Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19461 del 20/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19461 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PAONESSA LUIGI N. IL 24/04/1947
avverso la sentenza n. 4636/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
22/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 20/03/2015

Paonessa Luigi ricorre avverso la sentenza 22.5.14 della Corte di appello di Genova con la quale, in
parziale riforma di quella in data 21.6.12 del locale tribunale che lo ha condannato, per i reati di cui
agli artt.81 cpv., 594, 582, 56,610 e 624-bis c.p., concesse attenuanti generiche equivalenti alla
contestata recidiva, alla pena di anni uno, mesi uno, giorni 15 di reclusione ed € 600,00 di multa,
oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, Pazmino Sotomayor Norma

pena a mesi nove di reclusione ed € 236,00 di multa ed è stato concesso il beneficio di cui
all’art.163 c.p. subordinato al risarcimento del danno entro 30 giorni dalla irrevocabilità della
sentenza.
Deduce il ricorrente, con il primo motivo, violazione dell’art.606, comma 1, lett.e) c.p.p. per non
avere i giudici di appello sottoposto al doveroso vaglio critico le affermazioni della parte civile, su
cui era basato il giudizio di responsabilità dell’imputato, non considerando la litigiosità venutasi a
determinare tra le parti in seguito alla separazione dopo sette anni di convivenza, la denuncia
presentata dal Paonessa nei confronti della stessa Pazmino e la circostanza che solo sei giorni dopo i
fatti la Pazmino si era recata in un ospedale dove vi lavorava un medico di sua conoscenza, per farsi
refertare circa lesioni che non potevano essere quindi con certezza riconducibili al Paonessa.
Con il secondo motivo si censura la determinazione del danno proprio in considerazione
dell’interruzione del nesso di causalità tra evento e danno.
Con il terzo motivo si lamenta la mancata assoluzione dal reato di cui all’art.610 c.p., non essendo
stata commessa alcuna violenza dal Pa/onessa, il quale era animato solo dall’intenzione di ‘fare
pace’ e pertanto si era recato presso il luogo di lavoro della Pazmino per chiudere ogni questione,
non certo per intimare alla donna di ritirare la denuncia.
Con il quarto motivo si censura di illogicità l’affermazione di responsabilità per il reato di furto,
basata sulle sole dichiarazioni della p.o., laddove l’imputato aveva riferito che aveva solo tentato di
fermare il comportamento aggressivo della Pazmino che stava per colpirlo con il telefono cellulare e
che in seguito a ciò .

Aracely, liquidati in complessivi €2.000,00, disapplicata la contestata recidiva, è stata ridotta la

Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, sia perché involgente
considerazioni di merito, come tale precluse al giudice di legittimità, sia perché manifestamente
infondato, avendo i giudici territoriali, con motivazione congrua ed immune da profili di illogicità o
contraddittorietà, evidenziato come la responsabilità del Paonessa riposi sulle dichiarazioni della
p.o. — la cui attendibilità è adeguatamente argomentata — corroborate, per quanto concerne i fatti di

riferire direttamente di aver visto, immediatamente dopo i fatti, la Pazmino spaventata e dolorante,
con vistosi segni sul volto, e di averne raccolto le confidenze circa l’aggressione portatale
dall’odierno ricorrente.
Le lesioni refertate — hanno rimarcato i giudici — erano peraltro compatibili con il narrato della p.o.
la quale, anche in ordine ai restanti reati, aveva offerto un racconto lineare coerente e privo di
reticenze, a fronte di una versione dell’imputato del tutto incongrua.
Le doglianze circa la determinazione del quantum risarcitorio sono anch’esse manifestamente
infondate, sia per l’accertata esistenza del nesso di causalità tra la condotta del Paonessa e l’evento
lesivo subito dalla Pazmino, sia perché la relativa censura non risulta essere stata oggetto di
specifico gravame in sede di appello, come emerge dalla incontestata narrativa della Corte
genovese.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 20 marzo 2015

reato sub A), da quelle rese dai testi Traverso Emilia e Castelli Laura, quest’ultima in grado di

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