Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19470 del 16/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19470 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
PAPAIANNI SALVATORE nato il 15/11/1975 a CIRO’ MARINA
ANANIA MARIA nato il 18/10/1977 a CIRO’ MARINA

avverso l’ordinanza del 04/07/2017 del TRIBUNALE di PERUGIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONP

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lettekientite le conclusioni del PG

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Data Udienza: 16/02/2018

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza in data 4 luglio 2017 il Tribunale di Perugia, pronunciando
quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta da Salvatore
Papaianni e Maria Anania avverso l’ordinanza emessa dallo stesso Tribunale in data
3 maggio 2016, con la quale erano stati sottoposti a sequestro preventivo
finalizzato alla successiva confisca ed a confisca ai sensi della L. n. 356 del 1992,
art. 12 sexies, i beni nella disponibilità diretta e indiretta del Papaianni Salvatore,

73, alcuni intestati in via fittizia efaii a moglie Anania Maria.
2. Ricorrono per cassazione il Papaianni e l’Anania, quale terza interessata, a
mezzo dei rispettivi difensori e procuratori speciali.
2.1 Il primo denunzia violazione di legge con riferimento alla confisca che è
stata giustificata in base al solo dato della sproporzione tra risorse lecite e valore
dei beni, senza avere rispettato i principi dettati dalla Corte di cassazione, secondo
la quale la presunzione di illegittima acquisizione deve essere circoscritta in un
ambito di ragionevolezza temporale in modo che i beni sequestrati e confiscati non
risultino estranei al reato, perchè ottenuti in un periodo di tempo talmente
antecedente alla commissione del reato da non essere ad esso riferibili. Nel caso il
Tribunale non ha compiuto alcuna distinzione tra i beni del ricorrente e quelli della
moglie, confiscando anche cespite pervenuto a quest’ultima prima del matrimonio,
omettendo di considerare quanto dedotto con la memoria del 3/5/2016
sull’ammontare dell’indennizzo percepito per ingiusta detenzione pari a 70.000 euro
e non a 41.000 euro e sulla già avvenuta dismissione dell’autovettura marca BMW,
ceduta per ottenere un motociclo.
2.2 L’Anania deduce di avere già compiutamente rappresentato circostanze a
sé favorevoli, attestanti l’insussistenza dei presupposti per procedere a confisca, in
quanto:
– l’abitazione di Ciro Marina, intestata alla ricorrente, già nel 2001 era nel di lei
possesso in quanto bene oggetto di permuta intercorsa tra il padre e terzo
appaltante i lavori di costruzione posti in essere da lui;
– la data di trasferimento formale del bene è successiva a ragione dei patti intercorsi
tra la ricorrente medesima e i suoi fratelli a seguito della divisione dell’eredità
paterna;
– i redditi percepiti dalla stessa erano in grado di giustificare l’esborso sostenuto per
l’acquisto (d’occasione e non nuova) dell’autovettura Mercedes, a seguito della
permuta della quale ella ha acquistato la Renault “Twingo” che le è stata confiscata;
– sui libretti postali, sul conto corrente e sulla carta postapay non sono mai confluite
somme di provenienza dubbia, né di provenienza del consorte.
1

già condannato irrevocabilmente per il delitto di cui al d.P.R. n. 309 del 1990, art.

3.

Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di

cassazione, dr. Giuseppina Fodaroni, ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.

Considerato in diritto

I ricorsi sono fondati e meritano dunque accoglimento.
1. L’ordinanza impugnata ha avuto cura di distinguere le posizioni dei due
ricorrenti, dei quali il Papaianni, già condannato in via definitiva nell’ottobre 2011

