Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19509 del 23/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19509 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cuero Montano James Fernando, nato in Colombia il 06/01/1986

avverso la sentenza in data 31/01/2017 della Corte d’appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 31 gennaio 2017, la Corte di appello di
Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Venezia
all’esito di giudizio abbreviato, ha confermato la dichiarazione di penale
responsabilità di James Fernando Cuero Montano per il reato di detenzione
illecita di sostanza stupefacente di tipo cocaina, a norma dell’art. 73, comma 5,
d.P.R. n. 309 del 1990, commesso il 9 luglio 2015, ed ha ridotto la pena a due

Data Udienza: 23/03/2018

anni di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, con diniego delle circostanze

attenuanti generiche e applicazione della diminuente per il rito.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di
appello indicata in epigrafe l’avvocato Guido Galletti, quale difensore di fiducia di
James Fernando Cuero Montano, articolando un unico motivo, con il quale si
denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo al diniego delle

Si deduce che illegittimamente la

sentenza impugnata

ha negato le

circostanze attenuanti generiche evidenziando che l’odierno ricorrente «risulta
attualmente detenuto in quanto imputato in altro processo per reati in materia di
stupefacenti», senza, invece, valorizzare le spontanee dichiarazioni rese
nell’immediatezza degli accertamenti della polizia giudiziaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è complessivamente infondato per le ragioni di seguito
precisate.

2. Il ricorrente contesta sia la legittimità del richiamo di un precedente
giudiziario non ancora definitivo quale elemento utile a negare la concessione
delle circostanze attenuanti generiche, sia la mancata valorizzazione, ai fini del
riconoscimento delle stesse, delle spontanee dichiarazioni rese nell’immediatezza
degli accertamenti.

3. Il richiamo di un precedente giudiziario non ancora definitivo deve
ritenersi consentito ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche.
3.1. In linea generale, può rilevarsi che, secondo quanto osservato in linea
generale in giurisprudenza, il giudice, in funzione della determinazione della
pena, può trarre elementi di valutazione sulla personalità dell’imputato dalla
pendenza di altri procedimenti penali a suo carico, anche se successivi al
compimento dell’illecito per cui si procede (così Sez. 6, n. 21838 del
23/05/2012, Giovane, Rv. 252881). A fondamento di tale conclusione, si è
affermato che «il principio di non colpevolezza di cui all’art. 27 Cost., comma 2,
[…] vieta di assumere appunto la “colpevolezza” a base di qualsivoglia
provvedimento, fino a quando essa non sia stata definitivamente accertata, ma
non vieta affatto di trarre elementi di valutazione sulla personalità dell’accusato,
dal fatto obiettivo della pendenza, a suo carico, di altri procedimenti penali
2

circostanze attenuanti generiche.

(Cass. pen. sez. 1, 4878/1997 Rv. 208342) anche se successivi al compimento
dell’illecito per cui è giudicato. Invero il citato art. 133 c.p., al n. 3 del comma 2
stabilisce, agli effetti della valutazione della pena, che il giudice deve tener conto
della gravità del reato, anche della “condotta susseguente al reato”.».
Si può aggiungere che è diffuso l’orientamento in forza del quale, in tema di
sospensione condizionale della pena, il giudice può fondare, in modo esclusivo o
prevalente, il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del
soggetto dalla commissione di nuovi reati sulla capacità a delinquere

altre, Sez. 3, n. 44458 del 30/09/2015, Pomposo, Rv. 265613, e Sez. 3, n. 9915
del 12/11/2009, dep. 2010, Stimolo, Rv. 246250).
3.2. Ciò posto, deve ritenersi corretto il riferimento a procedimenti penali
pendenti anche allo specifico fine della motivazione del diniego delle circostanze
attenuanti generiche.
In effetti, secondo la consolidata giurisprudenza, la valutazione del giudice
di merito in ordine alla concessione o al diniego delle circostanze attenuanti
generiche è ancorata agli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., in tema di
determinazione della pena, sia pur essendo sufficiente l’indicazione di quelli di
essi ritenuti prevalenti in positivo o in negativo (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 43952
del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).
Ora, l’art. 133, secondo comma, cod. pen., al numero 2, fa espresso
riferimento ai «precedenti penali e giudiziari», e, quindi, dà rilievo anche, e
specificamente, a questi ultimi.
Non mancano, del resto, decisioni che, ai fini del giudizio concernente
l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, riconoscono, sia pur
incidentalmente, la valutabilità dei precedenti giudiziari (cfr.: Sez. 5, n. 39473
del 13/06/2013, Paderni, Rv. 257200; Sez. 5, n. 3540 del 05/07/1999,
D’Alessio, Rv. 214477; Sez. 6, n. 3666 del 22/01/1993, Armenio, Rv. 193675), o
che affermano la rilevanza persino dei precedenti di polizia (Sez. 2, n. 18189 del
05/05/2010, Vaglietti, Rv. 247469).

4. Il rilievo concernente la mancata valorizzazione delle spontanee
dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti è in sé irrilevante.
Invero, secondo il consolidatissimo orientamento della giurisprudenza di
legittimità, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un
giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché
sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli
indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione
o dell’esclusione (cfr., tra le tantissime, ancora Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017,
3

dell’imputato, desumendola da precedenti giudiziari non definitivi (cfr., tra le

Pettinelli, Rv. 271269, nonché Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv.
259899).

5. Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

processuali.
Così deciso in data 23 marzo 2018

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Antonio Corb9,

GiacomD Paoloni

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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