Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19520 del 31/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19520 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da PANGALLO Maurizio, nato a Melito di Porto Salvo (RC)
il 15/09/1988, avverso l’ordinanza in data 15/04/2013 del Tribunale di Reggio Calabria
nella procedura incidentale di riesame di ordinanza cautelare carceraria;
esaminati gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale dott.
Mario Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi i difensori del ricorrente, avv. Loris Nisi e avv. Ettore Aversano, che hanno
insistito per l’accoglimento dell’impugnazione.

Motivi della decisione
1. Nell’ambito di articolate indagini sviluppate nel corso di un’operazione
investigativa di p.g. denominata “Ada”, scaturita da anteriori attività investigative
concernenti la diffusa ramificazione criminale nell’area ionica della provincia di Reggio
Calabria dell’aggregato criminoso ‘ndranghetista facente capo alle famiglie Iamonte e
Paviglianiti, il g.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria con ordinanza del 28.1.2013 ha
applicato a Maurizio Pangallo la misura cautelare carceraria, contestandogli la
partecipazione con ruolo di promotore/organizzatore ad una associazione per
delinquere dedita al narcotraffico, avente per oggetto l’acquisizione e la successiva
rivendita di sostanze stupefacenti del tipo hashish e marijuana ed operante in
collegamento con la ridetta cosca Iamonte “controllante” il territorio di riferimento (capo
D della rubrica: associazione attiva a Melito Porto Salvo e Reggio Calabria dal novembre
2006) nonché tre reati di illecita detenzione, anche in concorso con altri, di sostanza
stupefacente destinata alla vendita (capi D-8, D-14 e D17 della rubrica: fatti commessi
dall’aprile 2007 al gennaio 2008, culminati nel sequestro di 650 grammi di marijuana
avvenuto il 14.1.2008 ed integrante il ridetto reato sub D-8).

Data Udienza: 31/10/2013

2. Adito dall’istanza di riesame dell’indagato, il Tribunale distrettuale di Reggio
Calabria con del 15.4.2013 ha respinto il gravame cautelare e confermato la misura
restrittiva carceraria, condividendo -perché aderenti agli esiti delle indagini- le
deduzioni del g.i.p. sulla sussistenza di un quadro indiziario solido e grave e sul
persistere delle ragioni socialpreventive giustificanti l’applicata custodia in carcere.
In punto di gravità del paradigma indiziario i giudici del riesame hanno passato
in rassegna le conversazioni captate coinvolgenti la persona del Pangallo, mostrando
come le stesse rivelino la consonanza di interessi criminali, sottesi all’operatività del
sodalizio dedito al narcotraffico di cui è reputato partecipe in veste apicale, dell’indagato
e diano prova del consapevole apporto offerto dal Pangallo a tutta una serie di attività
funzionali al narcotraffico, che includono -tra l’altro- anche l’episodio (14.1.2008) del
trasporto dei 650 grammi di marijuana (capo D-8 della imputazione) gettati, durante
l’inseguimento della p.g., dall’autovettura a bordo della quale si trovava sicuramente lo
stesso Pangallo. Evenienza, questa, univocamente accreditata (al di là dei dialoghi captati
all’interno del veicolo in fuga attestanti il ruolo direttivo del prevenuto) dalla esplicita
chiamata in correità del coindagato Francesco Leone. Le conversazioni registrate in
relazione agli altri due episodi ex art. 73 L.S. attribuiti al Pangallo (e segnatamente quelle
rappresentate dai contatti intercorsi tra il Pangallo, Domenico Calarco e Giovanni
Iamonte) non lasciano margini di dubbio sugli illeciti contegni del prevenuto e sul
rilevante apporto da lui reso all’operatività funzionale dell’aggregazione criminosa ex
art. 74 L.S. (“…Pangallo si relaziona con soggetti che hanno un ruolo centrale, apicale e di
fondamentale importanza, posto che -grazie alle entrature di questi nella locale criminalità
organizzata- riesce a godere di canali preferenziali nel reperimento della sostanza che così
agevolmente immette, grazie ai giovani che lo circondano, nel mercato del luogo”).
Quanto alle concomitanti esigenze cautelari, i giudici del riesame ne hanno
confermato la persistenza, ritenendo la custodia in carcere la sola cautela adeguata al
pericolo di commissione di altri analoghi reati, avuto riguardo alle modalità e alla
gravità dei fatti criminosi asseveranti la specifica capacità delinquenziale del Pangallo.
3. L’ordinanza del riesame è stata impugnata per cassazione dalla difesa del
Pangallo, che lamenta le violazioni di legge e carenze di motivazione di seguito illustrate.
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Nell’ordinanza cautelare il g.i.p. ha evidenziato l’individuazione (scandita anche
da altro sequestro di droga oltre a quello del 14.1.2008) di una triplice struttura
organizzativa del sodalizio, formata dal gruppo dei “fornitori” anche all’ingrosso di
stupefacenti, dal gruppo degli “intermediari” nello smistamento delle sostanze ai vari
referenti territoriali, dal gruppo degli addetti allo “smercio” della droga a Melito P.S. e
nell’area contigua. Secondo l’accusa l’illecita attività a lui riferibile colloca il Pangallo, a
seconda dei casi, ora nel gruppo degli approvvigionatori, ora in quello degli intermediari
nei successivi passaggi della droga destinata alla diffusione commerciale.
In base alle emergenze investigative il giudice della cautela ha ritenuto il Pangallo
raggiunto da gravi indizi di colpevolezza per tutti i reati ascrittigli (reato associativo e
reati fine), desunti dalle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite
durante le indagini e dai riscontri, identificativi e funzionali, che i dialoghi (al di là di
dissimulati frasari di agevole decrittazione) relativi ai traffici di droga hanno permesso
alla p.g. di raccogliere in tempo reale, coevo alla dinamica delle condotte dei conversanti.
Gravi indizi sorretti da speculari esigenze cautelari, connesse al pericolo di recidiva
criminosa, utilmente fronteggiabili con la sola applicata misura inframurale carceraria.