estranea al procedimento di cognizione, ma titolare di beni ritenuti nella
disponibilità indiretta del predetto condannato. Quanto al primo ha rilevato che
dalle emergenze documentali risultassero smentiti gli assunti difensivi, ossia: che
l’immobile di Cirò Marina confiscato fosse stato acquisito dalla Anania in data
antecedente al passaggio in giudicato della pronuncia di condanna emessa nei
confronti del marito; che la rilevante sproporzione tra il valore dei beni acquisiti dal
Papaianni e l’ammontare delle risorse lecite fruibili nel periodo preso in
considerazione, con un saldo negativo pari a 232.584,88 euro, non consentiva di
assegnare rilievo alla deduzione difensiva, secondo la quale egli avrebbe incassato
dall’Erario un indennizzo per ingiusta detenzione pari ad euro 70.000, anziché ad
euro 41.156 -comunque unico risultante dal decreto prodotto agli atti-, poiché la
differenza pari a circa 30.000 euro tra i due importi era comunque insufficiente a
riequilibrare il disavanzo accertato tra il valore delle acquisizioni ed i redditi di
origine lecita disponibili; che della già cessione dell’autovettura BMW prima
dell’emissione del provvedimento ablativo non era stata offerta alcuna
dimostrazione.
Per la posizione dell’Anania, richiamando sul punto quanto esposto
nell’ordinanza investita dall’opposizione, ha osservato che i beni alla stessa intestati
dovevano ritenersi nella disponibilità di fatto del Papaianni e pervenuti nel loro
patrimonio non in data antecedente la intervenuta condanna del Papaianni per il
delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, poiché dell’acquisizione del possesso da
parte della Anania sin dal 2001 non è stato offerto adeguato riscontro probatorio e
la stessa ne è divenuta formale proprietaria soltanto dall’anno 2012 per non meglio
precisati e documentati accordi raggiunti con i di lei fratelli nell’ambito della
divisione dei beni ereditari di provenienza paterna.
2.

L’impugnazione proposta nell’interesse del Papaianni, premessi i principi

generali che regolano l’istituto della confisca atipica,

riproduce quasi

pedissequamente le obiezioni già contenute nell’atto di opposizione con
un’esposizione di argomenti generica ed indifferente ai rilievi confutativi esposti
nell’ordinanza impugnata; ripete dunque che il Tribunale aveva operato “d’ogni erba

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per il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, l’Anania sua consorte e terza

un fascio” senza distinguere i beni presenti nel suo patrimonio da quelli della moglie
e si duole dell’omessa considerazione dell’avvenuta percezione di un importo
maggiorato per l’indennizzo ricònosciutogli per ingiusta detenzione, entrata
legittima che, sommata ai redditi dichiarati fiscalmente, dovrebbe giustificare gli
acquisti dei propri beni, in parte rivenduti per ottenerne altri e quindi non più
presenti nel proprio patrimonio.
2.1 Per contro il Tribunale ha già smentito di avere proceduto ad una
valutazione unitaria dei cespiti nella formale titolarità dei due ricorrenti e ha fatto

riscontrato come l’assunto difensivo non fosse dimostrato documentalmente o in
altro modo e l’irrilevanza dell’importo incassato per la sofferta ingiusta detenzione,
in ogni caso insufficiente a dimostrare una provvista lecita sufficiente per effettuare
gli acquisiti dei beni considerati. Su queste precise e razionali osservazioni
l’impugnazione sorvola e non offre nessun elemento di valutazione contrario, non
prova che le lacune dimostrative fossero state già colmate da adeguate produzioni
documentali, effettuate nelle due precedenti fasi di merito, né che il raffronto
comparativo tra mezzi leciti ed esborsi sostenuti per acquisire i beni confiscati sia
erroneo nei presupposti fattuali o nei criteri giuridici applicati. Si noti del resto che
alcune circostanze stimate come prive di riscontro probatorio avrebbero potuto
facilmente essere provate mediante gli atti di cessione del veicolo BMW o il decreto
di liquidazione dell’indennizzo, prova che il ricorrente non si è curato di offrire e non
può quindi dolersi del rigetto delle proprie contestazioni.
2.2 Quanto alla Anania, le obiezioni mosse con l’impugnazione, per quanto
attinenti ai beni personali confiscati, in realtà giovano anche alla posizione del
coniuge.
In particolare, pur avendo il Tribunale argomentato in modo sufficiente e
congruo sull’assenza di redditi propri percepiti dalla ricorrente in entità tale da
consentirle di acquisire in autonomia i cespiti oggetto di ablazione, ha però
affermato esplicitamente che l’immobile di Cirò Marina era stato acquisito nel 2012
successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, pronunciata
nei confronti del Papaianni. Tale rilievo avrebbe richiesto una più ponderata
considerazione dei presupposti fattuali di applicazione della misura ablativa.
2.2.1 Giova ricordare che in linea generale l’istituto della confisca disciplinato
dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, conv. in L. n. 356 del 1992, è stato
delineato dal legislatore quale misura di sicurezza patrimoniale atipica, replicante i
caratteri della misura di prevenzione antimafia disciplinata dalla L. n. 575 del 1965
e la stessa finalità preventiva (Cass., Sez. Un., 17 luglio 2001, Derouach, rv.
219221); a suo fondamento si indica la presunzione relativa di accumulo di
ricchezza illecita nei confronti del soggetto condannato perché responsabile di

