Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19487 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19487 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
1. TOLOT CLAUDIO N. IL 05.11.1951
2. TONET ITALO LUIGI N. IL 17.03.1946
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI TRENTO in data 12 ottobre 2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
sentite le conclusioni del PG in persona del dott. Vincenzo Geraci che ha chiesto il rigetto del
ricorso per Tolot; la declaratoria di inammissibilità per Tonet. Per la parte civile è presente
l’avvocato Antonio Prade del foro di Belluno che insiste per la conferma dell’impugnata
sentenza. Per il ricorrente Tolot è presente l’avvocato Stefano Arrigo del foro di Torino e per
Tonet l’avvocato… del foro di Trento che insistono per l’accoglimento dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 12 ottobre 2012 la Corte d’appello di Trento confermava la
sentenza resa dal Tribunale di Trento in data 26 gennaio 2012, appellata dagli
imputati, che aveva dichiarato Tolot Claudio e Tonet Italo Luigi colpevoli del reato loro
ascritto, condannandoli alla pena di giustizia.
Questi erano stati tratti a giudizio per rispondere del reato previsto e punito dagli artt.
113 e 589 c.p. anche in riferimento agli artt. 4 comma 2, 4 comma 5 lett. f), 7, comma
2 lett. a) e b) D.Igs.vo n. 626/1994 perché, in concorso fra loro, nelle rispettive qualità
di seguito indicate, cagionavano per colpa la morte di Benvegnù Denis secondo le
modalità di seguito descritte.
Il Benvegnù, dipendente della ditta PROTER S.r.l., con qualifica di operaio specializzato
e in funzione di caposquadra, nel corso dello svolgimento dei lavori di perforazione per
l’inserimento di tiranti sulla spalla lato Trento del ponte ferroviario al Km 113+878,
subappaltati dalla COLPI S.p.A. alla PROTER S.r.l., verso le 19,45/20,00, essendosi
spento il compressore che si trovava sul lato opposto a quello della lavorazione, oltre la
linea ferroviaria, attraversava i binari e, riavviato il compressore, riattraversava i binari,
venendo così travolto dal treno merci n. 43200 che circolava in direzione nord VeronaBrennero. A seguito dell’impatto il Benvegnù decedeva. La colpa era consistita in
negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nelle violazioni delle specifiche norme
sopra indicate in quanto :
il Tolot in qualità di direttore tecnico e responsabile di cantiere della COLPI S.p.A., il
Tonet in qualità di legale rappresentante della PROTER non cooperavano tra loro per
l’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi sul lavoro incidenti

