Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19556 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19556 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dai difensori di:
Naso Pietro, nato a Drapia, il 2/1/1953;

avverso l’ordinanza del 21/10/2013 del Tribunale di Vibo Valentia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario
Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’indagato gli avv. Diego Brancia e Domenico Antonio Silipo, che hanno
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 21 ottobre 2013 il Tribunale di Vibo Valentia rigettava l’istanza di
riesame del decreto di sequestro preventivo del patrimonio e delle quote sociali di Blu
Mar & Charter s.r.I., Casa del Sole s.r.l. e Vielle Immobiliare s.r.l. e beni mobili ed

Data Udienza: 25/03/2014

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immobili ritenuti pertinenti al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata
commesso nella gestione della Costruzioni Santa Venere s.r.l. per il quale si procede,
tra l’altro, nei confronti di Naso Pietro.
2. Avverso l’ordinanza ricorre il Naso a mezzo dei propri difensori articolando due
motivi.
2.1 Con il primo viene dedotta l’errata applicazione della legge penale in ordine alla

tutto il ricorrente che il Tribunale non avrebbe considerato come l’indagato fosse stato
amministratore della fallita soltanto tra il 1983 ed il 1986, mentre le presunte condotte
distrattive sarebbero state consumate tra il 2002 ed il 2006. Sotto altro profilo viene
invece evidenziato come ai fini della configurabilità del reato i giudici del riesame
avrebbero dovuto tenere conto dell’impugnazione della sentenza di fallimento proposta
dal Naso, atteso che la stessa è elemento costitutivo del delitto di bancarotta e che
con la suddetta impugnazione era stata prospettata l’inesistenza della procedura
dichiarativa del fallimento per la mancata instaurazione del contraddittorio.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente invece deduce l’inutilizzabilità, ai sensi degli
artt. 405 e 407 comma 3 c.p.p., delle informative di p.g. in forza delle quali il pubblico
ministero aveva proceduto all’iscrizione del nominativo del Naso e di altri soggetti nel
registro degli indagati. L’eccepita inutilizzabilità conseguirebbe al fatto che tali
informative, rese in esecuzione di delega d’indagine emessa nell’ambito del
procedimento penale iscritto per il reato di cui all’art. 11 d. Igs. n. 74/2000 nei
confronti di Mirabello Fortunato (amministratore di diritto della fallita), sarebbero state
depositate successivamente alla tardiva presentazione da parte del pubblico ministero
della richiesta di proroga delle indagini preliminari.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Pregiudiziale risulta l’esame dell’eccezione processuale sollevata con il secondo
motivo del ricorso, che peraltro è inammissibile in quanto generica e manifestamente
infondata.
1.1 Innanzi tutto deve rilevarsi il latente difetto di specificità dell’eccezione sollevata
dal ricorrente, che non ha precisato quale sarebbe l’atto, asseritamente inutilizzabile,
che avrebbe determinato l’apertura del procedimento penale nei confronti del Naso per
il reato configurato nell’incidente cautelare per cui è ricorso. Non compete infatti alla
Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause
di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che non appaiano manifeste, in
quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della

ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti del reato contestato. Lamenta innanzi

parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. Un., n. 39061 del 16 luglio
2009, De brio, Rv. 244328).
1.2 Non di meno, posto che la sanzione della inutilizzabilità prevista per gli atti
compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dall’art. 405
c.p.p., non riguarda gli atti compiuti prima, ma depositati successivamente alla sua
scadenza (Sez. 2, n. 40409 dell’8 ottobre 2008, Scatena, Rv. 241870), il primo motivo
di ricorso difetta di specificità in ordine all’indicazione di quali atti d’indagine che

Infatti ciò che rileva ai fini dell’utilizzabilità degli stessi è la data in cui gli stessi sono
stati compiuti e non quella del deposito dell’informativa che li riassume.
1.3 Sotto altro e risolutivo profilo deve infine rilevarsi che, impregiudicata qualsiasi
valutazione sull’utilizzabilità delle informative menzionate nel ricorso nel procedimento
a carico del Mirabello per il reato tributario originariamente a lui contestato, l’eccepita
inutilizzabilità ha natura relativa e valenza esclusivamente endoprocedimentale, talchè
nulla impediva al pubblico ministero di trarre dagli atti eventualmente inutilizzabili
l’autonoma notizia di un diverso reato nei confronti di altro soggetto. Come questa
Corte ha infatti già avuto modo di ricordare la sanzione di inutilizzabilità prevista per
gli atti compiuti dopo la scadenza del termine previsto per le indagini preliminari non
opera, infatti, quando l’atto sia stato assunto nell’ambito di indagini diverse volte ad
individuare i soggetti responsabili di altri reati, in quanto la sanzione è geneticamente
connessa alle indagini nell’ambito delle quali è stato compiuto l’atto medesimo (Sez.
1, n. 24564 del 4 maggio 2004, Strisciuglio, Rv. 228513).

2. Venendo al primo motivo di ricorso, anch’esso deve essere giudicato inammissibile.
2.1 Quanto all’eccepita risalenza del periodo in cui il Naso ha ricoperto formalmente la
carica di amministratore in seno alla fallita, la doglianza si rivela generica in quanto
non correlata alla motivazione del provvedimento impugnato, nel quale la
responsabilità dell’indagato è affermata in forza dell’attribuzione al medesimo della
diversa qualifica di amministratore di fatto del gruppo Naso-Mirabello e dell’influenza
in tale veste esercitata sulla gestione illecita della Costruzioni Santa venere s.r.l.
2.2 Manifestamente infondata è invece la doglianza sulla pendenza del ricorso avverso
la sentenza dichiarativa di fallimento.
2.2.1 In proposito deve innanzi tutto rilevarsi infatti che la pronunzia di tale sentenza
è elemento sufficiente per procedere per i reati fallimentari anche prima della sua
definitività, salve le ovvie successive ripercussioni sulla configurabilità dei suddetti
reati in conseguenza della sua eventuale revoca o annullamento (cfr. ex multis Sez. 5,
n. 15061 del 02/03/2011 – dep. 13/04/2011, Benavoli, Rv. 250091).
2.2 Sotto altro profilo, va ribadito l’insegnamento delle Sezioni Unite – già
opportunamente richiamato anche nel provvedimento impugnato – per cui, quando

sarebbero stati compiuti dopo la scadenza del termine previsto dal citato art. 405.

elemento della fattispecie è una sentenza, il giudice penale non è abilitato a compiere
alcuna valutazione, neppure incidentale, sulla legittimità di essa, perché le sentenze, a
prescindere dalla loro definitività, hanno un valore erga omnes che può essere messo
in discussione solo in via principale, con i rimedi previsti dall’ordinamento per gli errori
giudiziari e cioè con i mezzi ordinari o straordinari di impugnazione previsti dalla
disciplina processuale (Sez. Un., n. 19601 del 28 febbraio 2008, Niccoli, in

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p.
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 25/3/2014

motivazione).

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