Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19524 del 11/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19524 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NDILE EDVID N. IL 24/12/1968
avverso la sentenza n. 70/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
12/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;
p.,3
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

C).Q

Uditi difisor Avv.;

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Data Udienza: 11/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 dicembre 2013, la Corte d’Appello di Torino ha
dichiarato l’esistenza delle condizioni necessarie per l’accoglimento della richiesta
di estradizione nei confronti di Ndile Edvid avanzata dal Governo Albanese per
l’esecuzione della sentenza di condanna irrevocabile alla pena di anni 17 di
reclusione, emessa dal Tribunale di Berat del 21 giugno 2002 in ordine ai reati di
omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi.

provvisorio a fini estradizionali e quindi sottoposto a custodia cautelare, su
richiesta della Procura Generale, a seguito di convalida dell’arresto in data 14
settembre 2013. Dopo avere dato atto che Ndile non ha acconsentito ad essere
estradato in Albania, la Corte ha osservato che risulta priva di qualunque
riscontro la deduzione difensiva secondo la quale, se fosse rimasto in Albania,
Ndile avrebbe subito agguati diretti al suo omicidio. Con riguardo al rilievo
difensivo secondo cui nelle carceri albanesi sarebbero praticati trattamenti
disumani come da documentazione allegata di Amnesty International, il giudice
del provvedimento impugnato ha richiamato l’insegnamento della Suprema
Corte, alla stregua del quale la condizione ostativa di cui all’art. 705 comma 2
lett. c) cod. proc. pen. può operare esclusivamente nell’ipotesi in cui la
situazione allarmante degli istituti detentivi sia riferibile ad una scelta normativa
o di fatto dello Stato richiedente, a prescindere da contingenze estranee ad
orientamenti istituzionali e rispetto alle quali sia possibile una tutela legale.
La Corte ha quindi evidenziato che i reati per i quali l’estradizione è stata
richiesta non hanno natura politica, non risultano prescritti o estinti, sono puniti
anche dalla legge italiana con pene conformi a quelle previste dalla legge
albanese e non integrano violazioni dei diritti fondamentali della persona; che,
dalla lettura degli atti, non emerge l’estraneità di Ndile ai fatti ascritti; che la
richiesta dell’autorità albanese è conforme alle convenzioni vigenti fra lo Stato
Italiano e lo Stato richiedente.

2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Silvana Fantini,
difensore di Ndile Edvid, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1. Inosservanza o erronea applicazione degli artt. 698 comma 1 e 705
comma 2 cod. proc. pen. e dell’art. 3 della Convenzione Europea per i Diritti
dell’Uomo.
Lamenta il ricorrente come il principio sancito dalla Suprema Corte di
cassazione e richiamato dalla Corte territoriale non possa non essere letto alla
luce dell’art. 3 della Convenzione EDU, secondo cui la condizione ostativa alla
2

La Corte territoriale ha rilevato come Ndile Edviv sia stato tratto in arresto

estradizione opera anche nell’ipotesi in cui la situazione di fatto sussistente
all’interno di un Paese richiedente sia – in concreto – tale da non preservare i
diritti dell’estradando a non essere sottoposto ai trattamenti disumani e il Paese
non ponga in essere misure per fare fronte a tale situazione. Il ricorrente ha
quindi richiamato le ultime pronunce di questa Corte, secondo cui il divieto ad
estradare sussiste anche qualora le situazioni di pericolo siano connesse a
iniziative di agenti o apparati pubblici a titolo personale e anche quando siano
poste in essere da privati qualora il paese di destinazione le tolleri, non avendo

fatto che, dai rapporti informativi di Amnesty International – utilizzabili quali
documenti informativi della situazione delle carceri del Paese richiedente -,
emerge che le condizioni di detenzione in Albania sono degradanti, che i detenuti
sono sottoposti a torture e maltrattamenti e che lo Stato Albanese non ha
approntato alcun rimedio efficace contro tali comportamenti illegali ed illegittimi.
2.2. Inosservanza dell’art. 709 cod. proc. pen. e mancanza di motivazione.
Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello non ha disposto il
differimento dell’udienza, tempestivamente richiesto dalla difesa sul presupposto
che l’assistito sarebbe stato processato in Italia con udienza fissata a breve
scadenza (Ndile è stato difatti condannato con sentenza del 7 gennaio 2014 alla
pena di anni due mesi due di reclusione e 4000 euro di multa dal Tribunale di
Torino), avendo egli, fra l’altro, espresso la propria contrarietà ad essere
estradato.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato
Con riguardo al primo motivo di doglianza, il Collegio deve rammentare che,
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di estradizione
per l’estero, il divieto di pronuncia favorevole che l’art. 705, comma 2, lett. c),
cod. proc. pen. per i casi in cui vi sia motivo di ritenere che l’estradando verrà
sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti
crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di
uno dei diritti fondamentali della persona, opera esclusivamente nelle ipotesi in
cui l’allarmante situazione sia riferibile ad una scelta normativa o di fatto dello
Stato richiedente, a prescindere da contingenze estranee o orientamenti
istituzionali e rispetto ai quali sia possibile comunque una tutela legale (Cass.
3

posto in essere contromisure adeguate. Il ricorrente ha quindi posto l’accento sul