Data Udienza: 05/11/2013

sulla predetta attività lavorativa oggetto del subappalto e non coordinavano gli
interventi di protezione e prevenzione dei rischi (ad esempio quello
dell’attraversamento dei binari e dell’investimento da parte dei treni) cui i lavoratori
operanti nel cantiere erano esposti (art. 7 comma 2 lett. a) e b) D.Igs.vo 626/1994); in
particolare non si coordinavano tra loro per prescrivere ai dipendenti la cessazione
dell’attività lavorativa entro le ore 16,00 (orario dopo il quale non era più presente
l’agente RFI deputato al controllo) o per prolungare l’attività di quest’ultimo oltre le ore
16,00, oppure, infine , per vietare dopo tale orario in modo perentorio
l’attraversamento dei binari da parte dei lavoratori;
il Tonet, in qualità di legale rappresentante della ditta PROTER elaborava il POS per la
sua ditta senza prendere in considerazione specifica il rischio di investimento dei treni e
senza individuare le relative misure di protezione e/o prevenzione da adottare (art. 4
comma 2 D.Igs.vo 626/1994.
2. Avverso tale decisione proponevano ricorso a mezzo del proprio difensore il Tonet ed il
Tolot.
2.1. Tonet Italo Luigi deducendo la errata attribuzione ad esso imputato del motivo
di appello relativo alla mancata sottoscrizione del verbale di udienza da parte del
tecnico incaricato della stenotipia della fonoregistrazione; la erroneità e
contraddittorietà dei fatti enunciati in ordine alla presenza del Tonet in cantiere;
la confusione delle parti in ordine alla attribuzione delle rispettive linee difensive
anche con riferimento alla violazione del principio di correlazione tra accusa e
sentenza; il mancato esame del motivo di appello n. 1 relativo alla errata
interpretazione ed applicazione dell’art. 7 lett. a) e b) D.Ig,vo 626/1994 in
ragione di un travisamento dei fatti emersi nel procedimento; la mancanza di
motivazione in relazione al motivo di appello sub 3 “mancata applicazione
dell’art. 7 comma 3 D.Igs.vo 626/1994; il mancato esame del motivo di appello
sub 3 relativo alla “errata interpretazione ed applicazione dell’art. 4 comma 2
D.Igs.vo 626/1994; deduce ancora la colpa esclusiva della vittima anche in
relazione al ruolo di caposquadra rivestito ed in linea subordinata l’entità del
concorso di colpa riconosciuto solo nella misura del 25%; il mancato
riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche.
2.2. Tolot Claudio deduce con un primo motivo la violazione dell’art. 606, 1 comma
lett. c) e la nullità dei verbali stenotipici delle udienze dibattimentali in data
12.11., 25.11 e 3.12.2011, per mancata sottoscrizione del tecnico autorizzato e
del cancelliere; l’erronea applicazione del disposto di cui all’art. 7 comma 2 I. n.
626 del 1994 in luogo degli artt. 3 e 5 della stessa legge sostenendosi che il
coordinamento in materia di sicurezza in un cantiere mobile competa alla
committenza attraverso la figura del responsabile per la sicurezza in fase di
esecuzione ; l’omissione e la illogicità della motivazione
in punto di attribuzione al To ot dell’obbligo di coordinamento degli interventi di
protezione e di cooperazione all’attuazione delle misure di prevenzione e
protezione; la mancanza e contraddittorietà della motivazione in punto di
individuazione della condotta addebitata a Tolot Claudio ed in punto di nesso di
causalità tra la condotta e l’evento; la mancanza ed illogicità della motivazione a
fronte della censura della difesa in punto di nullità della sentenza di primo grado
per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza; la carenza di
motivazione in punto di individuazione della posizione di garanzia del ricorrente
e delle misure cautelari violate; la contraddittorietà della motivazione in punto
di esclusione della efficacia interruttiva del nesso di condizionamento del
comportamento del lavoratore; l’illogicità e la carenza di motivazione in punto di
applicazione di identico trattamento sanzionatorio in capo ai due coimputati;
l’omissione di motivazione in punto di applicazione delle circostanze attenuanti
generiche solo equivalenti alla contestata aggravante; la violazione di legge in
punto di ritenuta sussistenza di legittimazione attiva alla costituzione di parte
civile da parte di De Nardis Elisa convivente; l’omessa statuizione e motivazione
sulla impugnazione dell’ordinanza emessa dal giudice di I grado di rigetto della
istanza di esclusione della parte civile

4.