3.2. Erronea applicazione dell’art. 74 co. 1 L.S. e difetto di motivazione.
Il Tribunale è incorso in una erronea valutazione delle risultanze processuali con
riferimento alla contestata aggravante della partecipazione associativa criminosa in veste
di promotore e organizzatore del sodalizio. Ma dal marginale ruolo ricoperto dal
Pangallo, nel pur articolato contesto personale e ambientale preso in esame dalle
indagini, non sembra potersi desumere un siffatto effettivo ruolo apicale.
3.3. Violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. e motivazione illogica.
Il giudizio di pericolosità sociale formulato dal Tribunale del riesame sul conto del
Pangallo, in base al quale è stata confermata -come unica efficace- la misura cautelare
carceraria, è inadeguato, poiché ignora una serie di elementi favorevoli all’indagato e tali
da contraddire il presunto rischio di ulteriori condotte illecite. Il tempo trascorso dai
fatti, la brevità del periodo in cui si sarebbe sviluppata la condotta illecita del prevenuto,
la sopravvenuta interruzione di ogni suo legame con i coindagati non possono essere
ignorati, anche ai fini della eventuale applicazione di una misura cautelare meno
afflittiva, in nome della sola gravità dei reati contestati al ricorrente.
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3.1. Violazione degli artt. 73 e 74 L.S., 273 c.p.p. e insufficienza di motivazione.
Il provvedimento del riesame non è in grado di elidere i coefficienti di incertezza
probatoria sul ruolo attribuito al Pangallo (appena ventenne all’epoca dei fatti) in seno
all’associazione criminosa dedita al narcotraffico emergenti già dall’ordinanza cautelare
genetica. In vero i giudici del gravame cautelare desumono la partecipazione associativa
del Pangallo da soli tre episodi delittuosi ex art. 73 L.S. Al pari della originaria ordinanza
cautelare l’ordinanza del riesame, che a quella pedissequamente rinvia, non fornisce
idonea contezza della indispensabile affectio societatis e men che mai del ruolo direttivo
che avrebbe qualificato i comportamenti del Pangallo, finendo per accreditarli in base ad
un’impropria formula di equivalenza o circolarità probatorie desunte dai rapporti
intrattenuti con alcuni coindagati divenuti oggetto di intercettazioni.
A parte l’episodio contestato con il capo D-8) della rubrica (detenzione dei 650
grammi di marijuana caduti in sequestro) in cui il ricorrente appare in posizione
marginale” per effetto di una presenza “quasi casuale” all’episodio stesso, del tutto scarni
si rivelano i dati indiziari che attingerebbero il Pangallo con riguardo ai residui due reati
fini (capi D-14 e D-17 dell’imputazione).
In merito alla cessione di circa 23 grammi di stupefacente operata dal Pangallo al
Calarco, che poi li rivende a Filippo Tripodi, in realtà gli unici protagonisti della
detenzione-cessione, avvenuta il 17.4.2007 (capo D-14) sono il Calarco e il Tripodi e alla
stessa appare estraneo il Pangallo, che non può esserne ritenuto partecipe in base ai
messaggi telefonici (s.m.s.) intercorsi con il Calarco e al suo presegnalato arrivo presso il
locale del lido di Melito Acrobatic Beach con alcuni “c.d.” (termine che, a dire degli
inquirenti, dissimulerebbe quantità di droga non meglio definite).
Per l’analogo episodio descritto al capo D-17) della rubrica, gli indizi a carico del
Pangallo scaturiscono dalla fuorviante lettura della testimonianza della turista Sandra
Hinterholz, che avrebbe riferito essere il citato locale Acrobatic Beach, frequentato dal
Pangallo e dai coindagati, meta abituale di spaccio di stupefacenti (avendo assistito a
vendite compiute dall’indagata Maria Ripepi). In realtà la testimone non ha fatto
riferimento al locale pubblico ma soltanto al lungomare di Melito, asserendo che l’attività
di spaccio avrebbe riguardato sostanza del tipo eroina, laddove al Pangallo e
all’organizzazione di cui sarebbe membro si ascrivono fatti illeciti relativi ad hashish e
marijuana (ma non a droghe pesanti).

