Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19499 del 23/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19499 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cataldo Luigi, nato il 12/08/1982 a Torre Annunziata

avverso la sentenza del 02/10/2015 della Corte di appello di Ancona

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. Anna Maria De Santis, in sost. dell’Avv. Annalisa
Piermartire, che si è riportata al ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2/10/2015 la Corte di appello di Ancona in riforma di
quella del G.U.P. del Tribunale di Macerata del 19/3/2014, ha riconosciuto la
penale responsabilità di Cataldo Luigi in ordine alla detenzione illegale di un
quantitativo di marijuana e di un quantitativo di cocaina, fatto risalente all’agosto

Data Udienza: 23/03/2018

2012, e lo ha condannato con la riduzione per il rito abbreviato alla pena di anni
quattro di reclusione ed euro 18.000,00 di multa.

2. Ha proposto ricorso il Cataldo tramite il proprio difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia vizio di motivazione, in quanto l’assunto
dell’attendibilità del chiamante in correità Tramontano Roberto era stato fondato
sull’erroneo presupposto dell’incensuratezza del dichiarante e sull’assenza di
elementi per dubitare di tale attendibilità: ma in concreto il dato

dichiarato nel corso dell’interrogatorio del 26/11/2012, allorché aveva fatto
riferimento a condanne per tentata rapina e per altri fatti non precisati e gli era
stata contestata la recidiva reiterata, e dubbi sull’attendibilità avrebbero potuto
discendere dal fatto che il Tramontano si era visto promettere dal Cataldo un
lavoro presso l’attività di vendita di fiori, che poi non gli era stato dato e dal fatto
che il Tramontano, sorpreso a detenere la droga rinvenuta, aveva interesse a
fornire dichiarazioni dalle quali potesse discendere una diminuzione di pena.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla valenza
dei riscontri, in quanto l’assunto che i contatti tra il Cataldo e il Tramontano non
potessero avere diversa spiegazione era smentito da quanto lo stesso
Tramontano aveva dichiarato circa le sue visite presso l’abitazione del Cataldo
per discutere del lavoro promesso, circostanza tale da consentirgli poi di
descrivere anche l’abitazione del Cataldo.
2.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine al mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche, che era stato fondato sulle
connotazioni della condotta, con l’utilizzo di soggetto insospettabile, ciò che non
corrispondeva al vero e dava la misura di una valutazione che si era fondata su
dati non corrispondenti alle risultanze processuali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è nel suo complesso infondato.

2. Il primo motivo è incentrato sul vizio di motivazione che avrebbe ad
oggetto la valutazione dell’attendibilità del dichiarante.
2.1. Si assume infatti che erroneamente era stato fatto riferimento
all’incensuratezza del Tramontano e all’assenza di elementi per dubitare
dell’attendi bilità.
Va sul punto osservato che la doglianza ha riguardo non tanto all’intrinseca
coerenza e logicità del narrato, che peraltro la Corte ha puntualmente

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dell’incensuratezza era smentito da quanto lo stesso Tramontano aveva

esaminato, quanto alla credibilità soggettiva del dichiarante, che parimenti
costituisce un parametro di valutazione delle dichiarazioni rese da chiamanti in
correità (sul percorso logico-valutativo delle dichiarazioni contemplate dall’art.
192, comma 3 e 4 cod. proc. pen. si richiama Cass. Sez. U. n. 20804 del
29/11/2012, dep. nel 2013, Aquilina, rv. 255145).
2.2. Sta di fatto che il profilo dedotto, cioè l’erroneo riferimento
all’incensuratezza, non assume rilievo decisivo nel quadro della motivazione e
della valutazione compiuta dalla Corte territoriale.