Sez. 6, n. 21985 del 24/05/2006, Radnef, Rv. 234767; Cass. Sez. 6 24/5/2006,
n. 21985; Cass. Sez. 6, n. 10905 del 06/03/2013 Bishara Meged, Rv. 254768).
Ancora, questa Corte ha affermato che, in tema di estradizione per l’estero, la
pronuncia ostativa all’estradizione, di cui all’art. 705, comma secondo, lett. c),
cod. proc. pen., non può essere basata sulla documentazione tratta dal sito
internet di Amnesty International, dal quale si evincano episodi occasionali di
persecuzione o discriminazione denunciati in modo tale da non essere ritenuti
come peculiari di un sistema (Cass. Sez. 6, n. 2657 del 20/12/2013, Cobelean,

Orbene, sulla scorta di tali condivisibili principi, il Collegio non può non
concordare con le valutazioni espresse dalla Corte territoriale laddove, dalla
documentazione allegata dal ricorrente – certamente utilizzabile ai fini della
decisione sul punto (Cass. Sez. 6, n. 32685 del 08/07/2010, P.G., Rv. 248002) -,
non emerge una situazione generalizzata di degrado degli istituti detentivi
albanesi che possa essere ricondotta ad una scelta normativa di tale Stato o
comunque dalla deliberata mancanza di volontà delle istituzioni di farvi
adeguatamente fronte.

3. D’altra parte, del tutto generico si appalesa il rilievo secondo il quale
ricorrente sarebbe esposto al rischio di attentati alla propria vita ed incolumità
personale, non avendo il difensore indicato i possibili autori, le modalità e
neanche il movente delle ventilate iniziative criminose, fra l’altro in un contesto
di detenzione intramuraria. In altri termini, sulla scorta della prospettazione del
ricorrente non è in alcun modo possibile apprezzare la concretezza di un pericolo
quoad vitam per Ndile ove fosse estradato nel paese di origine.

4. Nel resto, il Collegio non può non rilevare come la Corte territoriale abbia
correttamente ritenuto sussistenti gli ulteriori presupposti per l’estradizione di
Ndile Edvin. La richiesta di estrazione per l’esecuzione della pena si fonda infatti
su di una sentenza di condanna ormai passata in giudicato nella quale i fatti fra l’altro, gravissimi e puniti con una pena comunque compatibile con quella
irrogabile nel nostro ordinamento – sono stati puntualmente ricostruiti dal
giudice di merito. Dalla traduzione giurata di tale provvedimento si evince infatti
che il Tribunale di Berat è giunto ad affermare la penale responsabilità
dell’estradando alla stregua di prove di inequivocabile valenza probatoria, non
solo dalle dichiarazioni di plurimi testimoni, ma anche dal rinvenimento nell’auto
del condannato di bossoli e di una mitragliatrice che la perizia balistica ha
comprovato – sulla base di un accertamento scientifico ed inconfutabile – essere
stati utilizzati per colpire a morte la vittima.
4

Rv. 257852).

Del tutto condivisibilmente, la Corte ha poi evidenziato che i reati per i quali
l’estradizione è stata richiesta non hanno natura politica, non risultano prescritti
o estinti, sono puniti anche dalla legge italiana con pene conformi a quelle
previste dalla legge albanese, non integrano violazioni dei diritti fondamentali
della persona e che la richiesta dell’autorità albanese è conforme alle convenzioni
vigenti fra lo Stato Italiano e lo Stato richiedente.

4. Inammissibile è il secondo motivo di gravame, con il quale il ricorrente si

trattazione della procedura tempestivamente richiesto dalla difesa, in ragione del
fatto che l’assistito era sottoposto a procedimento penale in Italia con udienza
fissata a breve.
Al riguardo, basti solo evidenziare come la sospensione dell’estradizione per
la sottoposizione a procedimento penale da parte dell’Autorità Giudiziaria italiana
possa essere disposta a norma dell’art. 709 cod. proc. pen. mediante
provvedimento del Ministro di Giustizia e non sulla base di un provvedimento
della Corte d’appello chiamata a delibare la richiesta di estradizione. In altri
termini, il ricorrente si duole per la mancata adozione di un provvedimento di
competenza non dell’Autorità Giudiziaria, bensì del Ministero.

5. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
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sensi dell’art. 203 disp. att cod. proc. pen., la Cancelleria dovrà

provvedere a comunicare la presente decisione al Ministro della Giustizia.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda la Cancelleria per la comunicazione al Ministro della Giustizia a norma
dell’art. 203 disp. att cod. proc. pen.

Così deciso in Roma il 11 aprile 2014

Il consigliere estensore

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duole del fatto che la Corte non avrebbe disposto il differimento dell’udienza di

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