Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19528 del 17/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19528 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Salvatore Torcivia, nato a Palermo il 20/05/1970
avverso l’ordinanza del 02/01/2014 del Tribunale di Palermo
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 02/01/2014, in parziale
accoglimento del riesame proposto nell’interesse di Salvatore Torcivia avverso
l’ordinanza del 04/12/2013 con la quale il Gip di quell’ufficio ha disposto nei suoi
confronti la misura della custodia cautelare in carcere in relazione all’imputazione
di cui all’art. 353 bis cod. pen. ha sostituito la misura imposta con gli arresti
domiciliari.
La contestazione aveva ad oggetto il concorso tra l’odierno ricorrente,
nella sua qualità di funzionario tecnico del Ministero della Giustizia, in servizio
presso il Provveditorato di Palermo, e tale Pilato, dipendente di una società di
costruzioni, nel turbamento del procedimento amministrativo relativo allo
svolgimento di lavori presso il carcere dell’Ucciardone, realizzato con la creazione
di due diverse procedure che, in ragione degli importi di spesa, non richiedevano
ricorso alla gara pubblica, al fine di aggiudicare i lavori con affidamento diretto e
condizionare conseguentemente le modalità di scelta del contraente da parte
della pubblica amministrazione.

Data Udienza: 17/04/2014

2. La difesa di Torcivia nel ricorso proposto deduce vizio di motivazione
con riguardo all’applicabilità della misura cautelare, malgrado la ricorrenza
dell’ipotesi di cui all’art. 275 comma 2 bis cod. proc. pen., in quanto la mancanza
di precedenti a carico dell’interessato, oltre che la minima entità della pena base
per il reato contestato, conduceva ragionevolmente a ritenere sottoponibile alla
sospensione condizionale la pena eventualmente da infliggere. In proposito si
osserva che il Tribunale, pur avendo dato conto dell’espressione di tale motivo

nel riesame proposto, aveva poi omesso di argomentare al riguardo.
3. Si osserva con il secondo motivo violazione di norma processuale di cui
all’art. 309 comma 5 cod. proc. pen., essendo risultato tardivamente trasmesso
al Tribunale il verbale delle dichiarazioni rese dal dr. Veneziano che, pur in
possesso del P.m. fin dal 19 dicembre, era stato depositato solo il giorno
dell’udienza ed aveva costituito un elemento determinante del corpo
motivazionale dell’ordinanza impugnata, malgrado il mancato rispetto del
termine per la produzione ne determinasse l’inutilizzabilità.
Si lamenta inoltre la mancata trasmissione agli atti della contabilità e del
contratto dall’appalto, in ossequio al quale il ricorrente risultava aver applicato
una penale per il ritardo nelle consegne, ad ulteriore dimostrazione dell’assenza
di favoritismi nei confronti dell’azienda.
4. Si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 132 comma 1 e
161 comma 12 d.P.R. n. 207/2010, nonché vizi della motivazione nella
valutazione delle dichiarazioni rese dal predetto Veneziano e dalla dott.ssa
Barberi in ordine alle circostanze impreviste che aveva condotto all’affidamento
dei lavori con due diverse procedure, con le quali si era inteso fronteggiare le
emergenze che avevano compromesso l’agibilità del carcere dell’Ucciardone, in
parti essenziali quali la cucina, che si era ritenuto di affrontare, per l’urgenza
della loro sistemazione, facendo ricorso alle prestazioni della società di
costruzioni che aveva in atto la realizzazione delle altre opere. Tale
procedimento, sulla base di quanto espone il ricorrente, si è svolto senza danno
per l’amministrazione, essendosi egli curato di sollecitare, anche su tali importi,
la riduzione percentuale prevista dalla legge, circostanze che risultano
confermate proprio dalle dichiarazioni rilasciate dai professionisti richiamati.
5. Si deduce inoltre violazione di legge e vizio della motivazione con
riferimento all’individuazione dei gravi indizi di reato contestato, valutazione
rispetto alla quale si rilevano inoltre carenze argomentative, a confutazione di
specifici rilievi dedotti dalla difesa.
Era stata dedotta in particolare l’inapplicabilità della disposizione penale
contestata alla licitazione privata, osservando che la normativa applicabile al
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caso non vieta il frazionamento delle voci di spesa, ma solo quella delle
prestazioni. Si deduce inoltre la mancata valorizzazione del forte ribasso
caldeggiato dal ricorrente, che aveva consentito all’amministrazione di ottenere
un vantaggio dalle scelte contrattuali seguite, che ulteriormente escludeva
trattamenti di favore.
In ordine alla fattispecie incriminatrice si osserva che il reato contestato
ha natura residuale a forma vincolata, e richiede un’azione collusiva idonea a far

elementi di fatto assenti nella specie, ove non è stato indetto alcun bando di
gara, rientrando l’affidamento diretto nella discrezionalità della stazione
appaltante.
In argomento si rileva che sulla base delle dichiarazioni rese da Veneziano
l’unica anomalia riscontrata nell’azione del ricorrente è stato il mancato ricorso
alla perizia suppletiva di cui all’art. 132 del codice degli appalti, la cui
indefettibilità il ricorrente contesta, poiché la procedura seguita non avrebbe
inciso sulla libertà di scelta della pubblica amministrazione, risultando fuori
discussione che i lavori suppletivi avrebbero dovuto essere affidati la medesima
ditta che stava eseguendo i lavori principali.
6. Si deduce vizio di motivazione sulla mancata valutazione da parte del
Gip di elementi a favore dell’imputato, ritualmente eccepita nel proposto
riesame, lamentandone la mancata considerazione.
7.

