Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19506 del 23/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19506 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Perazzolo Denis, nato il 21/06/1949

avverso la sentenza del 01/07/2016 della Corte di appello di Venezia

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 1/7/2016 la Corte di appello di Venezia ha confermato
quella del Tribunale di Rovigo del 27/4/2015, con cui Perazzolo Denis è stato
riconosciuto colpevole di detenzione illegale e coltivazione di marijuana.

2. Ha proposto ricorso il Perazzolo, tramite il suo difensore, deducendo con il
primo motivo vizio di motivazione in relazione all’assunto secondo cui la difesa
non avrebbe riproposto la tesi tendente ad escludere la destinazione alla

Data Udienza: 23/03/2018

cessione, quando il contrario risultava da quanto esposto nell’atto di appello, e
con il secondo motivo vizio di motivazione in ordine all’offensività della
coltivazione, non essendosi tenuto conto degli elementi indicati circa la
configurabilità di una coltivazione domestica, personale ed inoffensiva, ed
essendosi dato rilievo ad elementi privi di significato, senza puntuale esame delle
osservazioni formulate circa la non ravvisabilità della finalità di cessione.

4. Il primo motivo non considera che la Corte ha comunque motivato in
ordine alla destinazione dello stupefacente alla cessione, anche facendo
riferimento alla motivazione del primo Giudice, cui non sono stati contrapposti
argomenti puntuali e specifici, essendosi il ricorrente limitato a richiamare
genericamente doglianze contenute nell’atto di appello, che peraltro non ha
illustrato e di cui non ha dedotto la concreta idoneità a contrastare la valutazione
di merito.

5. Il secondo motivo è parimenti generico, a fronte di quanto segnalato dalla
Corte territoriale, che ha posto in luce le caratteristiche della coltivazione,
sottolineandone il carattere tutt’altro che improvvisato, il numero delle piante,
descritte come rigogliose, e la correlazione con l’alimentazione dell’attività di
spaccio.
Il ricorrente si è limitato ad evocare genericamente orientamenti della
giurisprudenza, senza dar specifico conto della loro rilevanza nel caso di specie e
contestando la sufficienza del riferimento ai metodi di coltivazione e al numero
delle piante, oltre che segnalando la mancata valutazione di taluni elementi
invocati nell’atto di appello, inerenti alla pretesa destinazione ad uso personale.
In realtà l’offensività della condotta va correlata all’idoneità a produrre la
sostanza per il consumo, a prescindere dalla quantità di principio attivo, essendo
invece rilevante la conformità al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche
per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione (Cass. Sez. 6, n. 35654
del 28/4/2017, Nerini, rv. 270544), ciò che trova riscontro nella motivazione
della Corte.
Inoltre ai fini della penale rilevanza dell’attività di coltivazione non occorre
che sia dimostrata la destinazione alla cessione (Cass. Sez. U. n. 28605 del
24/8/2008, Di Salvia, rv. 239920), fermo restando che nel caso di specie la
contestazione di tale aspetto, per quanto già osservato con riguardo al primo
motivo, deve ritenersi generica, a fronte del riconosciuto legame tra coltivazione
e attività di cessione.

2

3. Il ricorso è inammissibile perché aspecifico nelle sue articolazioni.

All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa
dell’inammissibilità, a quello della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

P., Q. M.

spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 23/3/2018

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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