Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19469 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19469 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro;

nei confronti di: GIGLIO Antonio, nato il 05/07/1976;

Avverso l’ordinanza n. 1067/2017 del Tribunale di Catanzaro in data 20/07/2017;

Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Antonio Minchella;

Udito il Procuratore Generale, in persona del dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore, Avv. Francesco Iacopino, che ha concluso per la inammissibilità del
ricorso o, in subordine, per il rigetto dello stesso;

Data Udienza: 15/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1. In data 20/07/2017 il Tribunale di Catanzaro accoglieva l’istanza di riesame
avanzata da Giglio Antonio, sottoposto a custodia cautelare in carcere in esecuzione
dell’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Catanzaro in data 20/06/2017 per
associazione di tipo mafioso. Rilevava il Tribunale che la vicenda si inseriva nel più
ampio quadro delle attività di criminalità organizzata in Isola Capo Rizzuto, doveva
varie inchieste e processi avevano dimostrato la persistente presenza della cosca
mafiosa Arena, che, particolarmente radicata, aveva per anni condotto un’azione

apicali delle cosche avevano trovato un accordo di pacificazione al fine di spartirsi,
oltre ai tradizionali proventi illeciti (estorsioni, guardianie, monopolizzazione di
prodotti commerciali, imposizioni di ditte edili), gli ingenti profitti derivanti dal
danaro pubblico che occorreva per la gestione del centro di assistenza ai migranti di
Isola Capo Rizzuto; l’attività investigativa era consistita nella captazione di
conversazioni, nella raccolta di informazioni e nella acquisizione di dichiarazioni di
vari collaboratori di giustizia. Nel dettaglio, il GIP del Tribunale di Catanzaro aveva
ritenuto l’indagato come raggiunto da gravi indizi di colpevolezza per avere fatto
parte di un gruppo di azione diretto da Mirarchi Santo con compiti esecutivi nel
settore delle intimidazioni estorsive. Invece il Tribunale osservava che le dichiarazioni
del collaboratore di giustizia Mirarchi Santo erano valide circa la costituzione di un
gruppo attivo per conto della cosca “Arena”, mentre per il Giglio Antonio difettavano
adeguati riscontri: i rapporti con la cosca “Arena” erano tenuti personalmente dal
Mirarchi, per cui non risultava alcun rapporto tra gli affiliati alla cosca ed il Giglio, il
quale, al pari degli altri componenti della cellula, era convinto che le azioni di
danneggiamento poste in essere fossero una iniziativa del Mirarchi; l’indagato aveva
posto in essere nel maggio 2015 atti di danneggiamento a fini estorsivi ai danni di
commercianti di Catanzaro Lido, ma difettavano elementi da cui desumere che egli
fosse consapevole di far parte di una associazione mafiosa gravitante in Isola Capo
Rizzuto, anche perché l’individuazione degli obbiettivi era comunicata direttamente al
Mirarchi e si ignorava se costui avesse comunicato agli altri correi la provenienza
delle indicazioni, anche perché egli non risultava avere comunicato ai componenti del
suo gruppo che la mancata erogazione dei loro compensi era derivata dalla pretesa
del gruppo “Arena” di percepire tutti gli introiti delle estorsioni. Vi era poi una
conversazione intercettata in carcere tra l’indagato e la madre il 14/06/2016, nel
corso della quale il Giglio esprimeva il suo disappunto per la scelta collaborativa del
Mirarchi, il quale non aveva mantenuto i patti di assistenza ai detenuti: ma secondo
il Tribunale questo colloquio dimostrava soltanto che il Giglio riteneva di operare per
conto del Mirarchi e non faceva alcun riferimento alla cosca “Arena”; parimenti, altre
conversazioni in cui il Giglio mostrava il suo timore per le dichiarazioni collaborative

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cruenta per affermare la sua supremazia sul territorio fino a quando gli esponenti

del Mirarchi dimostravano solo che quegli aveva operato in più settori, me non vi era
unione con la consorteria “Arena”. Così si annullava la misura cautelare.