La parte civile ha depositato memoria difensiva con cui ha chiesto il rigetto di entrambi i
ricorsi
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati. L’infortunio è stato così ricostruito nella gravata sentenza :
” L’incidente avvenne alle 20,00 circa del 5 settembre. La squadra lavorava da circa 10
giorni nel cantiere di Mezzocorona per la collocazione di tiranti su un ponte, unitamente
a Benvegnù e Costantini. Il primo accesso in cantiere avvenne dopo un colloquio con
Tonet. Era la prima volta che il Pongan, dipendente della PROTER di Tonet come operaio
generico addetto alle perforazioni effettuava lavori a contatto con la ferrovia. Per il
lavoro era necessario attraversare continuamente i binari. I lavori sui binari avvenivano
per circa cinque minuti alla volta, con una cadenza di 5-7 volte al giorno.
Al momento dell’infortunio mortale la macchina per la perforazione si era incastrata e si
era spento il compressore, che era dall’altra parte dei binari. Pongan attraversò i binari
e cercò di accendere il compressore, senza riuscirci. Chiamò Benvegnù in aiuto e dopo
dieci minuti fecero ripartire la macchina. Riattraversarono mentre il rumore del
compressore impediva di sentire quello di un treno in arrivo e il Benvegnù venne
travolto mentre attraversava. Di solito l’orario di permanenza in cantiere si estendeva
dalle 7,30 alle 18,00. Il giorno dell’incidente la squadra arrivò dopo pranzo e
cominciarono le perforazioni. Insieme a Benvegnù si era deciso di finire il cantiere
quella sera, senza dover più tornare. In effetti l’incidente- come ricordato dal Tribunaleavvenne proprio mentre stavano collocando l’ultimo chiodo del cantiere”.
E’ altresì emerso che nel cantiere era garantita la presenza di un addetto alle ferrovie
(che segnalava a voce l’arrivo dei treni) dalle 8.00 alle 16,00 e che già in altre occasioni
era capitato di continuare a lavorare nel cantiere dopo le ore 16,00 senza la scorta
dell’addetto alle ferrovie.
La Corte territoriale ha confermato il giudizio di responsabilità degli odierni ricorrenti
sulla base dei seguenti elementi :
entrambi gli imputati dovevano considerarsi i soggetti onerati da obbligazioni di
garanzia
tutte le condotte e le omissioni accertate certamente individuano, secondo la
contestazione e dunque nel pieno rispetto del principio di correlazione di cui all’art.
521 c.p.p. la violazione delle obbligazioni di garanzia per la tutela della salute dei
lavoratori gravanti sul datore di lavoro e non fatte oggetto di delega liberatoria
in particolare il Tolot non aveva dimostrato in alcun modo la minima attivazione per
il coordinamento in vista dell’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione
dei rischi sul lavoro, ben sapendo che si era chiamati ad operare su una ferrovia ad
alta intensità di traffico, quale la direttrice che unisce Verona al Brennero
in particolare mai vi fu il coordinamento per la prescrizione ai lavoratori di cessare
immediatamente l’attività nel momento stesso in cui terminava la scorta del
personale REI
in particolare il Tonet, legale rappresentante della PROTER non aveva rilasciato
alcuna delega scritta in materia di sicurezza eSgfil POS non prevedeva il rischio
connesso alla necessità di lavorare su ity una linea ferroviaria e quindi 4 ogni
correlata misura di prevenzione e protezione.
Va premesso, in linea generale, prima di affrontare nel dettaglio i motivi di gravame
proposti che la sentenza impugnata ha fornito congrua motivazione, richiamando anche
quella di primo grado con la quale comunque si fonde in un unicum inscindibile, in
relazione alla responsabilità di entrambi gli odierni ricorrenti e alla sussistenza degli
estremi del reato contestato, rispondendo esaurientemente a tutte le deduzioni
difensive.
Con il primo motivo di gravame il Tonet deduce l’errata attribuzione alle sue difese del
motivo di appello relativo alla mancata sottoscrizione del verbale di udienza. Trattasi di
un evidente errore materiale (di cui peraltro lo stesso ricorrente non indica le
conseguenze a lui pregiudizievoli) facilitato dalla assonanza dei cognomi dei due
imputati e che comunque in alcun modo inficia la tenuta della gravata sentenza.
A non diverse conclusioni deve pervenirsi con riferimento ai motivi sub B) C) e D) che
fanno ugualmente perno su presunte erronee attribuzioni delle rispettive linee difensive,

3.