qualità morali (Cass. Sez. 6, n. 46483 del 30/10/2013, Scognamiglio, rv.
257389)- non costituisca di per sé un dato dirimente per valutare la credibilità
del dichiarante, rappresentando semmai profilo di supporto alla positiva verifica.
In secondo luogo deve osservarsi come dal complesso della motivazione
emerga una valutazione sostanzialmente positiva dei profilo personologico, che
la Corte ha tratto anche dalla leale ammissione da parte del dichiarante del furto
del casco, circostanza che consente di rilevare come non sia stata formulata una
valutazione pregiudiziale di tipo formale, alla stregua di una scelta di campo
condizionata dall’incensuratezza, ma sia stato in concreto valutato il profilo
soggettivo in rapporto al tipo di dichiarazioni rese e al contesto alle quali le
stesse si riferivano, ciò che deve in effetti costituire l’oggetto di un siffatto
scrutinio.
In tale quadro la Corte ha anche correttamente dato conto del riferimento
fatto dal dichiarante a fatti avvenuti in tempi recenti, da lui stesso compiuti o
comunque direttamente conosciuti, all’assenza di motivi di astio o di sentimenti
di rivalsa o vendetta, alla genuinità delle dichiarazioni, connotata dalla piena
ammissione dell’addebito.
Sotto tale profilo dunque la censura formulata nel motivo di ricorso, se non
addirittura aspecifica in rapporto all’effettivo ambito della valutazione compiuta
dalla Corte, risulta nondimeno inidonea a disarticolarne la valenza e concludenza
agli effetti del giudizio cui la Corte era chiamata.
Ciò vale anche per il riferimento all’incensuratezza del Tramontano che è
stato ripetuto con riguardo alle ragioni per cui il Cataldo avrebbe potuto
rivolgersi al predetto: in realtà la Corte, coerentemente con il diverso angolo di
valutazione, ha inteso porre l’accento piuttosto sul dato, espressamente
richiamato, dell’insospettabilità del Tramontano in rapporto a traffici in materia di
stupefacenti, circostanza che non risulta essere stata smentita da dati di segno
diverso.
Quanto poi alla sussistenza di elementi tali da ingenerare dubbi in
ordine all’attendibilità del dichiarante, il ricorrente ha prospettato l’interesse a

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In primo luogo deve osservarsi come l’incensuratezza -come in genere le

mentire per ottenere una riduzione di pena e ha segnalato il possibile
risentimento verso il Cataldo, che non aveva tenuto fede alla promessa di
assumerlo.
Ma è agevole replicare che si tratta di profili solo genericamente addotti, non
essendo stato concretamente prospettato che i rapporti tra il Tramontano e il
Cataldo fossero stati contrassegnati dallo spirito di rivalsa del Tramontano e da
pressanti richieste da parte di lui di ottenere effettivamente dal Cataldo l’incarico
lavorativo, ciò che corrobora l’assunto della Corte secondo cui non emergevano

Tramontano.
Parimenti generico e volto ad un diverso giudizio di merito, esulante dallo
scrutinio di legittimità, è il riferimento all’interesse del Tramontano ad ottenere
un più mite trattamento sanzionatorio, che non vale a superare il rilievo della
Corte circa la spontaneità e genuinità delle dichiarazioni, addirittura
contrassegnate dalla leale confessione di un furto.

3. Addirittura inammissibile risulta il secondo motivo, che mira a contestare
la valenza dei riscontri e prospetta spiegazioni alternative degli elementi
acquisiti.
3.1. In questo caso il motivo di ricorso si risolve nel tentativo di pervenire
ad una diversa valutazione di merito, ciò che non rientra nella sfera del giudizio
di legittimità, in assenza di profili di manifesta illogicità e contraddittorietà della
motivazione.
Va invero osservato che la Corte ha dato conto degli elementi di riscontro
emergenti dalle acquisizioni probatorie, facendo riferimento non solo a dati
generici, ma specificamente alla frequentazione tra il Cataldo e il Tramontano,
alla conoscenza da parte del Tramontano dell’abitazione del Cataldo e del fatto
che qualche mese prima quest’ultimo aveva subito una perquisizione, che aveva
condotto al rinvenimento di cocaina in suo possesso, e soprattutto alla
concludente sequenza di contatti telefonici, costituiti da telefonate ed sms.
In particolare la Corte ha posto in luce che soprattutto nell’ultima decade di
luglio, cioè nel periodo di maggior rilievo, il Cataldo aveva contattato
quotidianamente il Tramontano, anche con più chiamate, e che proprio con
riguardo al giorno 1 agosto 2012, cioè quello in cui il Tramontano era stato
rinvenuto in possesso della marijuana, erano emersi contatti tra i due, avendo il
Cataldo inviato due sms prima delle 12 e il Tramontano effettuato due
telefonate tra le 12 e le 12,30, a conferma dell’incontro avvenuto proprio di
seguito, nel corso del quale, secondo il racconto del Tramontano, il Cataldo gli
aveva consegnato la droga.

