Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19538 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19538 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPANO’ GIUSEPPA N. IL 01/11/1938
avverso la sentenza n. 29/2009 TRIBUNALE di MESSINA, del
03/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
U e e ‘ III i . e r. _”R” ale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udsitc
—n-peritt-perte-civilt
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 31/01/2014

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Enrico Delehaye,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.

Il Tribunale di Messina, in composizione monocratica, con

sentenza del 3 ottobre 2012 , confermava la sentenza del locale Giudice
di Pace del 14 aprile 2009 con la quale Spanò Giuseppa era stata
condannata alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni, da
liquidarsi in separata sede in favore della costituita parte civile, per i

2. Avverso tale sentenza l’imputata, a mezzo del suo difensore, ha
proposto ricorso per Cassazione, con il quale, dopo aver dedotto “in via
preliminare e di assorbente valenza”, l’intervenuta prescrizione dei
contestati reati, lamenta la ricorrenza del vizio di motivazione cui all’art.
606 lett. e) c.p.p., atteso che il Tribunale di Messina avrebbe dovuto
tener conto dell’inattendibilità della minaccia rivolta da una donna
anziana, quale è l’imputata, nei confronti di un uomo ben più giovane e,
quindi, ritenere non integrato il reato di cui all’art. 612 c.p., non essendo
stato ingenerato “timore” nel destinatario dell’offesa; inoltre, avrebbe
dovuto ritenere integrata l’ipotesi di cui all’art. 599/1 c.p., ricorrendo la
reciprocità delle offese, essendo stata l’imputata, a sua volta, ingiuriata
dal Cosenza e dalla Stagni, sua moglie, come si evince dalla querela
sporta nei confronti di quest’ultima, nonché della provocazione, posto
che i dialoghi tra le parti erano stati registrati, a dimostrazione della
predisposizione dell’ “organizzazione” del contesto nel quale si sono svolti
i fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’eccezione preliminare dell’imputata di intervenuta prescrizione di
entrambi i reati a lei ascritti è fondata, essendo maturato, alla data
odierna, il termine di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei,
decorrente dal 23 giugno 2005.
2. Non ricorrono dagli atti in modo evidente ed assolutamente non
contestabile ragioni di proscioglimento dell’imputata ai sensi dell’art.
129/2 c.p.p., alla luce della regola di giudizio posta dal secondo comma
dell’art. 129 c.p.p., in virtù della quale il giudice è legittimato a
pronunciare sentenza di assoluzione, a norma dell’art. 129 comma 2
c.p.p., soltanto nel caso in cui le circostanze idonee ad escludere
l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato
e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non
contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al
I

reati di ingiuria e minaccia nei confronti di Cosenza Giuseppe.

riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di
percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi
incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di
approfondimento (Sez. III, n.10221 del 24/01/2013).
3.

L’intervenuta estinzione dei reati per prescrizione

impone,

comunque, la valutazione del motivo di ricorso proposto dall’imputata, in
considerazione degli effetti civili derivanti dalla pronuncia impugnata. La
previsione, infatti, di cui all’art. 578 – per la quale il giudice di appello o