”.-

comunque irrilevanti se non altro per l’assorbente motivo che le stesse sono relative a
questioni ritenute infondate dalla gravata sentenza.
Con il motivo sub E) il ricorrente Tonet sostiene che il contratto di appalto tra la
C.O.I.P.I. e PROTER avrebbe riguardato esclusivamente un modesto intervento sulle
spallette di un ponte ferroviario, senza bisogno di interferire con la linea ferroviaria, per
cui le modalità lavorative sarebbero state unilateralmente e a sua insaputa modificate
dai rappresentanti di R.F.I. e CO.I.PI che avrebbero creato la necessità di
attraversamento dei binari prima inesistente.
Siffatte deduzioni del ricorrente non appaiono coerenti al contenuto della decisione
impugnata che ha invero ricostruito tutte le circostanze del fatto in maniera compiuta
nè trovano riscontro nelle emergenze processuali considerato il tenore delle deposizioni
del teste Pongan il quale ha riferito che sin dall’inizio dei lavori si rendeva necessario
l’attraversamento dei binari e dell’o.d.s della R.F.I. del 26 agosto 2005.
Va peraltro ricordato che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le regole
di prudenza e le norme di prevenzione vincolano permanentemente i destinatari in ogni
fase del lavoro, senza che sia possibile configurare vuoti normativi o di responsabilità in
relazione a particolari operazioni da compiere in situazioni o siti obiettivamente
pericolosi.
Le misure di sicurezza, infatti, devono essere predisposte e mantenute, sia pure con
diverse modalità, confacenti alla natura del lavoro da svolgere e alla fase produttiva,
prima e durante ciascuna fase del processo, ove sussistano situazioni di pericolo per i
lavoratori (cfr. ex plurimis Sez. 4, n. 31567 del 2011).
Con i motivi sub F) e G) strettamente connessi si lamenta la mancata motivazione in
ordine al motivo di appello sub 3) circa la mancata applicazione dell’art. 7 comma 3
D.Igs,vo 626/1994, in ragione del fatto che l’onere di coordinamento non spettava alla
PROTER bensì al datore di lavoro committente che, nel caso specifico, era.» la RFII
quanto alla generalità dei lavoratori commessi alla CO.I.PI e/o di quest’ultima se riferiti
al solo rapporto di subappalto CO.I.PI/PROTER. Si sostiene poi che conseguentemente
non vi era alcuna necessità che il rischio attraversamento binari fosse considerato dal
P.O.S. ,
I motiv0 sono infondati. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., tra
le altre, Sezione 4, 15 dicembre 2005, n. 5977, Cimenti, Rv. 233245,), infatti, in caso
di subappalto dei lavori, ove questi si svolgano – come nel caso di specie- nello stesso
cantiere predisposto dall’appaltatore, in esso inserendosi anche l’attività del
subappaltatore per l’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, e non venendo
meno l’ingerenza dell’appaltatore e la diretta riconducibilità (quanto meno anche) a lui
dell’organizzazione del (comune) cantiere (non cessando egli di essere investito dei
poteri direttivi generali inerenti alla propria predetta qualità), sussiste la responsabilità
di entrambi tali soggetti in relazione agli obblighi antinfortunistici, alla loro osservanza
ed alla dovuta sorveglianza al riguardo. La sentenza impugnata ha applicato
correttamente i suddetti principi riconducendo – come detto- la responsabilità del Tonet
all’omessa valutazione concreta dei rischi presenti sul cantiere si la oro ed alla mancata
e- conto che i lavori
adozione di misure idonee al fine di prevenire detti rischi, ….,….._d
oggetto di subappalto, si svolgevano nello stesso cantiere ove continuava ad operare
l’appaltatore.
Non può peraltro essere tralasciato che è fuor di dubbio la invero non contestata
qualifica di datore di lavoro ricoperta, al momento del grave incidente, dal Tonet, in
veste di legale rappresentante della ditta subappaltatrice dei lavori di perforazione da
eseguirsi per conto della committente. Da tanto discendeva quindi l’obbligo
all’osservanza degli adempimenti antinfortunistici nei confronti del Benvegnù. li
responsabile della società subappaltatrice risultava quindi titolare di un’ulteriore ed
autonoma posizione di garanzia a tutela della incolumità dei propri lavoratori
subordinati.
Quanto in particolare alle previsioni del decreto legislativo n. 494 in un complesso
contesto, che vede l’interazione tra diversi soggetti, va osservato come tale intervento
normativo presta (prestava) speciale attenzione proprio alle situazioni nelle quali si
configura la presenza, nel medesimo cantiere, di più imprese. Esso prevede
(prevedeva), in alcuni casi, la presenza già nella fase progettuale, della figura del

coordinatore per la progettazione. Analogamente, sempre nel caso di compresenza di
più imprese, nella fase esecutiva è prevista la figura del coordinatore per l’esecuzione
dei lavori. Lo stesso decreto dettagliatamente definisce agli artt. 4 e 5, i compiti di tali
figure, imponendo particolarmente, nella fase esecutiva che qui interessa, obblighi di
coordinamento della cooperazione tra i diversi soggetti coinvolti nel cantiere.
La
particolare
attenzione
al
tema
della
coordinamento
dell’azione
delle imprese operanti nel cantiere, al fine di fronteggiare i rischi risultanti dalla
eventuale presenza simultanea o successiva, è altresì rimarcata nel D.Lgs. n. 494, all’
art. 12. Tale disciplina costituisce specificazione ddi quella generale contenuta nel D.Lgs.
n. 626 del 1994 ed in particolare all’art. 7:20’one l’ obbligo di cooperazione e di
coordinamento tra i datori di lavoro operanti in caso di contratto di appalto.
Detta ultima disposizione nel dettaglio prevede che in caso di affidamento dei lavori
all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, ad imprese appaltatrici (o a
lavoratori autonomi) tutti i datori di lavoro:
a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro
incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i
lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle
interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera
complessiva.
Anche se è fatto obbligo in particolare al datore di lavoro committente di promuovere la
cooperazione ed il coordinamento ( comma 2), tale obbligo che non si estende ai rischi
specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi,
non esonera comunque gli ulteriori soggetti coinvolti nell’appalto.
Il legislatore ha infatti mostrato particolare consapevolezza dei rischi derivanti
dall’azione congiunta di diverse organizzazioni e ne ha disciplinato la prevenzione,
imponendo un penetrante reciproco obbligo di tutti i soggetti coinvolti di coordinarsi e di
interagire con gli altri in modo attento e consapevole, affinché risulti sempre garantita
la sicurezza delle lavorazioni.
Con if motivli sub H) ed I) si lamenta che l’impugnata sentenza non avrebbe tenuto
conto della esclusiva colpa della vittima e del ruolo di capo squadra da questa rivestita
quanto al verificarsi dell’evento e comunque, in subordine, dell’entità del ritenuto
concorso, stabilito nella giudicata “modesta” quota del venticinque per cento.
Sul punto è sufficiente osservare che in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro,
o comunque il titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei
lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando
sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi
lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicchè la sua responsabilità può essere
esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore
avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza
rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute,
connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile dovendo definirsi tale il
comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest’ultimo
del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e,
pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni
che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente,
lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella
esecuzione del lavoro (cfr. Sez. 4, n. 40164 del 3.6.2004, Rv. 229564). Invero, nella
specie, la condotta del lavoratore che ha provveduto all’attraversamento dei binari per
effettuare l’intervento manutentivo, da un lato- come sottolineato nella gravata
sentenza- non presentava nessuno scostamento dalla procedura che ordinariamente si
sarebbe dovuta adottare per portare a termine il lavoro affidato alla squadra, dall’altro
era certamente valutabile e prevedibile ex ante.
Quanto al secondo aspetto va ricordato il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui le statuizioni del giudice di merito in ordine alla quantificazione delle
percentuali di concorso delle colpe del reo e della vittima nella determinazione causale
dell’evento costituiscono apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità. (
cfr. ex plurimis, Sez. 4, n. 43159 del 20/06/2013, Rv. 258083).

