Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19524 del 04/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19524 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: LOMBARDI ALFREDO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Antonini Augusto, nato a Poggio Nativo il 16/10/1964
Antonini Sandro, nato a Rieti il 10/11/1971

avverso l’ordinanza in data 22/11/2012 del Tribunale di Rieti

visti gli atti, il provvedimento Impugnato e Il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Federica Salemi, che ha concluso chiedendo
raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN

pArro

1. Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Rieti ha confermato il decreto
di sequestro preventivo di un complesso di beni immobili emesso dal G.I.P. del
medesimo Tribunale in data 25/10/2012 nell’ambito delle indagini relative al
reato di cui all’art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000.

Data Udienza: 04/04/2013

Nell’ordinanza si osserva che in base a verifiche fiscali era emerso che la
società Antonini S.r.l. era debitrice nei confronti dell’Erario della somma di C
1.214.422,76 corrispondente a 19 cartelle esattoriali emesse da Equitalia.
Successivamente alla notifica di 7 delle 19 cartelle esattoriali Antonini
Augusto, rappresentante legale della società, aveva venduto i beni oggetto del
sequestro. In particolare, detti beni immobili erano transitati prima per la Darima
Immobiliare S.r.l., rappresentata da Ponziani Gabriella, madre dell’indagato, poi
erano stati da questa venduti alla Pavant S.ri., rappresentata da Maffeì Rosanna,

dell’indagato, e da Antonini Sandro, fratello dell’indagato. Sulla base di tali
risultanze e di ulteriori elementi la pubblica accusa aveva ipotizzato Il reato di cui
all’art. 11 del D. Lgs n. 74/2000 e nel provvedimento impositivo della misura
cautelare i beni oggetto del sequestro erano stati identificati come mezzo per
commettere il reato.
L’ordinanza ha rigettato le deduzioni difensive con le quali gli istanti per il
riesame avevano eccepito l’incompetenza per territorio dell’autorità giudiziaria
procedente, in quanto il primo atto di compravendita era stato stipulato a Roma;
dedotto che il debito della società Antonini nei confronti di Equitalia era di incerta
natura e che lo stesso, in ogni caso, era sensibilmente inferiore all’ammontare
Indicato, risultando complessivamente di C 353.410,68, secondo la prima cartella
esattoriale notificata successivamente alla stipula dei primo atto di vendita.
In particolare, con riferimento all’eccezione di incompetenza per territorio,
l’ordinanza ha affermato che il reato era stato realizzato attraverso una pluralità
di trasferimenti, costituenti un’operazione unitaria, perfezionatasi con l’ultima
vendita degli immobili, posta In essere nel territorio di competenza del G.I.P. di
Rieti

2. Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso gli istanti per il riesame,
tramite il difensore, che la denuncia con due mezzi di annullamento.
2.1 Violazione ed errata applicazione degli art. 18 D. Lgs n. 74/2000 e 8
c.p.p., artt. 12 lett. b) e 16 c.p.p. in relazione all’art. 27 c.p.p.; violazione ed
errata applicazione degli art. 12 lett. b) e 16 c.p.p. in relazione all’art. 81,
comma 2, c.p.
L’ordinanza ha erroneamente fatto rientrare la fattispecie oggetto di
indagine nella categoria del “reato a consumazione segmentata”, in cui la
condotta dovrebbe ritenersi unitaria e quindi consumata nel luogo dell’ultimo
atto posto in essere.
Il reato di cui all’art. 11 del D. Lgs n. 74/2000, invece, ha natura istantanea
e si consuma nel momento e nel luogo in cui viene effettuata la simulata
alienazione di beni o posti in essere altri atti fraudolenti sul propri o altrui beni in

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ed infine venduti alla D.R.M. S.r.l., rappresentata da Padronetti Zelinda, moglie

modo da rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. Nel caso in
esame l’atto dispositivo con il quale la società Antonini S.r.l. avrebbe sottratto i
beni sequestrati alle ragioni dell’erario è esclusivamente l’atto di compravendita
stipulato in Roma. Solo tale atto infatti ha formato oggetto di azione revocatoria
proposta da Equitalia e solo tale atto di vendita è stato contestato nella
imputazione all’Antonini. Gli ulteriori atti di disposizione, seppure riconducibili, in
ipotesi, allo stesso imprenditore, non hanno mutato Il quadro, ma possono al più
servire a corroborare l’ipotesi criminosa. Le alienazioni successive possono

