certamente sussistevano, atteso che il tentativo di furto era stato
realizzato da soggetti di cui si era denunciata la fuga attraverso i campi (e i due
giovani, pochi minuti dopo, presentavano scarpe infangate e pantaloni bagnati),
verosimilmente avvalendosi di un cacciavite per l’effrazione di una serratura (ed
un cacciavite era effettivamente in loro possesso).
In linea generale, questa Corte ha già avuto modo di affermare che,
indipendentemente dalla circostanza che gli operanti abbiano o meno avuto

quando la polizia giudiziaria abbia proceduto all’arresto in esito a ricerche
immediatamente poste in essere non appena avuta notizia del reato, anche se
non subito concluse ma protratte senza soluzione di continuità» (Cass., Sez. I, n.
6916 del 24/11/2011, Vinetti, Rv 252915). In una fattispecie concreta
sostanzialmente sovrapponibile a quella qui rappresentata, si è altresì precisato
che «in tema di arresto nella quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa
del reo con cose o tracce del reato non richiede la diretta percezione dei fatti da
parte della polizia giudiziaria, né che la “sorpresa” non avvenga in maniera
casuale, ma solo l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto
e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le “cose” o le “tracce”
del reato e dunque il susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta
del reo e dell’intervento degli operanti a seguito della percezione delle cose o
delle tracce» (Cass., Sez. IV, n. 46159 del 16/09/2008, Olivieri, Rv 241756).
Deve pertanto ritenersi che l’arresto

de quo sia stato legittimamente

eseguito, con il conseguente annullamento senza rinvio del provvedimento
oggetto di ricorso.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, perché l’arresto è stato eseguito
legittimamente.

Così deciso il 17/04/2014.

modo di assistere alla condotta criminosa, «lo stato di quasi flagranza ricorre

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