Con il secondo ed il terzo motivo di gravame- che possono essere trattati
congiuntamente con il motivo sub 8- il ricorrente lamenta, da un lato, che la Corte
territoriale lo abbia ritenuto responsabile dell’omesso coordinamento e collaborazione
previsto dall’art. 7 comma 2, Digs.vo n. 626 del 1994, senza tener conto che si
sarebbe stati in presenza nella fattispecie concreta di un cantiere mobile e temporaneo,
il che avrebbe dovuto invece imporre ai sensi dell’art. 3 della legge n. 494 del 1996 la
designazione di un coordinatore per la progettazione, nonché di un coordinatore per
l’esecuzione dei lavoro, designazione che avrebbe dovuto competere alla committenza
R.F.I. dall’altro l’omissione ed illogicità della motivazione quanto all’attribuzione ad
esso ricorrente dell’obbligo di coordinamento e cooperazione e conseguentemente
quanto alla individuazione della posizione di garanzia. I motivi sono infondati alla luce di
quanto sopra osservato circa gli obblighi dei soggetti coinvolti in un appalto.
Le figure richiamate dal ricorrente, introdotte dall’art. 5 D.Lgs. n. 494 del 1996 in
attuazione della Direttiva 92/57/CEE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute
nei cantieri temporanei o mobili, devono assicurare, nel caso della effettuazione dei
lavori, il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la
migliore organizzazione ed hanno il compito di adeguare il piano di sicurezza in
relazione alla evoluzione dei lavori, di vigilanza sul rispetto del piano stesso e di
sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. Ne consegue

Né sussiste vizio di motivazione essendo la sentenza di primo grado (sul punto
espressamente richiamata dalla Corte territoriale), pervenuta alla determinazione della
percentuale di responsabilità della vittima nella misura suindicata, dopo aver
congruamente raffrontato i comportamenti dei protagonisti delle vicenda e valutato i
fatti come concretamente si svolsero.
Con il motivo di gravame sub L) sono sollevate, infine, censure relativamente al
diniego della prevalenza delle attenuanti generiche . Anche in tal caso le censure sono
infondate.
Va ricordato che questa Corte di legittimità, con giurisprudenza consolidata ha stabilito
che le statuizioni relative alla pena ed al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti sono censurabili in cassazione soltanto nella ipotesi in cui
siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare
la soluzione della equivalenza aver ritenuto detta soluzione la più idonea a realizzare
l’adeguatezza della pena irrogata in concreto” (cfr. Cass. 1, 15542/01, Pelini). Nel caso
di specie, il giudice di merito, con adeguata motivazione, ha spiegato di non ritenere i
ricorrenti meritevoli della prevalenza delle attenuanti. Si tratta di considerazioni
ampiamente giustificative del diniego della prevalenza, che le censure proposte non
valgono a scalfire.
5. Con il primo motivo di ricorso il Tolot deduce l’inosservanza di norme processuali e la
nullità dei verbali stenotipici delle udienze dibattimentali del 12.11, 25.11.2011 e
3.12.2012 per la mancata sottoscrizione del tecnico autorizzato. Sul punto la gravata
sentenza, da un lato ha chiarito, sulla scia un orientamento giurisprudenziale più
recente rispetto a quello di segno contrario richiamato dal ricorrente, come, in tema di
documentazione degli atti, non determina nullità la mancanza di sottoscrizione da parte
del tecnico sulle trascrizioni stenotipiche delle udienze o nel testo delle relative
registrazioni, dall’altro ha attestato che il verbale (cd. riassuntivo) di udienza risulta
regolarmente sottoscritto dal giudice e dal cancelliere. Orbene, come ha già affermato
questa Corte (Sez. 1, 11.1.2007, Risaliti, Rv. 235684), contrariamente al convincimento
difensivo, in tema di documentazione degli atti, bisogna distinguere il verbale
riassuntivo che deve necessariamente essere sottoscritto a pena di nullità ai sensi
dell’art. 142 c.p.p. dall’ausiliario del giudice, dalla trascrizione stenotipica delle udienze
o dal testo della relativa registrazione, documenti che devono essere uniti agli atti del
processo insieme ai nastri; in questo ultimo caso la omessa sottoscrizione da parte del
tecnico non è prevista a pena di nullità anche perché è sempre possibile procedere ad
una rilettura. Non sussiste quindi il denunciato vizio di nullità, non senza considerare come già evidenziato nella impugnata sentenza- che comunque il difensore non allega
che il contenuto del verbale trascritto non sia corrispondente a quello della
fonoregistrazione.

