Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19531 del 04/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19531 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Asile Ciro, nato il 21 agosto 1968
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 27 gennaio 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Vito
D’Arnbrosio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata,
limitatamente alla pena, e per il rigetto del ricorso nel resto;
udito il difensore, avv. Cinzia Passero.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 04/02/2015

1. — Con sentenza del 27 gennaio 2014, la Corte d’appello di Napoli ha
confermato, quanto alla responsabilità penale, la sentenza del Gip del Tribunale di
Napoli del 3 ottobre 2013, resa a seguito di giudizio abbreviato, con la quale
l’imputato era stato condannato, per diversi episodi di detenzione e spaccio di hashish,
commessi in concorso con un soggetto non identificato e in esecuzione di un
medesimo disegno criminoso (artt. 81, secondo comma, 110 cod. pen., 73 del d.P.R.
n. 309 del 1990), ritenuta la recidiva reiterata e specifica, alla pena di anni 6 di
reclusione ed euro 30.000,00 di multa. La Corte d’appello, in parziale accoglimento del

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gravame dell’imputato, ha rideterminato la pena in anni cinque di reclusione ed euro
30.000,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, deducendo: 1) la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione,
quanto alla ritenuta responsabilità penale, perché la Corte di merito non avrebbe
tenuto conto dei motivi di appello; 2) l’erronea applicazione degli artt. 62 bis e 133
codice penale, perché la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscere le attenuanti

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato. Nondimeno, deve essere rilevata d’ufficio l’illegalità
della pena irrogata.
Il primo motivo di doglianza è inammissibile, sia perché formulato in maniera
del tutto generica, sia perché riferito alla responsabilità penale; profilo che non era
stato oggetto di impugnazione in sede di appello.
Quanto alla diminuzione della pena per le circostanze attenuanti generiche, la
relativa doglianza risulta formulata senza alcun riferimento critico alla motivazione
della sentenza impugnata, nella quale si dà correttamente conto della considerevole
gravità dei fatti e del collegamento dell’imputato con ambienti criminali, ampiamente
dimostrato da alcuni degli episodi accertati. Quanto alla pena, oggetto di una
doglianza anch’esso genericamente formulata, deve rilevarsi che la stessa è stata
rideterminata dalla Corte d’appello in anni cinque di reclusione ed euro 30.000,00 di
multa, partendo dalla pena base di anni sette mesi sei di reclusione ed euro 45.000,00
di multa. Nel determinare la pena base, la Corte d’appello non fa riferimento né alla
contestata recidiva reiterata specifica, né alla continuazione. E dalla lettura della
sentenza di primo grado emerge, del resto, che la recidiva è stata ritenuta equivalente
alle riconosciute circostanze attenuanti generiche. Ne consegue che la pena base alla

generiche nella loro massima estensione e diminuire la pena ulteriormente.

quale la Corte d’appello fa riferimento è stata determinata in misura superiore al
massimo.
Deve infatti rilevarsi che, dopo la pronuncia della sentenza impugnata e la
presentazione del ricorso, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2014 – in
accoglimento di una questione analoga a quella prospettata dall’odierno ricorrente
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, del decreto-legge n. 272 del
2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006, con la conseguenza
che lo spaccio e la detenzione di hashish risultano oggi sanzionate, in forza della più
favorevole disciplina previgente, con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da euro

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5164,00 a euro 77.468,00. Tale disciplina si applica anche alle condotte precedenti
alla pronuncia della richiamata sentenza della Corte costituzionale, con la
conseguenza – per il caso di specie – che la pena base di anni sette e mesi sei di
reclusione, sulla quale il giudice di primo grado ha applicato la diminuzione per il rito
abbreviato e le circostanze attenuanti generiche, risulta illegale, perché superiore al
massimo, fissato – come visto – in anni sei di reclusione, dal comma 4 dell’art. 73 del
d.P.R. n. 309 del 1990 nella formulazione attualmente vigente.

determinazione della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli,
perché proceda ad una nuova determinazione della stessa alla luce della disciplina
attualmente vigente. Il ricorso deve essere nel resto rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla pena, e rinvia ad altra
sezione della Corte d’appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2015.

4. – La sentenza impugnata deve essere dunque annullata, limitatamente alla

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