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riferimento alle analitiche ragioni esternate nel provvedimento di confisca; ha

episodi criminosi di particolare gravità ed allarme sociale sul presupposto della
sproporzione tra il valore del bene ed i redditi denunciati e l’attività economica dallo
stesso svolta, con imposizione sul condannato titolare o detentore di quei beni
dell’onere di giustificarne la provenienza mediante specifica allegazione di elementi
in grado di superare tale presunzione perchè dimostrativi della loro lecita origine e
di elidere in tal modo l’efficacia probatoria dei dati contrari offerti dall’accusa. Si è,
invece, escluso che la disposizione di legge pretenda, sia un collegamento tra i beni
del condannato ed il delitto “presupposto” quale profitto o provento dello stesso, sia

riportata condanna, restando, quale conseguenza di tali premesse, indifferente
l’epoca dell’acquisto del bene ed il suo valore, nel senso che la confisca opera anche
nel caso in cui i beni risultino acquisiti al patrimonio del condannato in epoca
precedente o successiva ai fatti contestati per i quali sia intervenuta condanna o
che il loro valore superi il provento del medesimo reato (Cass. Sez. Un., n. 920 del
17 dicembre 2003, Montella, rv. 226490-492).
2.2.2 Tale principio, pur condivisibile in linea generale, merita però alcune
precisazioni. Esso è stato formulato in riferimento ad una fattispecie concreta nella
quale le acquisizioni patrimoniali erano avvenute in parte in periodo nel quale erano
stati compiuti alcuni episodi delittuosi per i quali era poi intervenuta condanna,
proseguiti anche successivamente, per cui tali elementi erano legati tr-a loro da
vincolo di parziale contestualità. Inoltre, la sentenza Montella delle Sezioni Unite
non consente di ritenere superfluo ed inconferente l’accertamento circa la data di
acquisto dei beni rispetto alla data di commissione del reato, dovendosi, piuttosto,
verificare il primo dato quale circostanza indicativa della illecita accumulazione,
essendo illogico escludere detto sospetto per i beni acquistati nell’arco temporale in
cui il delitto è stato commesso. Per quelli successivi il Collegio condivide la linea
interpretativa, secondo il quale “la confisca prevista dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306,
art. 12 sexies, non può essere disposta in relazione a beni acquistati dal
condannato dopo la sentenza di condanna, giacché, da un lato si vanificherebbe
ogni distinzione della disciplina di tale tipo di confisca con quella delle misure di
prevenzione e, dall’altro, si attribuirebbero al giudice dell’esecuzione compiti di
accertamento tipici del giudizio di cognizione” (sez. 2, n. 46291 del 06/11/2012,
P.M. in proc. Polinti, rv. 255239; sez. 1, n. 12047 del 11/02/2015, Nikolla, rv.
263096; sez. 1, n. 17539 del 21/10/2016, dep. 06/04/2017, Consiglio, rv. 269866;
sez. 1, n. 51 del 19/12/2016, dep. 02/01/2017, Cecere, rv. 269293). Poiché la
presunzione d’illecita accumulazione, introdotta dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12
sexies, trova il proprio fondamento nell’accertamento definitivo della commissione
di uno dei delitti indicati nel medesimo articolo e nel suo epilogo con la sentenza di
condanna, il momento della sua pronuncia irrevocabile costituisce anche il
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un nesso pertinenziale tra i beni sottoposti a confisca e il reato per il quale è stata

parametro temporale sino alla quale opera la presunzione ed autorizza la
sottoposizione a confisca ex art. 12-sexies dei beni acquistati o comunque entrati
nella disponibilità del condannato fino alla data di passaggio in giudicato della
pronuncia di condanna, oppure in un momento successivo se si dimostri in modo
specifico ed incontroverso che l’acquisto sia avvenuto con mezzi ottenuti prima
della condanna (così, in motivazione, sez. 2, n. 46291 del 06/11/2012, Polinti, rv.
255239). Del resto, a corollario dei superiori rilievi, si osserva che il giudice
dell’esecuzione quando richiesto di applicare la confisca ex art. 12-sexies deve

