Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19546 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19546 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Di Matteo Stefano, nato a Genova il 18/09/1972

avverso la sentenza del 21/10/2013 della Corte d’Appello di Genova

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Maria Carla Vecchi in sostituzione dell’avv. Andrea
Vernazza, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del
Tribunale di Genova del 14/07/2011, veniva confermata l’affermazione di
responsabilità di Stefano Di Matteo per il reato continuato di cui ali artt. 216 e
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Data Udienza: 27/03/2014

223 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, 10-bis e 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74,
commesso quale amministratore di fatto della Professional Service s.r.I.,
dichiarata fallita in Genova il 07/02/2008, in concorso con l’amministratore unico
Edgard Aurelio Cazanas Gomez,
1.1. appropriandosi della somma di C. 42.210 (capo A2);
1.2. tenendo le scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del
patrimonio e del movimento degli affari della fallita, in particolare indicandovi per
l’anno 2008 la riduzione di un credito nei confronti della Professional Clean s.r.I.,

Matteo, per effetto di un inesistente pagamento per cassa di C. 143.648,
diminuendo l’apparente consistenza del conto cassa con giroconti verso il conto
«crediti diversi», registrando in quest’ultimo importi non corrispondenti a crediti
effettivi fino ad un valore complessivo del conto pari ad C. 547.000 e stipulando
il 15/12/2004 un contratto di subappalto con la Professional Clean, nel quale
erano simulatamente previsti a favore della Professional Service corrispettivi
corrispondenti ai valori di mercato (capo A3);
1.3. cagionando il fallimento della Professional Service con l’emissione di
fatture per importi inferiori a quelli previsti dal citato contratto con la
Professional Clean e tali da coprire unicamente le retribuzioni dei dipendenti, e la
conseguente dissipazione delle risorse della fallita in favore della Professional
Clean (capo Al);
1.4. omettendo di versare nel termine previsto ritenute risultanti dalle
certificazioni rilasciate ai sostituti di imposta per C. 79.613 nell’anno 2005 (capo
B);
1.5. omettendo di versare nel termine previsto l’imposta sul valore aggiunto
di C. 149.332 dovuta per l’anno 2005 (capo C).
2. La sentenza di primo grado veniva riformata con la declaratoria di
estinzione per prescrizione del contestato reato di omesso versamento di
ritenute previdenziali, e la conseguente rideterminazione della pena in anni tre,
mesi cinque e giorni dieci di reclusione, confermandosi la condanna dell’imputato
al risarcimento dei danni in favore della parte civile Fallimento Professional
Service.
3. L’imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
3.1. Sulla ritenuta posizione di amministratore di fatto dell’imputato, il
ricorrente deduce violazione di legge rispetto allo svolgimento da parte del Di
Matteo, sia nella Professional Clean che nella fallita Professional Service, di mere
funzioni di direttore tecnico addetto al coordinamento ed al controllo del
personale, mentre quelle amministrative e gestionali erano esercitate nella prima
società dalla madre dell’imputato e socia di maggioranza Leda Del nono, e nella
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detenuta al 98% ed amministrata fino al marzo del 2004 dal padre Antonio Di

seconda dal Cazanas Gomez. Lamenta altresì mancanza di motivazione, nel
mero richiamo alla sentenza di primo grado, rispetto agli ulteriori elementi
indicati dalla difesa come contrastanti con l’esercizio da parte dell’imputato di
funzioni amministrative, quali il riferirsi i dipendenti allo stesso esclusivamente
nella sua posizione di direttore tecnico, la percezione di uno stipendio fisso
mensile, la mancanza di delega ad operare sui conti correnti bancari della società
e la presenza di amministratori di diritto che non figuravano come meri
prestanome. Deduce infine contraddittorietà delle conclusioni dei giudici di

dalla Professional Clean per eludere la normativa sulle contribuzioni previdenziali
stornando sulla prima i costi del personale, con i rilievi dell’Agenzia delle Entrate
sull’autonomia della fallita rispetto alla Professional Clean, l’essersi quest’ultima
accollata i debiti previdenziali della Professional Service e i rapporti di lavoro dei
dipendenti della stessa dopo il fallimento, l’intervallo temporale di cinque mesi
intercorso dalla costituzione della Professional Service alla stipula del contratto di
subappalto e la presenza di clienti rispettivamente propri delle due società.
3.2. Sulla sussistenza dei reati di bancarotta, il ricorrente deduce
contraddittorietà della motivazione con gli elementi indicati al punto precedente
in ordine al ritenuto progetto di creazione della Professional Service come società
di comodo.
3.3. Sull’affermazione di responsabilità per i reati tributari, il ricorrente
deduce violazione di legge nella parificazione a questi fini della posizione
dell’amministratore di fatto a quella dell’amministratore di diritto, in mancanza di
prova della consapevolezza dell’imputato in ordine all’inadempimento degli
obblighi fiscali da parte di quest’ultimo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi proposti sulla ritenuta posizione di amministratore di fatto
dell’imputato sono infondati.
Nessuna violazione di legge è in primo luogo ravvisabile per il fatto che
all’imputato fosse attribuita, nell’ambito della fallita, la formale veste di direttore
tecnico, nel momento in cui la motivazione della sentenza impugnata veniva
articolata nel senso del sovrapporsi, a tale posizione per l’appunto formale, di
quella sostanziale di amministratore di fatto.
Determinante a questo proposito, nel percorso argomentativo della Corte
territoriale, era la ricostruzione dei rapporti fra la fallita Professional Service e la
Professional Clean; per la quale la prima, legata fin dall’origine alla Professional
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merito, per le quali la Professional Service sarebbe stata creata strumentalmente

