Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19529 del 17/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19529 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Salvatore Foti, nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 13/12/1987
avverso l’ordinanza del 22/05/2013 del Tribunale di Messina
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avv. Marco Clementi, in sostituzione dell’avv. Tommaso Calderone, che si
è riportato al ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Messina, con ordinanza del 22/05/2013, non ha accolto
l’appello proposto nell’interesse di Salvatore Foti, avverso l’ordinanza delle
14/03/2013, con la quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva respinto
la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere disposta nei
suoi confronti in relazione ai reati di cui all’art. 416 bis cod. pen., tentata
estorsione, lesioni volontarie e violenza privata.
2.

La difesa di Foti nel ricorso proposto deduce violazione della

disposizione incriminatrice e vizio di motivazione del provvedimento impugnato,
nella parte in cui ha sottovalutato la valenza del decorso del tempo
sull’attenuazioni delle esigenze cautelari, non considerando che era passato un
anno dall’applicazione della misura e che l’interessato era alla sua prima
esperienza carceraria e risultava immune da ulteriori pendenze giudiziarie,

Data Udienza: 17/04/2014

circostanze tutte che avrebbero imposto una rivisitazione nel merito della
valutazione delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per genericità.
2. Deve ricordarsi che nei confronti di Foti si procede per il reato di cui
all’art. 416 bis cod. pen, in relazione al quale vige una presunzione di

superabile esclusivamente con la deduzione di fatti, preesistenti o sopravvenuti,
che permettano di concludere nel senso dell’esclusione di tali esigenze.
Le circostanze allegate dalla difesa, nella loro genericità, nulla consentono
di dedurre con riferimento al superamento del vincolo associativo, la cui natura
permanente impone l’accertamento di persistenza, se non sia provato il
sopraggiungere di elementi idonei a dimostrane la recisione, poiché la
presunzione è vinta solo se siano acquisiti elementi tali da dimostrare in concreto
un consistente allontanamento del soggetto rispetto all’associazione (Sez. 6, n.
32412 del 27/06/2013 – dep. 24/07/2013, Cosentino, Rv. 255751),
dimostrazione che non risulta oggetto di alcuna specifica deduzione difensiva.
3. La genericità della deduzione impone di accertare l’inammissibilità del
ricorso, e per l’effetto di pronunciare la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo, in favore della
Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. roc. pen.
Lo stato di detenzione dell’interessato impone che, a cura della
Cancelleria, si provveda alle comunicazioni di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.
att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/04/2014.

sussistenza delle esigenze cautelari, e di adeguatezza della misura più afflittiva,

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