Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19534 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19534 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PILLONI PIETRO N. IL 11/11/1946
PESCATORI DIEGO N. IL 04/09/1987
avverso la sentenza n. 5003/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
17/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso peri (
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Udito, per la parte civile, l’A
Udit ibifensotAvv.\1 0A,
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Data Udienza: 30/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 17.12.12 la Corte di Appello di Roma,confermava a carico di
Risa Giuseppe,PILLONI Pietro e PESCATORI Diego la sentenza emessa dal
responsabili del delitto di cui agli artt.110-56-605 CP e del delitto di cui agli artt.110582-585-576-61 n.2 CP. commessi in danno di De DONNO Romolo,che era stato
circondato ,dai predetti imputati ,che avevano agito in concorso con altro individuo
rimasto ignoto,e trascinato verso l’autovettura di proprietà del Pescatori,così
precludendogli di recarsi nel proprio ufficio,e poi era stato aggredito dagli stessi,per
costringerlo ad entrare nell’autovettura degli imputati;l’azione diretta a privare il De
Donno della libertà personale,non si era perfezionata per la reazione della vittima,che
era riuscita a divincolarsi,e per l’intervento dei Carabinieri-Il De Donno aveva
riportato lesioni personali,giudicate guaribili in giorni venti.
Al Pilloni risultava addebitato anche il reato di cui agli artt.110-610,61 n.2 CP per
avere,in concorso con altro individuo rimasto ignoto,a1 fine di commettere il reato di
cui al capo AXart.110-56-605 CP)-costretto il DI DONNO a rifugiarsi presso il suo
ufficio,cercando di rompere la porta,nonché impedendogli di chiudere la
serranda,bloccandola con un cacciavite-fatto acc.in data 30.1.2012Per tali reati era stata inflitta al Risa ed al PILLONI la pena di anni uno e mesi tre di
reclusione ciascuno,mentre al PESCATORI,che era stato assolto dal reato di violenza
privata,era stata inflitta con le generiche,ed esclusa la recidiva,la pena di mesi sei di
reclusioneInoltre vi era stata condanna al risarcimento del danno a favore della costituita parte
civile,alla quale era stata assegnata la provvisionale di €5.000,00-

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Tribunale di Roma,in data 16.3.2012 ,con la quale gli imputati erano stati dichiarati

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di PILLONI
Pietro,deducendo:
– l -mancanza o illogicità della motivazione,in riferimento alla applicazione degli
arte.56-605 CP.
Nella specie la difesa sosteneva che potesse trovare applicazione la diversa ipotesi di
motivazione considerata dal ricorrente del tutto carente,non essendo state valutate le
deduzioni difensive circa l’assenza di dolo dell’imputato,quanto al delitto di
sequestro di persona.
Evidenziava al riguardo che il ricorrente vantava un credito nei confronti del Di
Donno,come emerso in dibattimento,e che egli aveva agito allo scopo di “trattare”
con la persona offesa sull’argomento.
In tal senso la difesa riteneva che sussistessero i presupposti per l’applicazione
dell’art.393 CP. e censurava la motivazione come carente in merito alla
qualificazione giuridica del fatto.
2-deduceva altresì la mancanza o illogicità della motivazione ,sostenendo che erano
carenti le prove del delitto di lesioni ascritte ex art.582-585 CPA riguardo evidenziava che la persona offesa aveva presentato un certificato medico
redatto a distanza di sette giorni dall’evento,e che sul punto la motivazione della
sentenza risultava illogica,non essendo credibile che a seguito di un grave fatto lesivo
l’interessato avesse fatto ricorso alle cure mediche con ritardoDa ciò la difesa desumeva il dubbio circa la attendibilità della documentazione
attestante una prognosi di giorni venti.
In conclusione rilevava che la motivazione della sentenza risultava carente e ne
chiedeva l’annullamento.
Altro ricorso veniva proposto dal difensore di PESCATORI Diego,deducendo:
1-la nullità,ex art.606 lett.B) ed E) CPP.
A riguardo la difesa censurava la decisione contrastando l’accusa per il delitto di
sequestro di persona e le lesioni,con il rilievo che l’imputato si era recato con la
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reato prevista dall’art.393 CP.,che era stata esclusa dalla Corte territoriale,con una