del reato per cui sia intervenuta in primo grado condanna, sono tenuti a
decidere sull’ impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capì della
sentenza che concernono gli interessi civili- comporta che i motivi di
impugnazione dell’imputato devono essere esaminati compiutamente, non
potendosi dare conferma alla condanna (anche solo generica) al
risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza,
secondo quanto previsto dall’art. 129 c.p.p., comma 2 (Sez. V n. 5764 del
7.12.2012).
4. Devono ritenersi infondate, ai limiti dell’inammissibilità, le dogiidi ize
dell’imputata circa i vizi motivazionali della sentenza impugnata. In realtà
la ricorrente ripropone le stesse doglianze contenute nell’atto di appello in relazione alle quali il Tribunale ha fornito congrua e logica motivazione
circa la loro infondatezza- senza addurre ,in questa sede ,significativi
elementi a confutazione delle argomentazioni contenute nella sentenza
impugnata. Ed invero, per quanto concerne la ricorrenza del delitto di
minaccia, il giudice d’appello ha correttamente evidenziato come la
prospettazione di lesioni gravi, ipotizzando anche l’uso di arma da taglio
(” ti infilo un coltello nella pancia”), determini l’oggettività della minaccia.
La minaccia è reato di pericolo, per la cui integrazione non è richiesto che
il bene tutelato sia realmente leso mediante l’incussione di timore nella
vittima. È sufficiente, invece, che il male prospettato sia idoneo a incutere
timore nel soggetto passivo, menomandone, per ciò solo, la sfera della
libertà morale, non richiedendosi che ne consegua l’intimidazione effettiva
(Sez. V, 20/02/2013, n. 29383; Sez. V, 12/04/2012, n. 30306).
La circostanza, pertanto, che l’imputata fosse più anziana del soggetto
destinatario della minaccia non appare particolarmente significativa, in
considerazione appunto dell’oggettiva portata della frase intimidatoria.

2

quello di legittimità, che dichiarino l’estinzione per amnistia o prescrizione

5. Del pari infondate si presentano le doglianze della ricorrente circa il
vizio motivazionale in ordine alla configurazione delle ipotesi di cui al
primo e secondo comma dell’art. 599 c.p..
Ed invero, il giudice d’appello, con argomentazioni congrue e prive di
illogicità, ha dato conto del fatto che non avrebbe potuto nella fattispecie
ravvisarsi la causa di non punibilità di cui al primo comma, non
risultando provata la reciprocità delle ingiurie, posto che, da un lato,
dalle acquisizioni dibattimentali, è emerso che l’imputata si è rivolta con

che il Cosenza abbia anch’egli rivolto alla Spanò espressioni ingiuriose T!
fatto che l’imputata fosse stata, a sua volta, destinataria di ingiurie da
parte dei coniugi Cosenza/Stagni, come da querela presentata dalla
medesima, non induce a ritenere automaticamente sussistente l’ipotesi di
cui al primo comma dell’art. 599 c.c.. Per la sussistenza dell’esimente
della reciprocità, sebbene non sia necessario un rapporto di immediatezza
delle accuse, è pur sempre necessario un evidente nesso di dipendenza,
nel senso che il secondo offensore offende solo perché il primo ha
precedentemente offeso (Sez. 4, n. 1177 del 13/01/2000), nesso di
dipendenza che nel caso di specie non è emerso.
Per quanto concerne, poi, la configurabilità dell’esimente della
provocazione, di cui al secondo comma dell’art. 599 c.p., pure invocata
dall’imputata, nella sentenza impugnata con ragionamento corretto,
immune da censure, è stata esclusa la possibilità di configurarla, posto
che le circostanze !abilmente dedotte dall’imputata (provenienza di rumori
insopportabili dall’abitazione del Cosenza specie in orari notturni) non
erano congruenti con il momento in cui si è verificato il fatto delittuoso, di
pomeriggio e non in serata, e, comunque, dall’avvenuta registrazione
della conversazione non può certo desumersi la provocazione. Giova
all’uopo richiamare il principio affermato da questa Corte, secondo cui per
l’applicazione dell’esimente della provocazione, la reazione deve essere
conseguenza di un fatto che per la sua intrinseca illegittimità o per la sua
contrarietà alle norme del vivere civile, abbia in sé la potenzialità di
suscitare un giustificato turbamento nell’animo dell’agente (Sez. V, n.
40344 del 30/04/2013).
6. La sentenza impugnata va, dunque, annullata agli effetti penali, per
essere i reati estinti per prescrizione, laddove il ricorso va rigettato agli
effetti civili.
p.q.m.

3

frasi offensive nei confronti del Cosenza, mentre, dall’altro, non è emerso

annulla la sentenza impugnata agli effetti penali perché i reati sono
estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.

Così deciso il 31.1.2014

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