Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19548 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19548 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bianco Cesare, nato a Casal di Principe il 21/03/1968

avverso l’ordinanza del 06/03/2012 della Corte di Appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo declaratoria di
inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 6 marzo 2012 la Corte d’Appello di Napoli,
confermando l’analogo provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere, ha disposto che Cesare Bianco rimanesse sottoposto alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di
residenza per la durata di anni tre e mesi sei, perché ritenuto socialmente

Data Udienza: 29/01/2014

pericoloso in quanto inserito nell’associazione camorristica denominata «clan dei
Casalesi»; ha confermato, altresì, la confisca della quota indivisa di un terzo di
un appezzamento di terreno in Casal di Principe e della annessa villa a tre piani,
intestata alla di lui moglie Sara Botta.
1.1. Nella motivazione ha osservato quel collegio che, sotto il profilo
personale, l’appartenenza del Bianco al consorzio malavitoso poteva essere
desunta dai suoi precedenti penali per associazione a delinquere di tipo
camorristico, estorsione, detenzione e porto d’armi ed altro; che, in aggiunta,

aggravata ex art. 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203; nonché una serie di controlli in
compagnia di pregiudicati per reati gravissimi e la pendenza di un procedimento
penale per reati in materia di armi. Sotto il profilo patrimoniale ha valorizzato la
sproporzione fra i redditi familiari dichiarati come di lecita provenienza e le spese
sostenute per la realizzazione della lussuosa villa adibita ad abitazione.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Bianco, affidandolo a un solo motivo
articolato in due censure.
2.1. Con la prima di tali censure il ricorrente deduce carenza di motivazione
in ordine ai presupposti per l’applicabilità della misura personale, lamentando
che la Corte d’Appello si sia limitata a recepire per relationem le argomentazioni
svolte nel decreto del Tribunale, senza esplicitare le ragioni della propria
adesione e, in particolare, il significato allarmante attribuito all’imputazione di
estorsione aggravata.
2.2. Con la seconda censura ancora denuncia l’appiattimento della Corte
d’Appello sulla motivazione addotta dal Tribunale e l’omessa confutazione delle
ragioni esposte nell’atto di appello, con particolare riguardo alla compatibilità
della capacità patrimoniale del nucleo familiare rispetto al valore effettivo
dell’immobile, che assume costruito «in economia».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in entrambe le sue articolazioni.

2. È noto che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è
ammesso soltanto per violazione di legge, in virtù di quanto disposto dall’art. 4,
comma undicesimo, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, la cui area di
operatività è estesa ai casi di pericolosità qualificata ai sensi dell’art.

3-ter,

comma secondo, della legge 31 maggio 1965, n. 575. Nello stesso senso dispone

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andava valutato il fermo disposto a suo carico per un reato di estorsione

lo ius superveniens introdotto dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il cui articolo
10, dettato per le misure personali, è richiamato per quelle patrimoniali dal
successivo art. 27, comma 2.
La giurisprudenza di legittimità, per vero, ha riconosciuto doversi ricondurre
al vizio di violazione di legge quei casi in cui la motivazione sia del tutto carente
(Sez. 6, n. 35044 del 08/03/2007, Bruno, Rv. 237277) o caratterizzata da
enunciazioni talmente apodittiche e prive di costrutto logico, da rivelarsi soltanto
apparente (Sez. 6, n. 15107/04 del 17/12/2003, Criaco, Rv. 229305). Ma le

2.1. Ed invero, per quanto riguarda il profilo personale, la Corte d’Appello,
lungi dal limitarsi a un mero richiamo per relationem alla motivazione del decreto
di primo grado, ha preso espressamente in considerazione non soltanto i
precedenti penali del Bianco per associazione di tipo mafioso (di per sé sufficienti
ad attestarne la pericolosità sociale, in assenza della prova di una successiva
rescissione del vincolo associativo: Sez. 2, n. 3809 del 15/01/2013, Castello, Rv.
254512), ma anche gli ulteriori elementi desumibili dalle allarmanti condotte
oggetto di indagine giudiziaria, a seguito del fermo per estorsione aggravata ex
art. 7 d.l. 152/1991, dalla frequentazione di pregiudicati per reati gravissimi e
dalla confermata condanna in sede di rinvio per reati in materia di armi.
Ciò è quanto basta perché possa ravvisarsi la presenza di una motivazione
concreta e tutt’altro che apparente; né, del resto, è dato rinvenire nel ricorso
l’indicazione di carenze argomentative su temi specifici, al di là della generica
doglianza per omessa confutazione dei motivi di appello.
2.2. Per quanto riguarda il profilo patrimoniale, la Corte d’Appello ha
sottoposto a disamina in chiave critica la relazione redatta dal consulente tecnico
della difesa, sia nella parte riguardante le disponibilità economiche dalla famiglia
Bianco, sia nella parte dedicata alla valutazione dei costi di costruzione della villa
intestata alla moglie del ricorrente; ha rilevato che Cesare Bianco risultava aver
lavorato in modo saltuario dal 1992 al 1996, non aveva espletato attività
lavorativa dal 1996 al 2000 e aveva poi lavorato negli anni 2000 e 2001, durante
la detenzione in carcere: così realizzando dei redditi molto modesti, insufficienti
a far sostenere gli esborsi necessari alla costruzione della villa, pur alla stregua
della valutazione fornita dal c.t. di parte. Nella motivazione dell’ordinanza sono
anche esposte le ragioni per cui la Corte non ha dato credito all’affermazione, del
tutto indimostrata, che il fabbricato fosse stato realizzato «in economia».
Alla luce di tale diffuso argomentare, protrattosi per ben otto pagine
dell’ordinanza, non può certamente sostenersi che il giudice di merito abbia
omesso di esplicitare le ragioni del proprio convincimento in ordine alla
sproporzione fra le disponibilità reddituali del Bianco e le spese sostenute per la

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cennate ipotesi non trovano riscontro nel caso di specie.

costruzione della villa; ed anche a questo proposito va rimarcato come sia
mancante nel ricorso l’indicazione di specifiche lacune, salvo la denuncia manifestamente infondata, per quanto dianzi osservato – di omessa confutazione
della deduzione riguardante la costruzione «in economia».

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di
cui all’art. 616 cod. proc. pen..

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 29/01/2014.

P.Q.M.

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