propria autovettura sul posto unicamente per accompagnare ivi il Risa ed il Pilloni
che ne erano privi,e,in ogni caso,non era consapevole delle intenzioni degli altri
imputati.
In subordine la difesa riteneva sussistenti i presupposti per applicare la disposizione
dell’art.116 CP.,evidenziando che l’imputato si era immediatamente allontanato dal
2-nullità per difetto di motivazione in merito alla mancata concessione del beneficio
della sospensione condizionale della pena.
RILEVA IN DIRITTO
I ricorsi risultano inammissibili.
Per quanto riguarda il ricorso nell’interesse di PILLONI Pietro,va evidenziata
l’inammissibilità del primo motivo,che censura l’erronea applicazione della ipotesi di
tentativo di sequestro di persona ,sostenendo che nella specie avrebbe dovuto trovare
applicazione la diversa ipotesi di cui all’art.393 CP.
Tale censura è meramente ripetitiva di quella prospettata in grado di appello,che
risulta rettamente disattesa dal giudice dell’impugnazione,atteso che,secondo i canoni
giurisprudenziali di questa Corte,i1 reato di sequestro di persona può concorrere con
quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando l’agente sia mosso da fine
di esercitare un preteso diritto e commetta il primo per eseguire il
secondo. (Cass. Sez.V,n.973 l del 3.3 .2009-RV243020)Parimenti si rivelano inammissibili,in quanto meramente ripetitive le ulteriori censure
mosse dalla difesa dell’imputato,in ordine alla pretesa illogicità della
motivazione,essendo essa riferita pur sempre alla dedotta esistenza di un preteso
diritto di credito del prevenuto verso la persona offesa.
2-Ugualmente devono ritenersi inammissibili,perché manifestamente infondate,le
deduzioni del ricorrente riferite alla imputazione di concorso nelle lesioni subite dalla
costituita parte civile,essendo al riguardo prospettata la generica inattendibilità della
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luogo in cui si era verificato il fatto,lasciando i due coimputati sul posto.

documentazione sanitaria ,in base alla circostanza che il certificato attestante le patite
lesioni risulta redatto a distanza di alcuni giorni dal verificarsi del fatto.
Su tale elemento la Corte territoriale ha reso adeguata e logica motivazione a fl.7 del
provvedimento impugnato,rendendo evidente la valutazione di compatibilità delle
lesioni riscontrate con la dinamica della condotta illecita,e l’assenza di elementi di

-Quanto al ricorso proposto nell’interesse del PESCATORI devono ritenersi
inammissibili le deduzioni con le quali la difesa prospetta l’assenza dei presupposti
per l’applicazione dell’art.110 CP e la ricorrenza,a1 più,dell’ipotesi di un concorso ai
sensi dell’art.116 CP.nella condotta contestata.
Trattasi di motivi del tutto generici e ripetitivi della tesi formulata in grado di
appello,sostenendo che l’imputato si sarebbe limitato ad accompagnare gli altri
soggetti coimputati sul luogo ove si verificò l’episodio delittuoso;tale tesi,che viene
formulata con argomentazioni di puro fatto,risulta essere stata specificamente
valutata e puntualmente disattesa dai giudici di merito con congrua e logica
motivazione,a f1.10 della motivazione;peraltro si desume dalla motivazione la
corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte,in riferimento al concorso
morale ,ove viene annoverata sentenza Sez.II,n.40420 in data 8.10.2008-RV2418712-Ugualmente inammissibile risulta la censura attinente alla mancanza di
motivazione sul diniego di concessione del beneficio della sospensionee condizionale
della pena.
Sul punto va evidenziato che il giudice di primo grado aveva reso specifica
motivazione sulla insussistenza dei presupposti di legge(evidenziando sia l’esistenza
di un precedente penale,che la prognosi negativa derivante dalle modalità della
condotta realizzata in concorso con altri soggetti pregiudicati);d’altra parte il giudice
di appello,ha condiviso tale valutazione negativa,con congrua motivazione,a fl.11
della sentenza impugnata.

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segno contrario ; pertanto il motivo di gravame sul punto deve ritenersi ripetitivo.

In conclusione si deve dunque osservare che le deduzioni dei ricorrenti appaiono
meramente ripetitive di quelle articolate in grado di appello,mentre la sentenza
impugnata si rivela del tutto adeguatamente motivata,disattendendo puntualmente i
motivi di gravame.
Si impone pertanto la pronuncia di inammissibilità dei ricorsi,e ciascun ricorrente va
di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende,e alla rifusione-in via solidaledelle spese sostenute nel grado dalla parte civile,che si liquidano in complessivi euro
1.500,00 oltre accessori di leggePQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende,nonché ,in solido,a1
rimborso delle spese sostenute nel grado dalla Pare civile che liquida in euro
1.500,00,oltre accessoriRoma,deciso in data 30 gennaio 2014.
Il Consigliere relatore

condannato al pagamento delle spese processuali,nonché al versamento della somma

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