Si deduce inoltre vizio di motivazione e violazione di legge con

riferimento all’individuazione delle esigenze cautelari, ed alla mancanza di
motivazione sull’adeguatezza e proporzionalità della misura.
Con riferimento all’individuazione delle esigenze cautelari di cui alla
lettera a) dell’art.274 cod. proc. pen. si contesta che l’attività compiuta dal
ricorrente ed esaminata nel provvedimento impositivo al riguardo sia idonea a
realizzare l’inquinamento probatorio, concludendo per la genericità di quanto
sull’argomento espresso dal Tribunale, che si era limitato ad un richiamo a
quanto già valutato.
Richiamata la contestuale applicazione del provvedimento amministrativo
di sospensione dal servizio nell’ipotesi di applicazione di qualsiasi misura
cautelare, si osserva che anche la misura meno afflittiva dell’obbligo del Comune
di residenza o del divieto di accesso in quello di Palermo, avrebbe avuto l’effetto
di inibire la prosecuzione dell’attività lavorativa. Si deduce inoltre, dalle
condizioni di vita personale dell’interessato, l’insussistenza di qualsiasi pericolo di
reiterazione.

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apparire regolare una procedura amministrativa che non possiede tali qualità,

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, limitatamente al primo motivo.
2. Risulta pacificamente, per la stessa illustrazione del proposto riesame
contenuto in ricorso, che la difesa avesse eccepito la mancata valutazione della
concedibilità della sospensione condizionale della pena, per effetto della pena
edittale del previsto reato, oltre che della mancanza di precedenti a carico
dell’interessato, mentre risulta del tutto omessa qualsiasi argomentazione al

riguardo, malgrado la specifica necessaria disamina dell’argomento in sede di
applicazione della misura imposta dall’art. 275 comma 2 bis cod. proc. pen.
La circostanza impone l’annullamento del provvedimento impugnato, con
rinvio al Tribunale per nuova determinazione sul punto.
3. Le ulteriori eccezioni risultano invece infondate. In particolare non
sussiste alcuna nullità per effetto della mancata trasmissione delle dichiarazioni
raccolte dal P.m. il 19/12/2014 poiché la sanzione di cui all’art. 309 comma 10
cod. proc. pen. è prevista solo per l’ipotesi di mancata trasmissione di elementi
sopravvenuti favorevoli all’interessato, laddove nella specie, sulla base della
contestazione contenuta in ricorso, dall’atto richiamato sono stati tratti elementi
di conferma dell’ipotesi di accusa ed il dato documentale non doveva
necessariamente essere trasmesso nei termini previsti dall’art. 309 comma 5
cod. proc. pen.

non rientrando nella categoria di quelli richiamati dalla

disposizione invocata Nel procedimento di riesame è legittima l’acquisizione di
dichiarazioni sfavorevoli all’indagato raccolte dopo l’emissione dell’ordinanza
custodiale ed il cui verbale sia rimasto a disposizione della difesa, in quanto
dall’art. 309, comma quinto, cod. proc. pen. non è consentito desumere il
principio per cui al P.M. è interdetta la facoltà di trasmettere gli elementi
sopravvenuti a sfavore dell’indagato (nello stesso senso Sez. 4, n. 15082 del
24/02/2010 – dep. 19/04/2010, P.M. in proc. Testini e altri, Rv. 247023).
Si deve poi osservare che l’eccezione attinente all’incompletezza del
fascicolo per il riesame deve essere preliminarmente sottoposta dinanzi al
giudice procedente, che, per effetto della cognizione piena che gli è rimessa è in
grado di verificare sia l’effettività della mancata allegazione, che la sua rilevanza,
mentre dinanzi a questa Corte è demandato esclusivamente il controllo
dell’argomentazione sul punto (Sez. 6, Sentenza n. 45911 del 26/09/2011,
dep. 09/12/2011, imp. Scalercio, Rv. 251181), con la possibilità di dichiarare
l’inefficacia della misura solo se la questione sia stata dedotta ed il relativo
contraddittorio sia stato instaurato dinanzi al giudice di merito.
Sul punto, con riguardo ai contratti d’appalto ed alla contabilità allegata,
nessuna deduzione risulta svolta nel grado di merito, ove peraltro la rilevanza