Con il quarto motivo il Tolot denuncia vizio di carenza ed illogicità della motivazione
determinato da travisamento della prova in punto di dichiarata insussistenza di
coordinamento in vista dell’attuazione delle misure di prevenzione e l’omessa
motivazione sui motivi di appello. Osserva la Corte : non sussiste il dedotto
travisamento della prova. Come giustamente osservato dal Procuratore Generale in
udienza lo stesso ricorrente, infatti, fa riferimento (cfr. pag. 35 del ricorso) ad una
diversa valutazione delle circostanze probatorie che, “se convenientemente valutate”
avrebbero potuto determinare una decisione diversa rispetto a quella adottata nei
confronti del Tolot. Si è evidentemente al di fuori del vizio denunciato che richiede il
travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o
manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non
corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al
compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (cfr. Sez. 4, n. 44765 del
22/10/2013, Rv. 256837), ovvero quando si introduce nella motivazione una
informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di
una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Rv.
257499 Giova peraltro ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito la
nozione di “prova decisiva”, rilevante, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d);
invero, la prova può ritenersi decisiva solo quando risulti idonea a superare contrasti e
conseguenti dubbi emergenti dall’acquisito quadro probatorio, oppure nel caso in cui sia
atta di per sè ad inficiare l’efficacia dimostrativa di altra o altre prove di sicuro segno
contrario: e che tale non è quella abbisognevole di comparazione – quale la prova
contraria – con gli elementi già acquisiti, non per negarne l’efficacia dimostrativa, bensì
per comportarne un confronto dialettico al fine di effettuare una ulteriore valutazione
per quanto oggetto del giudizio (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 17050 in data
11.04.2006, dep. 18.05.2006, Rv. 233729). Peraltro la sentenza impugnata ha
enunciato e motivato in termini assolutamente congrui e comunque niente affatto
illogici il difetto di coordinamento in capo all’imputato, ritenendo in conferenti le
risultanze processuali enunciate dal ricorrente.
Con il quinto motivo ed il sesto motivo si lamenta la mancanza e contraddittorietà della
motivazione e la violazione di legge quanto alla individuazione della condotta addebitata
all’imputato ed al nesso della medesima con l’evento. Va rimarcato aeriguardo come la
gravata sentenza abbia sottolineato come sia stato accertato che il Tolot non ha
mostrato in alcun modo la minima attivazione per il coordinamento in vista della
attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi sul lavoro, né in proprio
né a mezzo di delega a soggetto qualificato, pur sapendo che si trattava di operare su di
una ferrovia ad alta intensità di traffico, qual è la direttrice che unisce Verona al
Brennero, né si è preoccupato del tipo di lavorazione che doveva essere effettuata ed in
particolare della circostanza che i lavoratori dovevano più volte al giorno attraversare i
binari, né ha mai prescritto che i lavoratori cessassero immediatamente l’attività nel
momento stesso in cui terminava la scorta del personale RFI (pagg. 19 e 20) e come di
fatto “il Benvegnù ed i colleghi erano praticamente abbandonati a sé stessi in un
cantiere posto a rilevante distanza dal loro luogo di provenienza” (pag. 21). Quanto al
nesso di causalità, alla luce delle considerazioni sopra espresse, non è dubitabile che
ove il Tolot avesse adempiuto agli obblighi di prevenzione sullo stesso incombenti
l’evento non si sarebbe verificato.
Con il settimo motivo è dedotta la violazione dell’art. 521 c.p.p., che disciplina la
correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza. Secondo tale norma il giudice,
pur potendo dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata