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spunti per prospettare sentimenti di vendetta o di risentimento da parte del

Tutt’altro che illogicamente la Corte ha rilevato come tale serie di contatti
fosse idonea a riscontrare il narrato del Tramontano, non essendo emerse al
riguardo valide spiegazioni alternative in relazione ai momenti degli stessi,
ritenuti particolarmente significativi, ciò che tanto più assume rilievo se si
considera anche il tentativo fatto dal Cataldo di contattare il Tramontano nel
pomeriggio del 1 agosto, quando cioè il Tramontano era stato ormai fermato.
3.2. A fronte di ciò, risulta perfino generico, oltre che esclusivamente volto a
sollecitare una rilettura del merito, l’assunto per cui i contatti e le visite del

Cataldo, avrebbero potuto ricollegarsi alle intese legate all’incarico lavorativo
promesso, dovendosi in senso contrario sottolineare come la Corte abbia
debitamente valutato la consistenza e i tempi di quei contatti, tutti
strategicamente riconducibili alle vicende narrate dal Tramontano, a fronte di un
rapporto di conoscenza che era cominciato mesi prima.
Non può dunque prescindersi dalla sincronica valutazione di tutti gli elementi
acquisiti, che la Corte ha organicamente ricostruito e valorizzato, dando conto
della valenza di riscontro ad essi attribuibile.
Va peraltro rimarcato che il riscontro non deve costituire prova autonoma
del fatto ma deve consistere in qualsivoglia tipo di elemento che possa dirsi ab

extrinseco convergente con la dichiarazione accusatoria, saldandosi con essa e
indirizzandosi specificamente verso il soggetto nei cui confronti le accuse sono
rivolte (sul punto è stato affermato che «in tema di chiamata in correità, gli altri
elementi di prova da valutare, ai sensi dell’art. 192, comma terzo, cod. proc.
pen., unitamente alle dichiarazioni del chiamante, non devono avere
necessariamente i requisiti richiesti per gli indizi a norma dell’art. 192, comma
secondo, cod. proc. pen., essendo sufficiente che essi siano precisi nella loro
oggettiva consistenza e idonei a confermare, in un apprezzamento unitario, la
prova dichiarativa dotata di propria autonomia rispetto a quella indiziaria»: Cass.
Sez. 1, n. 34712 del 2/2/2016, Ausilio, rv. 267528; in senso analogo, si è
sostenuto che i riscontri sono «costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio,
sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche
da altre chiamate in correità, purché la conoscenza del fatto da provare sia
autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che
abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fattoreato, ma anche la riferibilità dello stesso all’imputato, mentre non è richiesto
che i riscontri abbiano lo spessore di una prova “autosufficiente”»: Cass. Sez. 3,
n. 44882 del 18/7/2014, Cariolo, rv. 260607).
In tale ottica deve ritenersi che la Corte si sia attenuta a tale canone
valutativo, con motivazione che non si espone alle censure del ricorrente.

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Tramontano, tali da consentirgli di aver conoscenza anche dell’appartamento del

4. Inammissibile risulta altresì il terzo motivo, il quale deduce un profilo
inconferente, cioè il fatto che la Corte erroneamente avrebbe valorizzato il
ricorso da parte del Cataldo a soggetto incensurato e insospettabile, e non si
confronta in realtà con il complesso della motivazione, alla cui stregua la Corte
ha negato le attenuanti generiche, osservando che non erano ravvisabili elementi
idonei a suffragarne il riconoscimento, men che mai alla luce della scaltrezza
palesata dal ricorrente.

fornisce elementi tali da far apparire arbitrari gli assunti della Corte né deduce
l’omessa valutazione di precise allegazioni difensive, volte a suffragare
l’applicazione delle invocate attenuanti.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 23/3/2018

Il Consigliere estensore

Il Presi ente

Massimo Ricci 7elli
//

Giacom Paolor‘i

A ben guardare il motivo non censura puntualmente tale valutazione e non

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