3.4. Con atto depositato il 25.10.2013 la difesa ha prospettato, ai sensi dell’art. 311

co. 4 c.p.p., “motivi nuovi”, con i quali -approfondendosi le già delineate censure- si
evidenziano le carenze valutative dell’ordinanza del riesame, segnalandosene più profili
di “contraddittorietà motivazionale” segnatamente con riguardo alla concretezza e attualità
delle esigenze cautelari giustificanti la custodia carceraria.
4. L’impugnazione di Maurizio Pangallo deve essere dichiarata inammissibile per

indeducibilità e infondatezza manifesta degli illustrati motivi di doglianza.
quadro indiziario sotteso alla posizione processuale del Pangallo. Quadro indiziario che,
sulla scia delle diffuse enunciazioni dell’ordinanza custodiale genetica, il Tribunale del
riesame ha linearmente passato in rassegna in virtù di un’autonoma riconsiderazione
delle molteplici emergenze delle indagini concernenti la posizione del Pangallo. Sia in
rapporto al reato associativo, sia in rapporto ai tre reati fine ascrittigli (di un quarto
reato, contestato dal p.m., il g.i.p. non ha tenuto conto per l’adozione del provvedimento
cautelare) in connessione con comportamenti ed eventi che qualificano l’antigiuridica
azione del prevenuto in termini tutt’altro che marginali o defilati rispetto all’operatività
funzionale dell’aggregazione criminosa ex art. 74 L.S.
Le considerazioni sviluppate con il ricorso censurano le valenze rappresentative
dei dati indiziari secondo una tipologia di apprezzamento che è in radice estranea al
giudizio di legittimità, perché imperniata su una rilettura e una reinterpretazione
esclusivamente fattuali degli elementi portati in luce dalle indagini, ivi inclusa la
riconsiderazione dei dialoghi delle numerose captazioni coinvolgenti il ricorrente.
Dialoghi che si mostrano, invece, sottoposti ad accorta analisi e a logica valutazione
sequenziale nel complessivo compendio investigativo, a cura dei giudici del riesame.
Gravità e convergenza degli indizi di colpevolezza per il reato associativo e per i reati
fine ex art. 73 L.S. sono sommariamente messe in discussione dal ricorso (e dagli stessi
motivi nuovi) con argomenti che non scalfiscono logicità e coerenza delle valutazioni e
delle prognosi comportamentali enunciate dal Tribunale reggino.
4.2. I riferenti delle intercettate conversazioni avvenute tra il ricorrente e altri