2. Avverso detta ordinanza propone ricorso la Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Catanzaro, deducendo con motivo unico, ex art. 606, comma 1, lett. b)
ed e), cod.proc.pen., erronea applicazione di legge e manifesta illogicità della
motivazione: sostiene che la conclusione del Tribunale era stata apodittica e frutto di
una valutazione parcellizzata del compendio indiziario, pur senza che avesse

quale aveva indicato il Giglio come componente del suo gruppo criminale che era una
cellula operante in Catanzaro come articolazione della “cosca Arena”; si riporta che
nel novembre 2014 era stato Nico Gioffrè a far comprendere al Mirarchi che o si
legava agli isolitani o si schierava contro di loro ed allora egli aveva coinvolto anche il
suo gruppo, che doveva dunque ritenersi come operante sotto le direttive del Gioffrè,
il quale era il referente in Catanzaro della cosca “Arena”. Ma il Tribunale
illogicamente non aveva considerato come riscontro il fatto che il Giglio fosse stato
attinto da ordinanza cautelare per vicende estorsive ì mentre dalle dichiarazioni del
Mirarchi emergeva come detti componenti del gruppo fossero consapevoli di operare
nel programma criminale isolitano e illogicamente aveva disatteso il contenuto delle
conversazioni intercettate, che confermavano la veridicità delle dichiarazioni
collaborative e la circostanza di un contatto con gli Arena.

3. In udienza le parti hanno concluso per come riportato in epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto nei termini di seguito esposti.
È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di sindacabilità da parte di
questa Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame sulla libertà
personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di
misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio
di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla
consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, alla Corte
Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio
di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato
adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del
quadro indiziario e della permanenza delle esigenze cautelari a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano

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avanzato dubbi sulla credibilità soggettiva del collaboratore di giustizia Mirarchi, il

l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di
riesame – mezzo di impugnazione, sia pure atipico – ha la specifica funzione di
sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti
formali indicati nell’art. 292 cod. proc. pen., ed ai presupposti ai quali è subordinata
la legittimità del provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale,
deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di
cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare

all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di
colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; conforme, dopo la
novella dell’art. 606 cod. proc. pen., Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova,
Rv. 237012).

2.

La prima doglianza del ricorrente non può essere accolta, poiché essa fa

riferimento al fatto che il Giglio era stato attinto da altri titoli cautelari per vicende
estorsive: tuttavia al ricorso non è allegata alcuna documentazione attestante dette
asserite vicende, e ciò determina un difetto di autosufficienza del ricorso su questo
punto specifico.
,

Ina 11 ricorrente non può limitarsi ad addurre l’esistenza di atti del processo non
esplicitamente presi in considerazione nella motivazione o non correttamente
interpretati dal giudicante, ma deve invece identificare, con l’atto processuale cui
intende far riferimento, l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto
emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione adottata dal provvedimento
impugnato, dare la prova della verità di tali elementi o dati invocati, nonché
dell’esistenza effettiva dell’atto processuale in questione. In proposito può ritenersi
ormai consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, il principio della cosiddetta
“autosufficienza del ricorso”, inizialmente elaborato dalle sezioni civili di questa
Corte, secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di
manifesta illogicità della motivazione ma che non sia autosufficiente con riferimento
alle relative doglianze (Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723).

3. La successiva doglianza è, invece, fondata dal punto di vista della manifesta
illogicità della motivazione, valutata alla stregua dello stesso percorso argomentativo
del provvedimento impugnato.
E’ principio consolidato quello per cui, in tema di valutazione di elementi indiziari,
il giudice non può limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi,
né procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve valutare, anzitutto, i
singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di
fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti), saggiarne l’intrinseca
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contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente

valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica) e poi procedere ad un esame
globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi,
isolatamente considerato, possa risolversi in una visione unitaria.
Nella fattispecie, l’ordinanza impugnata ha considerato come centrali le
dichiarazioni rese dal collaborante Mirarchi, ponendo in evidenza che costui aveva
gestito un gruppo di persone dedite ad attività di natura estorsiva in Catanzaro Lido e
che, nella evoluzione della dinamica criminale, il Mirarchi aveva dovuto accettare di
entrare nell’orbita di azione della cosca “Arena”, radicata e desiderosa di espansione