che esse sono responsabili delle conseguenze derivanti dalla violazione di tali posizioni
di garanzia che sono tuttavia autonome e si affiancano a quelle degli altri soggetti
destinatari delle norme antinfortunistiche, non sostituendole (cfr. Sez. 4, n. 38002 del
09/07/2008, Rv. 241217). Per altro verso, nulla consente di ritenere che la committente
abbia impedito alli appaltatore di porre in essere opere tese a rimuovere la situazione di
pericolo.

Il motivo è infondato: come precisato da questa Corte, (Sez. 4, n. 51516 del
21/06/2013, Rv. 257902 ), in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del
principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna se la contestazione
concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al
giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento
colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non
sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa Come affermato dalle Sezioni
Unite di questa Corte (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carrelli, Rv. 248051) per
aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi
essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista
dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui
scaturisca un reale pregiudizio dei diritti di difesa; ne consegue che l’indagine volta ad
accertare la violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e
sentenza non può esaurirsi nel mero confronto puramente letterale fra contestazione e
sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto
insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia venuto a trovare
nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione. Ad
ulteriore specificazione è stato affermato che, a fondamento del principio di correlazione
tra l’imputazione contestata e la sentenza sta l’esigenza di assicurare all’imputato la
piena possibilità di difendersi in rapporto a tutte le circostanze rilevanti del fatto che è
oggetto dell’imputazione. Ne discende che il principio in parola non è violato ogni
qualvolta siffatta possibilità non risulti sminuita. Pertanto, nei limiti di questa garanzia,
quando nessun elemento che compone l’accusa sia sfuggito alla difesa dell’imputato,
non si può parlare di mutamento del fatto e il giudice è libero di dare al fatto la
qualificazione giuridica che ritenga più appropriata alle norme di diritto sostanziale. In
altri termini, quindi, siffatta violazione non ricorre quando nella contestazione,
considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo
del reato ritenuto in sentenza (Sez. 5, n. 2074 del 25/11/2008, Fioravanti, Rv. 242351;
Sez. 4, n. 10103 del 15/01/2007, Granata, Rv. 236099; Sez. 6, n.34051 del
20/02/2003, Ciobanu, Rv.226796; Sez. 5^, n. 7581 del 5/05/1999, Graci, Rv. 213776;
Sez. 6^, n. 9213 del 26/09/1996, Martina, Rv. 206208; Sez. 6″, n. 7955 del
21/04/1995, P.M. in proc. Innocenti, Rv. 202572; Sez. 1^, n. 2421 del 26/01/1995, Di
Raimondo, Rv. 200474; Sez. 2, n. 5907 dell’11/04/1994, De Vecchi, Rv. 197831). Nella
specie tale violazione deve certamente escludersi in relazione all’ampio spettro della
imputazione così come ab origine formulata.
Per i motivi sub 9), 10) e 11) si rinvia alle considerazioni svolte quanto alla posizione
del Tonet che ha proposto sui punti indicati (comportamento del lavoratore, concorso di
colpa e mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti) analoghe lagnanze.
Con il dodicesimo e tredicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine alla ammissione della parte civile da parte del giudice di primo
grado De Nardis Elisa, convivente del Benvegnù, oggetto dell’ordinanza emessa dal
giudice di primo grado in data 12 novembre 2011.
I motivi sono infondati. Infatti, quanto alla risarcibilità del danno sia patrimoniale che
morale, l’elaborazione giurisprudenziale l’ha estesa da tempo anche ai conviventi della
vittima (V. Sez. 1, Sentenza n. 3790 del 04/02/1994 Ud. Rv. 199108; Sez. 4, Sentenza
n. 33305 del 08/07/2002 Cc. Rv. 222366) in quanto, agli effetti della legitimatio ad
causam, del soggetto, convivente di fatto della vittima dell’azione di un terzo, viene in
considerazione non già il rapporto interno tra i conviventi, bensì l’aggressione che tale
rapporto ha subito ad opera del terzo. Conseguentemente, mentre è giuridicamente

nell’imputazione, è tenuto a disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico
ministero se accerti che il fatto è diverso da come descritto nell’imputazione. Secondo il
ricorrente, tale norma sarebbe stata violata in quanto non sarebbe stata contestata al
Tolot la qualifica di responsabile della sicurezza assegnatagli nella sentenza di primo
grado.