sodali o coindagati non solo non lasciano spazio ad ipotesi alternative rispetto al traffico
di droga (avendo, per altro, l’ordinanza impugnata tenuto ben presenti gli assunti
difensivi del prevenuto), ma accreditano la tesi accusatoria del ruolo importante e
preminente assunto dal Pangallo in seno al gruppo criminoso dedito al traffico di droga,
in guisa dal legittimare -allo stato delle indagini- la contestazione dell’aggravante della
funzione direttiva e organizzativa del prevenuto (resosi “costantemente disponibile a
soddisfare qualsivoglia esigenza di approvvigionamento di stupefacente da parte dei suoi
cessionari…insieme al Cento e al Leone si pone al centro del commercio illecito di stupefacente
esercitato in forma organizzata grazie al suo fondamentale apporto…”).
Diversamente da quanto adduce il ricorso, il periodo di tempo in cui è andata
sviluppandosi la condotta criminosa del prevenuto non risulta affatto breve ed in ogni
caso il suo apporto associativo assume rilievo -come chiarisce il Tribunale- in ragione
non tanto della maggiore o minore continuità temporale in cui esso si è esplicato, quanto
piuttosto della qualità dei riferimenti operativi e funzionali che le conversazioni captate
consentono di apprezzare. Sono gli stessi dialoghi intercettati che, linearmente ripercorsi
dal provvedimento del riesame, legittimano la deduzione del Tribunale sulla estensione
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4.1. Privi di serio pregio vanno stimati i rilievi critici formulati sulla solidità del

4.3. Destituite di serio pregio debbono, infine, reputarsi le assertive ragioni di

doglianza concernenti la pretesa violazione del disposto degli artt. 274 e 275 c.p.p.
Incensurabili in questa sede si profilano, infatti, le valutazioni dei giudici del riesame in
punto di esigenze cautelari correlate al rilevato pericolo di reiterazione di contegni
criminosi riferito alYindagato. Puntuali si mostrano, in vero, le osservazioni sviluppate
dai giudici del riesame per argomentare il non irrilevante spessore criminale del
ricorrente e la gravità delle sue illecite condotte. Gli elementi favorevoli all’indagato
evocati nel ricorso e nei motivi nuovi non sono stati ignorati dai giudici del riesame, che
hanno adeguatamente motivato le ragioni individuanti, pur avendo riguardo al tempo
trascorso dai fatti, la misura carceraria come la sola capace di fronteggiare le ravvisate
esigenze, consentendo di “recidere i legami [dell’indagato] con le persone coinvolte, quali
venditori e acquirenti, nell’illecita attività di commercio di stupefacenti”.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro 1.000 (mille) in
favore della cassa delle ammende. La cancelleria curerà le comunicazioni connesse allo
stato detentivo del prevenuto.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94/1 ter disp. att. c.p.p.
Roma, 31 ottobre 2013
Il consiglie esteinsore
Giacom aoloni

e significanza plurisoggettiva dei legami criminosi intessuti dal Pangallo e sulla loro
stabilità, influendo sull’efficienza operativa dell’organizzato sistema di traffico locale di
stupefacenti, che formano le evenienze poste a fondamento della sua confermata
partecipazione apicale all’associazione di cui al capo D) (v., ex plurimis, Cass. Sez. 6,
21.10.2008 n. 44102, Cannizzo, rv. 242397).
Né le carenze divisate dal ricorso nella valutazione delle fonti probatorie colgono
nel segno per quel attiene agli episodi criminosi ex art. 73 L.S. contestati con i capi D-14)
e D-17) della rubrica. E’ sufficiente porre in luce, ad esempio, che il Tribunale non ha
tralasciato di valutare con doverosa prudenza la testimonianza della turista Hinterholz,
di cui non ha dato una lettura fuorviata od erronea, inscrivendola nel quadro generale
delle altre emergenze processuali individuanti fondatamente nel locale Acrobatic Beach
un punto di riferimento per l’attività di spaccio di droga nell’area litoranea di Melito.

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