svolgere il giudice nella sede di cognizione, senza dunque poter investigare fatti ed
eventi successi alla conclusione del relativo procedimento.
Va poi richiamato anche l’indirizzo giurispudenziale, per il quale anche per gli
acquisti effettuati prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna
l’assoggettabilità a confisca riguarda quegli incrementi verificatisi a “ragionevole
distanza” da esso, mentre quelli molto antecedenti possono essere estranei al reato
(sez. 1, n. 41100 del 16/04/2014, Persichella, rv. 260529).
2.2 Un autorevole avvallo esegetico alla soluzione enunciata è offerto dalla
recentissima pronuncia della Corte costituzionale n. 33 del 2018, che, chiamata a
scrutinare la legittimità costituzionale dell’art. 12-sexies nella parte in cui include la
ricettazione tra i delitti presupposto, dopo avere richiamato le consistenti modifiche
apportate al testo normativo dallo art. 31 della legge 17 ottobre 2017, n. 161, e le
linee di tendenza della novellazione, orientata al potenziamento ed all’ampliamento
del campo di operatività della confisca “allargata”, ha confermato l’assenza di un
nesso di derivazione tra i beni confiscabili ed il reato per cui è stata pronunciata
condanna, e neppure tra i medesimi beni e una più generica attività criminosa del
condannato, poiché, in presenza delle condizioni indicate dalla norma, opera la
presunzione relativa di illegittima acquisizione dei beni stessi. Ha quindi riconosciuto
che la coerenza di tale presunzione col sistema dei valori costituzional. passa
attraverso l’applicazione della confisca secondo il criterio, di matrice interpretativa,
della «ragionevolezza temporale»: in altri termini, ha ribadito quanto affermato da
questa Corte, ossia che il momento di acquisizione del bene “non dovrebbe
risultare, cioè, talmente lontano dall’epoca di realizzazione del “reato spia” da
rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da
una attività illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui è
intervenuta condanna. Si tratta di una delimitazione temporale
corrispondente, mutatis mutandis, a quella che le stesse sezioni unite hanno
ritenuto operante con riferimento alla misura affine della confisca di prevenzione
antimafia…La ricordata tesi della «ragionevolezza temporale» risponde, in effetti,
all’esigenza di evitare una abnorme dilatazione della sfera di operatività dell’istituto

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compiere gli accertamenti e condurre le stesse valutazioni che avrebbe potuto

della confisca “allargata”, il quale legittimerebbe altrimenti – anche a fronte della
condanna per un singolo reato compreso nella lista – un monitoraggio patrimoniale
esteso all’intiera vita del condannato. Risultato che – come la Corte rimettente pure
denuncia – rischierebbe di rendere particolarmente problematico l’assolvimento
dell’onere dell’interessato di giustificare la provenienza dei beni (ancorché inteso
come di semplice allegazione), il quale tanto più si complica quanto più è
retrodatato l’acquisto del bene da confiscare”. Ha quindi avvertito la necessità di

presunzione è destinata ad operare, va determinata in riferimento alle
caratteristiche della singola vicenda concreta e, dunque, del grado di pericolosità
sociale che il fatto rivela, sicchè spetta al giudice la possibilità di verificare se, in
relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalità del suo autore – le
quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto
episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento – il fatto per cui è
intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal “modello” che vale a fondare la
presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato”.
2.3 Nel caso di specie il Tribunale ha considerato l’intervenuta pronuncia di
condanna a carico del Papaianni e ha espressamente evidenziato la posteriorità di
almeno tre anni del momento di acquisizione dell’immobile rispetto alla decisione di
primo grado e di un anno avuto riguardo alla sua irrevocabilità; altrettanto può dirsi
quanto alle autovetture intestate pure alla Anania. Pertanto, il corretto rilievo della
superfluità per l’adozione della misura ablativa della dimostrata derivazione del
bene dalla commissione del reato non risolve in modo soddisfacente e coerente col
dettato normativo, come interpretato da questa Corte, la tematica sollevata con
l’opposizione dell’assoluta autonomia degli acquisti rispetto alla vicenda delittuosa
già giudicata.
L’ordinanza impugnata va dunque annullata affinchè nel giudizio di rinvio si
rinnovi l’esame dell’opposizione in base ai principi sopra esposti e si dia conto delle
verifiche fattuali condotte con esaustiva motivazione mediante verifica anche di un
eventuale reimpiego di proventi illeciti, ottenuti in un momento antecedente al
giudicato di condanna a carico del Papaianni, nell’acquisto dei beni confiscati nei
confronti della di lui moglie Anania.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo

ITJ

al Tribunale di

Perugia.
Così deciso in Roma, il 1915EITSCIS i

nivnit,

Il Consigliere estensore
Monica
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TATA
IN CANCELLERIA
-4 MAG 2018

Il Presidente
Angela Tardio

specificare che l’area della «ragionevolezza temporale», entro la quale la

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