Per il caso di specie, da un lato la Corte territoriale ha congruamente motivato in ordine
alla stabilità della convivenza (la coppia era in attesa di un figlio nato pochi giorni dopo
la morte del padre e tutti i testi hanno confermato che la coppia aveva programmato lo
sviluppo della convivenza), dall’altro, in relazione ai danni morali, è necessario
verificare, in diritto, se alla De Nardis convivente della vittima, spetti il diritto al
risarcimento a tale titolo o, meglior-gli era riconosciuta la possibilità di costituirsi parte
civile nel procedimento penale de quo. Innanzitutto a riguardo va preso in
considerazione il combinato disposto dell’art. 74 c.p.p. e art. 185 c.p.; tale ultima
norma non fa riferimento alla sola persona offesa dal reato, ma al danneggiato in
genere. Copiosa è la giurisprudenza, a partire dagli anni 70 sia di merito che di
legittimità, che riconosce il diritto al risarcimento dei danni morali e, quindi, la
possibilità di costituzione come parte civile nel processo penale, in materia di reati
ambientali, o di attentato alla salute pubblica, ad enti ed associazioni portatori di diritti
c.d. adespoti, intesi questi come aventi ad oggetto interessi diffusi e collettivi, non
riferibili ad una pluralità determinata di individui, ma al contrario comuni a tutti gli
individui di una formazione sociale non organizzata e non individuabile autonomamente.
Ma al di là di questo fenomeno, non si può escludere che una persona fisica, in
conseguenza della uccisione di una persona, cui era legata intimamente da un rapporto
di affectio familiaris, per la definitiva perdita di tale rapporto, possa subire l’incisione di
un interesse giuridico, diverso dal bene salute, quale è quello dall’interesse eall’integrità
morale (la cui tutela, ricollegabile all’art. 2 Cost., ove sia determinata una ingiusta
sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale
soggettivo), e ciò in quanto l’interesse fatto valere è quello alla intangibilità della sfera
degli affetti. Trattasi di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura
economica, la cui lesione non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c.,
nel cui ambito rientrano i danni patrimoniali, ma ad una riparazione ai sensi dell’art.
2059 c.c., senza il limite ivi previsto in correlazione all’art. 185 c.p. in ragione della
natura del valore inciso, vedendosi in materia di danno che non si presta ad una
valutazione monetaria di mercato. Va da sè che in tal caso, in riferimento alla mera
ipotetica titolarità di tale diritto, va verificata la concreta lesione che comporta il
risarcimento del danno, verifica che è demandata al giudice della liquidazione. Peraltro
la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale non
esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno
risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto
dannoso e della esistenza – desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice
probabilità – di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, restando
impregiudicato l’accertamento riservato al giudice della liquidazione dell’esistenza e
dell’entità del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudizio formatosi
sull’an; Sez. 5, Sentenza n. 191 del 19/10/2000, Rv. 218077;Sez. 5, Sentenza n. 2435
dei 19/01/1993, Rv. 193807).
Al
rigetto dei ricorsi segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
6.
spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese in favore della parte civile che si
liquidano in C 2.500,00 oltre accessori come per legge –

P•Q”

irrilevante che il rapporto interno non sia disciplinato dalla legge, l’aggressione ad opera
del terzo legittima il convivente a costituirsi parte civile, essendo questi leso nel proprio
diritto di libertà, nascente direttamente dalla Costituzione, alla continuazione del
rapporto; diritto assoluto e tutelabile erga omnes, senza, perciò, interferenze da parte
dei terzi. E’ pur vero, quanto al danno patrimoniale, che non ogni convivenza, anche
soltanto occasionale, può ritenersi sufficiente a fondare un’azione risarcitoria4
consistendo il danno patrimoniale risarcibile nel venir meno degli incrementi )
patrimoniali, che il convivente di fatto era indotto ad attendersi dal protrarsi nel tempo
del rapporto; esso in tanto può essere risarcito, in quanto la convivenza abbia avuto un
carattere di stabilità tale da far ragionevolmente ritenere che, ove non fosse intervenuta
l’altrui azione, la convivenza sarebbe continuata nel tempo.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione
delle spese in favore della parte civile che liquida in C 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Cosìdeciso nella camera di consiglio del 5 novembre 2013

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