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dell’accertamento sulla corresponsione o esenzione dal pagamento delle penale
in favore della società appaltatrice, per effetto dell’intervento di Torcivia, è stato
valutato irrilevante al fine dell’identificazione degli indizi.
Il complesso di tali elementi impone quindi di dedurre l’irrilevanza del
dato e l’inammissibilità del rilievo, per motivi procedurali e di merito.
4. Inammissibili nel merito risultano le deduzioni riguardanti la corretta
interpretazione della normativa in materia di appalto, atteso che, come ben

evidenziato nel provvedimento impugnato, i gravi indizi sono desunti dal
complesso delle intercettazioni svolte, oltre che dalle dichiarazioni raccolte dalle
persone informate sui fatti, elemento valutativo che risulta sottoposto a coerente
analisi nel provvedimento impugnato, rispetto alle cui deduzioni vengono nel
ricorso proposte chiavi di lettura alternativa, in luogo che contrastare la portata
indiziante di tali elementi, con deduzioni in fatto chiaramente inammissibili.
5. Analogamente di merito risultano le contestazioni riguardanti la gravità
indiziaria, sotto l’aspetto dell’inquadramento giuridico della fattispecie, la cui
portata applicativa non risulta esclusa nell’ipotesi di licitazione privata, stante
l’ampiezza della norma che tende a sanzionare qualsiasi interferenza,
sostanziatasi nelle condotte elencate, che procuri un condizionamento nelle
modalità di scelta del contraente, astrattamente riferibile anche alla licitazione
privata, come di fatto ritenuto nell’ordinanza a fg 14 che, anche sotto tale
profilo, risulta completa. Si rileva che al riguardo si è espressa anche parte della
dottrina, che risulta aver convenuto che la fattispecie in esame possa trovare
applicazione anche per quelle procedure di aggiudicazione per le quali la ricerca
della controparte contrattuale non si risolve in una gara, come nel caso della
trattativa privata, e che siano svincolate da ogni schema concorsuale, per effetto
della genericità della previsione, e per la natura della fattispecie contestata di
norma di chiusura del sistema.
Le ulteriori deduzioni in merito all’insufficienza indiziaria in relazione
all’ipotesi di accusa ignorano il corposo quadro ricostruttivo seguito sul punto dal
provvedimento impugnato, desumibile dal complesso delle intercettazioni, e si
limitano a fornire chiavi di letture alternative, inidonee a far venir meno la
portata dimostrativa degli indizi effettivamente valutati, con indicazioni che, in
quanto tali, devono valutarsi inammissibili.
6. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche per quel che riguarda il
rilevo di mancata considerazione da parte del Gip degli elementi a favore
dell’imputato, atteso che lo sviluppo argomentativo al riguardo evidenzia che non
si è verificata una mancata analisi di elementi di segno favorevole per
l’interessato, trattandosi di argomentazioni della difesa, che il Tribunale ha
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ritenuto superate dalle risultanze delle intercettazioni, che nelle argomentazioni
a discarico non assumono alcuna chiave di lettura alternativa, sicché gli elementi
difensivi forniti non permettono di ravvisare un vuoto argomentativo su
specifiche allegazioni documentali o indiziarie, di natura dirimente, rivelandosi
ancora una volta frutto di una chiave di lettura parziale ed alternativa dei fatti.
7. Analoga manifesta infondatezza raggiunge il motivo di ricorso che
contesta l’individuazione delle esigenze cautelari, con particolare riferimento

impugnato

ha

specificamente

richiamato

attività

di

inquinamento

dell’accertamento amministrativo in corso riconducibile all’interessato, di cui vi è
ampia descrizione in una sua conversazione telefonica intercettata, nella quale si
dà conto degli accorgimenti da prendere per offrire una diversa apparenza ai
fatti, risultanze direttamente attribuibili all’interessato, che sono state
semplicemente ignorate nel ricorso e delle quali non è stata offerta alcuna chiave
di lettura alternativa, idonea ad annullarne la portata indiziaria.
La coerenza argomentativa si riscontra anche in relazione all’ulteriore
contestazione, riguardante l’applicazione di misura cautelare non adeguata,
poiché nel provvedimento, dopo aver posto in luce le complicità delle quali
l’interessato godeva, ed a cui mostrava di poter fare riferimento per realizzare
l’attività di inquinamento delle risultanze, il giudicante ha valutato adeguata la
misura degli arresti domiciliari, con divieto di contatto con estrani al nucleo
familiare, limitazione che risulta astrattamente connessa alle esigenze
riscontrate, e compiutamente argomentata.
8.

Come premesso l’ordinanza impugnata deve essere annullata, in

accoglimento del primo motivo di ricorso, per il vuoto argomentativo che
caratterizza l’eccezione della mancata valutazione di applicabilità della
sospensione condizionale della pena, con rinvio al Tribunale per nuovo esame sul
punto, e rigetto del ricorso nel resto.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Palermo.
Così deciso il 17/04/2014.

all’inquinamento probatorio, posto che rispetto a tale rischio il provvedimento

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