Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19550 del 09/01/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19550 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CINTORINO ANTONINO N. IL 27/08/1964
STRANO VITO N. IL 18/02/1960
avverso la sentenza n. 634/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
21/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/01/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Enrico DELEHAYE, ha
concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per precedente giudicato per il
reato di cui all’art. 416 bis, con rideterminazione della pena per i reati di
estorsione.
Per il ricorrente STRANO, l’avv. Alessandro Santangelo si riporta al ricorso e ne
chiede l’accoglimento.

1.

Con sentenza del 21 novembre 2013 la Corte di Appello di Catania,

pronunziando in sede di rinvio dopo annullamento disposto con precedente
sentenza (in data 25 gennaio 2012) della Prima Sezione di questa Corte, in
riforma parziale della sentenza del Tribunale di Catania in data 17 giugno 2009,
rideterminava la pena inflitta a Gambacorta Leonardo, CINTORINO Antonino e
STRANO Vito, questi ultimi due ritenuti colpevoli dei reati di cui agli artt. 416 bis
e 629 cod. pen.
2. Per quanto concerne la posizione di CINTORINO e STRANO questa Corte
aveva censurato la precedente sentenza della Corte d’Appello solo in ordine
all’omesso riconoscimento della continuazione tra il reato di cui all’art. 416 bis
cod. pen. e quello analogo giudicato con la sentenza della Corte d’Assise di
Catania n. 12 del 1997, che li aveva condannati anche per associazione di
stampo mafioso, rilevando che la continuazione era già stata ritenuta dal Giudice
dell’udienza preliminare per i coimputati che avevano chiesto il giudizio
abbreviato, mentre la Corte d’Appello aveva demandato tale valutazione al
giudice dell’esecuzione.
3. Con la sentenza in esame in questa sede la Corte territoriale ha riconosciuto
per gli imputati CINTORINO e STRANO il vincolo della continuazione tra i reati
loro ascritti e quelli per i quali gli stessi sono stati condannati con sentenza della
Corte di Assise di Appello di Catania in data 6 ottobre 1998 (sentenza della Corte
di Assise di Catania del 13 luglio 1997), irrevocabile l’otto novembre 1999, e di
conseguenza ha determinato l’aumento, a titolo di continuazione sulla pena di
cui alla predetta sentenza, per il CINTORINO in anni due e mesi sei di reclusione
ed euro seicento di multa e per lo STRANO in anni due di reclusione ed euro
seicento di multa.
4.

Hanno proposto ricorso CINTORINO e STRANO, con atto sottoscritto dal

difensore, deducendo con un unico motivo la violazione di legge in relazione agli
artt. 50 cod. proc. pen., 81 cod. pen. e 649 cod. proc. pen.

2

RITENUTO IN FATTO

Nel giudizio di appello di rinvio era stata eccepita la preclusione da precedente
giudicato, poiché il GUP di Catania, con sentenze del 30 giugno 2011 (per il
CINTORINO) e del 20 dicembre 2010 (per lo STRANO), all’esito di procedimenti
nei quali entrambi erano imputati di associazione per delinquere di stampo
mafioso, aveva ritenuto la continuazione con la sentenza del 13 luglio 1997 della
Corte d’Assise di Catania, nell’ambito della quale i predetti erano imputati, tra

La Corte territoriale avrebbe ritenuto non operante la invocata preclusione sulla
scorta di una erronea interpretazione delle norme di riferimento. Nella sentenza
impugnata la Corte ha dedotto che dalla mancanza di individuazione del dies a

quo nel procedimento definito con le prefate sentenze del GUP di Catania
dovesse conseguire che la data iniziale “non può essere successiva al dicembre
1999, visto che, a tale ultima data, risalgono i fatti oggetto del presente
processo”.
Secondo i ricorrenti tale deduzione sarebbe violatrice delle norme relative
all’esercizio dell’azione penale, nonché illegittima perché contrastante con la

ratio del reato continuato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, di conseguenza, non meritevole di accoglimento.
Questo collegio ben sa che è deducibile nel giudizio di cassazione la preclusione
derivante dal giudicato formatosi sul medesimo fatto, atteso che la violazione del
divieto del “bis in idem” si risolve in un “error in procedendo” che, in quanto tale,
consente al giudice di legittimità l’accertamento di fatto dei relativi presupposti
(Sez. 2, n. 33720 del 08/07/2014, Nerini, Rv. 260346; Sez. 6, n. 44632 del
31/10/2013, Pironti, Rv. 257809; Sez. 6, n. 14991 del 30/01/2013, Barbato e
altri, Rv. 256221).
Va detto tuttavia che nel caso di specie, così come si è già evidenziato, la
sentenza impugnata è stata emessa in sede di rinvio dopo annullamento parziale
pronunziato dalla prima Sezione di questa Corte solo con riferimento all’omesso
riconoscimento della continuazione tra il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. e
quello analogo giudicato con la sentenza della Corte d’Assise di Catania n. 12 del
1997, che aveva condannato il CINTORINO e lo STRANO anche per associazione
di stampo mafioso.
E’ evidente allora che in punto di affermazione di responsabilità si è formato il
giudicato, sicché bene ha fatto la Corte territoriale a non ritenere operante

3

l’altro, del reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., commesso fino al febbraio 1995.

l’eccepita preclusione che sarebbe, secondo i ricorrenti, derivante dal giudicato
formatosi sul medesimo fatto.
E’ insomma operante nel caso in esame il principio della formazione progressiva
del giudicato, che si forma, in conseguenza del giudizio della Corte di cassazione
di parziale annullamento dei capi della sentenza e dei punti della decisione
impugnati, su quelle statuizioni suscettibili di autonoma considerazione, quale

che diventano non più suscettibili di ulteriore riesame in sede di cognizione (si
vedano, ex multis, Sez. 6, n. 45900 del 16/10/2013, Di Bella, Rv. 257464; Sez.
2, n. 44949 del 17/10/2013, Abenavoli, Rv. 257314; Sez. 1, n. 15949 del
21/02/2013, Antonacci, Rv. 256255).
Da tempo questa Corte ha avuto modo di affermare: che il giudicato può avere
una formazione non simultanea, bensì progressiva, sia quando una sentenza di
annullamento parziale venga pronunciata nel processo cumulativo e riguardi solo
alcuni degli imputati ovvero alcune delle imputazioni, sia quando detta pronuncia
abbia ad oggetto una o più statuizioni relative ad un solo imputato e ad un solo
capo di imputazione; che anche in tal caso il giudizio si esaurisce in relazione a
tutte le disposizioni non annullate; che, conseguentemente, la competente
autorità giudiziaria può legittimamente porre in esecuzione il titolo penale per la
parte divenuta irrevocabile, nonostante il processo, in conseguenza
dell’annullamento parziale, debba proseguire in sede di rinvio per la nuova
decisione sui capi annullati (Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, Vitale, Rv. 206170).
Ovviamente, nel caso in esame, ove ne sussistano i presupposti (la cui analisi,
per le ragioni sopra evidenziate, è preclusa a questo collegio), la questione del
precedente giudicato potrebbe essere dedotta in sede di esecuzione (art. 669
cod. proc. pen).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2015
Il consi ere estensore

quella relativa all’accertamento della responsabilità in merito al reato ascritto,

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