Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19526 del 17/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19526 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Vincenzo Campisi, nato a Milazzo il 26/08/1982
avverso l’ordinanza del 20/01/2014 del Tribunale di Messina
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avv. Marco Clementi in sostituzione dell’avv. Tommaso Calderone, che si è
riportato al ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Messina, con ordinanza del 20/01/2014, ha respinto
l’appello proposto nell’interesse di Vincenzo Campisi, avverso l’ordinanza del
15/11/2013, con la quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva respinto
la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere disposta nei
suoi confronti in relazione al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
2. La difesa di Campisi nel ricorso proposto deduce vizio di motivazione
del provvedimento impugnato, nella parte in cui ha ignorato i nuovi elementi di
fatto emersi in epoca successiva all’applicazione della misura, che giustificavano
la sollecitazione ad una diversa determinazione in tema di riscontro della
permanenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo.
Si osserva preliminarmente che il giudice dell’appello ha del tutto ignorato
che il fratello dell’interessato è divenuto collaboratore di giustizia, ed è stato
sottoposto a programma di protezione, situazione di fatto che esclude che

Data Udienza: 17/04/2014

l’odierno ricorrente, per effetto del vincolo di parentela, possa far ritorno in
Sicilia, e conseguentemente permette di valutare annullata la sua pericolosità.
Si deduce inoltre che,

medio tempore, è stata esaurita l’istruttoria

dibattimentale destinata all’assunzione dei testi di accusa nel processo di merito,
nel corso della quale sono stati escussi ulteriori collaboratori di giustizia, i quali
hanno tutti escluso il coinvolgimento dell’interessato nell’attività illecita. Tale
circostanza corrobora quanto già esposto dalla difesa in merito alla natura di

alla quale deve necessariamente circoscriversi la condotta partecipativa del
ricorrente.
Denunciando la totale assenza di disamina della rilevanza di tali
argomentazioni nel provvedimento impugnato, se ne sollecita l’annullamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità.
2. L’istanza di revoca della misura, respinta nei due gradi di merito, che
costituisce il naturale recinto nel quale, per effetto del principio devolutivo, deve
circoscriversi la cognizione in questa fase, trae fondamento dall’assunta
sopravvenienza di elementi raccolti nel corso del dibattimento che, sulla base
dell’istanza, priverebbero di fondamento l’ipotesi di accusa, nella parte in cui sia
il fratello associato Salvatore Campisi, sia gli ulteriori testi escussi, hanno tutti
escluso la partecipazione di Vincenzo Campisi al gruppo associativo illecito.
Sul punto correttamente il giudice di merito ha richiamato la necessità di
valutazione unitaria degli elementi di prova, nella fase della determinazione
conclusiva del giudizio di primo grado, cui non si è ancora pervenuti, potendosi
solo in quella sede analizzare l’effettivo significato delle prove richiamate, anche
sulla base delle ulteriori risultanze, che segnatamente appaiono ricavabili dalle
intercettazioni disposte, e risultano aver dato conto della collaborazione resa da
Vincenzo Campisi in favore del fratello Salvatore, durante la detenzione di
questi, svolgendo un’attività sostitutiva che, in quanto inserita perfettamente
nell’azione illecita realizzata dal germano, consentiva la prosecuzione dell’attività
pericolosa.
Sotto tale profilo la valutazione svolta dal Collegio di merito risulta
completa e coerente, e si sottrae ai vizi denunciati nel ricorso.
3. Nell’impugnazione l’interessato sostiene che il sopravvenire della scelta
di collaborazione eseguita dal fratello detenuto priva di concretezza la possibilità
che possano riproporsi le condizioni per una collaborazione partecipativa
all’interno del gruppo illecito, con deduzione che risulta del tutto generica, in

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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 6143/2014

supporto dell’attività del fratello oggi collaborante, durante la sua detenzione,

quanto non corroborata da elementi documentali offerti a sostegno della propria
versione dei fatti. La circostanza è stata sostenuta nella fase di merito sulla base
di quanto dichiarato da Vincenzo Campisi sul punto, all’esclusivo fine di
sostenere la pretesa insussistenza dei gravi indizi, mentre in questa sede viene
formulata, con analoga genericità, per negare il pericolo di reiterazione.
L’argomentazione richiamata, nella parte in cui propone elementi di giudizio

provvedimento impugnato, la cui ampiezza va valutata solo sulla base delle
argomentazioni svolte in quella sede.
Dinanzi al giudice di merito, a fronte della presunzione di adeguatezza
della misura di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. conseguente alla
contestazione del reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. sarebbe stato necessario
offrire la documentazione attestante l’effettività ed ampiezza della scelta
collaborativa anche attualmente meramente evocata, al fine di provare
positivamente l’assenza del pericolo di reiterazione, assenza che rende
inammissibile il rilievo proposto al riguardo, anche sotto il profilo della violazione
di legge.
4. I profili valutativi richiamati impongono di pervenire all’accertamento di
inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del grado e della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle
ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
La cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/04/2014.

nuovi solo in questa sede, non può costituire oggetto della censura del

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