Clean in quanto costituita dal Cazanas Gomez e dal figlio, precedentemente
dipendenti di quest’ultima, assumeva la maggior parte del personale della
Professional Clean e, dopo aver stipulato con la stessa un contratto di subappalto
che prevedeva l’esecuzione dei lavori dei quali la Professional Clean si fosse
aggiudicata l’appalto, riceveva di fatto per detti lavori un corrispettivo appena
sufficiente al pagamento delle retribuzioni dei dipendenti, con esclusione dei
relativi oneri accessori. Coerentemente i giudici di merito concludevano che la
Professional Clean fosse stata costituita al solo scopo di stornare sulla stessa i

ravvisabile la dedotta contraddittorietà, rispetto a tali conclusioni, delle
circostanze relative al tempo intercorso fra la costituzione della Professional
Service e la stipula del contratto di subappalto ed alla presenza di clienti propri
delle due società, non incompatibili con il progetto descritto, e dell’accollo dei
debiti previdenziali e dei rapporti di lavoro della fallita da parte della Professional
Clean, intervenuto solo dopo il fallimento.
Altrettanto logica è l’ulteriore conclusione per la quale l’imputato, presente
nella struttura della Professional Service e figlio di coloro che assumevano in
successione la carica di amministratore unico della Professional Clean, fosse
coinvolto nelle finalità che avevano portato alla costituzione della fallita e quindi
nella gestione amministrativa della stessa. Ma a ciò la Corte territoriale
aggiungeva riferimenti ad elementi testimoniali specifici in tal senso, quali in
particolare le dichiarazioni della dipendente della Professional Clean Marina
Monteleone, la quale riferiva che l’amministratore di diritto Cazanas Gomez
eseguiva solo lavori materiali e che per qualsiasi problema si rivolgeva
all’imputato; della dipendente della fallita Luciana Della Latta, che attribuiva la
sua assunzione all’imputato ed affermava di aver parlato con lo stesso per
qualsiasi necessità; e del professionista incaricato di seguire la contabilità della
fallita, Raffaele Malavasi, il quale confermava che l’imputato si presentava con il
Cazanas Gomez per la costituzione della società e di seguito era comunque la
persona alla quale egli faceva riferimento.
A fronte di queste considerazioni, risultano generici i rilievi del ricorrente,
per i quali i testi si sarebbero rivolti all’imputato nelle sue funzioni di direttore
tecnico addetto unicamente al controllo del personale, dalle quali esulano
comportamenti quali la decisione sulle assunzioni e i rapporti con altre società e
con il professionista incaricato. Sono poi infondate le doglianze di mancanza di
motivazione su elementi asseritamente contrastanti con la posizione di
amministratore di fatto, come la percezione di uno stipendio o la mancanza di
delega ad operare sui conti correnti bancari; che nella sentenza impugnata
venivano invece valutati e ritenuti correttamente irrilevanti rispetto ad una
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costi del personale, ad esclusivo vantaggio della Professional Clean. Né è

posizione di amministratore di fatto che in quanto tale prescinde da dati formali.
Ed altrettanto irrilevante è la presenza in entrambe le società interessate di
amministratori di diritto, con i quali l’amministratore di fatto può senz’altro
concorrere (Sez. 5, n. 8695 del 18/02/2002, Coiante, Rv. 220930; Sez. 5, n.
853 del 12/12/2005 (12/01/2006), Procacci, Rv. 233758; Sez. 5, n. 11938 del
09/02/2010, Mortillaro, Rv. 246897).

2. Le considerazioni che precedono evidenziano altresì l’infondatezza del

ricorrente sul punto si fondano invero sugli elementi asseritamente contrastanti
con il progetto di creazione della Professional Sei -vice quale società di comodo,
finalizzato ad avvantaggiare indebitamente la Professional Clean, dei quali si è
evidenziata viceversa la compatibilità con tale progetto.

3. Il motivo proposto sull’affermazione di responsabilità dell’imputato per i
reati tributari è infondato.
Insussistente è invero la dedotta violazione di legge nella parificazione,
anche per i reati in esame, della posizione dell’amministratore di fatto a quella
dell’amministratore di diritto; laddove nella sentenza impugnata si osservava
correttamente come il primo assuma tutti gli obblighi propri del secondo (Sez. 5,
n. 7203 dell’11/01.2008, Salamida, Rv.239040; Sez. 5, n. 15065 del
02/03/2011, Guadagnoli, Rv. 250094; Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Assello,
Rv. 250844), ivi compresi quelli tributari, rispetto al cui adempimento incombono
anche sull’amministratore di fatto i doveri di controllo dalla cui violazione deriva
responsabilità ai sensi dell’art. 40, comma secondo, cod. pen. (Sez. 3, n. 23425
del 28/04/2011, Ceravolo, Rv. 250962). Non senza considerare che la
motivazione sulla consapevolezza di tali violazioni da parte dell’imputato era
implicita nelle considerazioni precedentemente riportate in ordine alle finalità di
vantaggio per la Professional Clean, alla cui compagine gestionale il Di Matteo
era legato da rapporti anche strettamente parentali, per le quali la Professional
Clean era stata costituita, a cui le infrazioni tributarie erano evidentemente
inerenti.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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motivo proposto sulla sussistenza dei reati di bancarotta. Le censure del

Così deciso in Roma il 27/03/2014

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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