però determina la competenza sempre in relazione al luogo in cui è stato
commesso il primo reato.
2.2 Violazione ed errata applicazione degli art. 321, comma, 2, c.p.p., 240
c.p. e 25 cost. art. 125 c.p.p..
La fattispecie di cui all’art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000 si riferisce
esclusivamente alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Di fronte alla deduzione difensiva riguardante l’incertezza in ordine alla
natura del debito tributario posto a fondamento dell’ipotesi di reato, l’ordinanza
si è limitata ad affermare che secondo la segnalazione proveniente da Equitalia il
debito di imposta della Antonini S.r.l. ammontava a C 911.873,37, oltre C
249.895 di mora.
Non è stata, pertanto, verificata l’esistenza dell’elemento costitutivo del
reato rappresentato dalla natura del debito tributario, che deve riferirsi all’IRPEF
o all’IVA e non ad altre imposte di diversa natura.
Si deduce anche che con la memoria difensiva era stata depositata
documentazione comprovante che il debito di imposta relativo alle prime sette
cartelle esattoriali era stato estinto, per cui si era proceduto alla cancellazione
dell’ipoteca iscritta da Equitalia su altro immobile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
2. Osserva la Corte, in relazione al primo motivo di gravame, che la
giurisprudenza citata dai ricorrenti, secondo la quale il delitto di sottrazione
fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 DI Lgs n. 74/2000) si consuma
nel momento e nel luogo in cui venga posto in essere qualsiasi atto che possa
mettere in pericolo l’adempimento dell’obbligazione tributaria (sez. 3,
sentenza n. 23986 del 05/05/2011, Pascone, Rv. 250646; sez. 3, 27/10″010 n.
40481), si riferisce all’ipotesi in cui vi sia unicità dell’atto negoziale con il quale la
parte aliena simulatamente i suoi beni e comunque pone in essere un atto di

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ritenersi avvinte alla prima dal vincolo dell’unicità dei disegno criminoso, che

disposizione degli stessi al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi
o sul valore aggiunto.
La stessa norma, però, prevede anche l’ipotesi di un’attività più complessa
ed articolata sul propri o su altrui beni, idonea a rendere in tutto o in parte
Inefficace la procedura di riscossione coattiva.
E’ evidente in tale seconda ipotesi il riferimento ad una condotta, che si
articoli in un complesso di atti dispositivi o di diversa natura collegati tra loro,
tutti finalizzati al raggiungimento dei medesimo scopo fraudolento.

dei casi può rivelarsi inidoneo al fine di sottrarre I beni che ne formano oggetto
alle pretese del fisco, essendo gli stessi agevolmente recuperabill tramite l’azione
revocatoria citata dagli stessi ricorrenti, che sarebbe stata posta in essere nei
loro confronti dall’erario.
Una pluralità di passaggi proprietari, che peraltro nel caso in esame si
palesa del tutto carente di qualsiasi giustificazione, rende invece più difficile
l’individuazione del destinatario finale dei beni ed il loro recupero alle ragioni
dell’erario.
Orbene, proprio tale ipotesi, secondo l’accertamento di merito, si è verificata
nel caso in esame.
In tale ipotesi, però, ai fini della configurazione del reato, non assume
rilevanza il singolo atto negoziale, bensì il complesso unitariamente considerato
di quelli che risultano finalizzati al raggiungimento del medesimo scopo.
In tal caso la fattispecie criminosa si caratterizza per la natura complessa
della condotta, che si articola nella esecuzione di una pluralità di trasferimenti di
beni, che non assumono di per sé rilevanza decisiva e risultano tutti finalizzati al
raggiungimento del medesimo scopo, la cui consumazione si perfeziona con
l’ultimo degli atti posti in essere. (cfr., sia pure con riferimento ad una diversa
ipotesi criminosa, sez. 2, sentenza n. 39756 del 05/10/2011, Ciancimino ed altri,
Rv. 251192; conf. sez. 1, 28/05/2010 n. 23266, RV 247581).
Orbene, l’ordinanza impugnata ha correttamente applicato tale principio di
diritto, affermando, nel caso in esame, la competenza dei G.I.P. di Rieti, sulla
base dell’accertamento che la pluralità di trasferimenti immobiliari costituiscono
un’operazione unitaria, finalizzata alla sottrazione fraudolenta al pagamento dei
debiti di imposta, con la conseguenza che la commissione del reato si è
perfezionata nel momento in cui è stata realizzata l’ultima di tali operazioni.
3. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
L’ordinanza ha escluso che vi fosse incertezza in ordine alla natura dei
crediti mediante il riferimento alla informativa della polizia giudiziaria, dalla quale
si evince il chiaro riferimento della verifica fiscale ad ipotesi criminose
riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 8 del D. Lgs n. 74/2000.

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Il compimento di un unico atto di trasferimento, infatti, nella maggior parte

Anche i rilievi in ordine alla intervenuta cancellazione di ipoteca sono stati
esaminati dal giudici di merito, che hanno escluso che la stessa fosse
riconducibile all’intervenuto annullamento delle cartelle esattoriali, bensì a vizi
relativi all’iscrizione dell’ipoteca.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

processuali.
Così deciso il 04/04/2013.

Rigetta il ricorso e condanna L ricorrenti al pagamento delle spese

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