cellula attiva per conto di quella cosca.
Pertanto detta ordinanza non mette in dubbio l’attendibilità soggettiva del Mirarchi
né la coerenza del suo racconto né la verosimiglianza delle circostanze riportate:
tuttavia solleva il dubbio circa la consapevolezza degli altri appartenenti a quel
gruppo (diversi dal Mirarchi, appunto) circa la loro attività posta ormai al servizio
della cosca “Arena”; il dubbio viene basato sul fatto che il Mirarchi non aveva
specificato questo aspetto, che egli soltanto riceveva le direttive e che, in almeno una
occasione (un episodio di redistribuzione di profitti illeciti), aveva nascosto ai correi le
ingerenze della più pericolosa consorteria.
A conforto di questo dubbio l’ordinanza riporta conversazioni intercettate in
carcere nei confronti del Giglio e reputa le stesse di connotazione neutra: tra di esse
ripone la conversazione in data 14/06/2016 tra il Giglio e la madre, evidenziando che
il disappunto per la scelta collaborativa del Mirarchi non aveva una valenza
particolare, poiché era ovvio che il Giglio temesse a causa della sua partecipazione ad
azioni criminose dirette dal Mirarchi; nonché la conversazione in data 26/04/2016,
nel corso della quale il Giglio effettua un riferimento diretto ai rapporti con la cosca
“Arena”, ritenuta non rilevante poiché dimostrativa soltanto di una miriade di attività
illecite poste in essere dal Giglio unitamente al Mirarchi.
Tuttavia, correttamente il P.M. ricorrente pone in risalto che queste conversazioni
vengono affiancate – in modo manifestamente illogico – ad elementi di connotazione
neutra, mentre esse contengono fattori valutattarascurati immotivatamente.
Ad esempio, la prima delle due conversazioni citate evidenzia come il Giglio
riconosceva nel Mirarchi il capo del suo gruppo e quindi confermava l’esistenza di una
consorteria attiva in azioni illecite, offrendo un elemento di riscontro alle dichiarazioni
del Mirarchi.
Ma soprattutto la conversazione del 26/04/2016 offriva un elemento particolare e
cioè l’esistenza di rapporti con altre cosche, da cui egli temeva ripercussioni anche
per l’incolumità fisica: infatti il Giglio affermava

«Perché se si pente lui…quando

siamo andati a Isola dagli “Arena”», facendo un riferimento diretto al fatto di essersi
recato – unitamente al Mirarchi – proprio in Isola Capo Rizzuto e proprio ad avere un
contatto con la cosca “Arena”. Va anche considerato che, in quella conversazione, il
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territoriale; di fatto, perciò, il gruppo, originariamente autonomo, era divenuto una

Giglio esprimeva un timore per le possibili dichiarazioni del Mirarchi, effettuando una
sorta di previsione basata sulla sua memoria: in effetti, il Mirarchi avrebbe poi
narrato l’episodio dopo il 09/05/2016; ed ancora, il ricorso sottolinea altra
conversazione (quella del 23/08/2016) nel corso della quale ancora il Giglio collega il
nome del Mirarchi al timore di una vendetta da parte della cosca “Arena”. Questa
conoscenza diretta del Giglio, la sua partecipazione al contatto e il viaggio con il
Mirarchi sono elementi che – sul piano della mera logica argomentativa – risultano
essere stati sviliti con l’accostamento a fattori neutri, in un percorso che omette di

che – almeno in astratto e sul piano della logica indiziaria – avrebbero potuto
costituire riscontro alla chiamata in correità, comportando una consapevolezza di
operare per conto del sodalizio isolitano sulla quale il Tribunale ha espresso dubbi tali
da annullare l’ordinanza cautelare.
Sul punto, è bene ribadire che, in tema di associazione di tipo nnafioso,la condotta
di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica
compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che
uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del
quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione
dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi: in altri termini, la
partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di
attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità
di tipo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato,
purché si tratti di indizi gravi e precisi – tra i quali, esemplificando, i comportamenti
tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale,
l’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a
molteplici, e però significativi

facta concludentia -, idonei senza alcun automatismo

probatorio, a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con
puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato
dall’imputazione (Sez. U. n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231670).
Gli aspetti sopra evidenziati non costituiscono dettagli di secondario rilievo.
Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo
esame al Tribunale del Riesame di Catanzaro, cui vanno trasmessi integralmente gli
atti.
A cura della Cancelleria, sarà trasmessa copia del provvedimento al Direttore
dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp.att.c.p.p.

P.Q.M

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro,
competente ex art. 309 cod.proc.pen., con integrale trasmissione degli atti .
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valutare in maniera complessiva ed unitaria gli elementi raccolti, ignorando aspetti

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
4 MAG. 2018
loma,
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore
dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, com ma 1 ter, disp.att.cod.proc.pen.

Così deciso il 15 febbraio 2018.
Il Presidente
(dott. Angela Tardio)

3^1’9-L

Il Consigliere estensore
(dott. Antonio Minchella)

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