Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19454 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19454 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Onofrio Luigi

nato il 22.9.1947

avverso la sentenza del 28.10.2013
della Corte di Appello di Brescia
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Fulvio Baldi, che ha
chiesto il rigetto del ricorso
udito il difensore,avv.Antonio Piccolo anche in sost. dell’avv.
Marco Gallina, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso

Data Udienza: 27/03/2014

1. Con sentenza del 28.10.2013 la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Brescia, resa in data 28.9.2012, con la quale Onofrio Luigi, ritenuta
la diminuente per la scelta del rito abbreviato, era stato condannato per i reati di cui all’art.10
bis D.L.vo 74/2000, ascritti ai capi 1) e 2), unificati sotto il vincolo della continuazione,
assolveva l’imputato dal reato di cui al capo 2) perché il fatto non costituisce reato e
rideterminava la pena per il residuo reato in mesi 5 e giorni 24 di reclusione, confermando nel
resto.
Preliminarmente la Corte territoriale rigettava l’eccezione di nullità del decreto di citazione a
giudizio. Dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, non avendo
l’indagato dichiarato o eletto domicilio, le notifiche avrebbero dovuto essere effettuate presso
il difensore di fiducia ex art.157 co.8 bis c.p.p. L’espletamento di ricerche per accertare
l’eventuale reperibilità dell’imputato era stato, pertanto, un adempimento sovrabbondante.
L’atto notificato al difensore, per il rapporto fiduciario esistente, era venuto a conoscenza
dell’imputato, il quale, del resto, aveva rilasciato al predetto difensore procura speciale per la
richiesta di rito abbreviato.
Quanto al merito, rilevava la Corte territoriale che la presentazione dei Mod.770, con allegate
le attestazioni nominative, era indice delle operate ritenute e dell’avvenuto rilascio delle
attestazioni.
2. Ricorre per cassazione Onofrio Luigi, a mezzo del difensore, denunciando l’inosservanza di
norme processuali e la mancanza di motivazione.
Con i motivi di appello era stata eccepita la nullità del decreto di irreperibilità emesso dal P.M.
in data 5. 42012 (essendo incomplete le ricerche effettuate).
La Corte territoriale, nel rigettare l’eccezione, assumeva che le notifiche dovevano ritenersi
effettuate al difensore ai sensi dell’art.157 co.8 bis c.p.p., senza però tener conto che nella
seconda pagina dell’atto di nomina il difensore aveva espressamente dichiarato di non
accettare le notifiche ai sensi della predetta norma e che, comunque, essendo la notifica
avvenuta ex art.159 c.p.p., il difensore non aveva potuto opporre alcun rifiuto alla consegna
dell’atto.
Non è pertinente poi il richiamo alla procura speciale, che era stata rilasciata contestualmente
all’atto di nomina e non, come ritiene la Corte, dopo la notifica del decreto di citazione al
difensore.
Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale,
nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Con i motivi di appello era stato dedotto che non vi era prova in ordine alla consegna delle
certificazioni relative alle somme trattenute e da versare all’erario, per cui, in mancanza di tale
presupposto, non era configurabile il reato contestato. Nel corso delle indagini il P.M. aveva
fatto espressa richiesta all’Agenzia delle Entrate, la quale aveva comunicato di essere
impossibilitata a verificare se il sostituto di imposta avesse provveduto a rilasciare le
certificazioni.
La Corte di Appello ha tentato di rimediare all’erronea argomentazione, sul punto, del
Tribunale, ma è dovuta ricorrere ad una presunzione in mancanza di prova sull’avvenuto
rilascio di tali certificazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Quanto all’eccezione di nullità, venendo denunciata la violazione di norme processuali l la
Corte di Cassazione è Giudice anche del fatto per cui è consentito l’accesso agli atti.
Effettivamente la Corte territoriale non tiene conto che la notifica è avvenuta al difensore ex
art.159 c.p.p. e che la procura speciale è stata rilasciata contestualmente all’atto di nomina del
difensore di fiducia in data 20.12.2010 e quindi ben prima della notifica al difensore del
decreto di citazione a giudizio.

2

RITENUTO IN FATTO

3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr.sentenza delle Sezioni Unite del 21.6.2000
n.16- Tammaro) “il giudizio abbreviato costituisce un procedimento a “prova contratta”, alla
cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, a mezzo del quale le parti
accettano che la regiudicanda sia definita all’udienza preliminare alla stregua degli atti di
indagine già acquisti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di
attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui
essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del
dibattimento. Tuttavia tale negozio processuale di tipo abdicativo può avere ad oggetto
esclusivamente i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati, ma resta
privo di negativa incidenza sul potere-dovere del giudice di essere, anche in quel giudizio
speciale, garante della legalità del procedimento probatorio. Ne consegue che in esso, mentre
non rilevano né l’inutilizzabilità cosiddetta fisiologica della prova, cioè quella coessenziale ai
peculiari connotati del processo accusatorio, in virtù dei quali il giudice non può utilizzare
prove, pure assunte “secundum legem”, ma diverse da quelle legittimamente acquisite nel
dibattimento secondo l’art.526 cod.proc.pen, con i correlati divieti di lettura di cui all’art.514
stesso codice (in quanto in tal caso il vizio sanzione dell’atto probatorio è neutralizzato dalla
scelta negoziale delle parti, di tipo abdicativo), né le ipotesi di inutilizzabilità “relativa” stabilite
dalla legge in via esclusiva con riferimento alla fase dibattimentale, va attribuita piena
rilevanza alla categoria sanzionatoria dell’inutilizzabilità cosiddetta “patologica”, inerente, cioè,
agli atti probatori assunti “contra legem”, la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto non
solo nel dibattimento, ma in tutte le altre fasi del procedimento, comprese quelle delle indagini
preliminari e dell’udienza preliminare, nonché le procedure incidentali cautelari e quelle
negoziali di merito” (cfr. successivamente (Cass.sez.3 n.29240 del 9.6.2005; conf.Cass.sez.6
n.14099 del 30.1.2007; Cass.sez.3 n.39407 del 26.9.2007).
3.1. Per quanto riguarda più specificamente le eventuali nullità degli atti “introduttivi” e
“propedeutici”, è stato costantemente affermato che, una volta richiesto il giudizio abbreviato,
non possono essere più dedotte le nullità a regime intermedio.
Si è così ritenuto che “l’instaurazione del giudizio immediato per tutti i reati per i quali
l’esercizio dell’azione penale deve avvenire con citazione diretta, precludendo all’imputato il
diritto a ricevere la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ex art.415 bis c.p.p.,
determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che non può, però, essere
dedotta a seguito della scelta del giudizio abbreviato, in quanto la richiesta del rito specialòe
opera un effetto sanante delle nullità, ai sensi dell’art.183 c.p.p. (cfr. Cass.pen. sez. 6 n.5902
del 13.10.2011, Adiletta, Rv. 252065) o che “l’omesso espletamento dell’interrogatorio a
seguito dell’avviso di cui all’art.415 bis c.p.p., benchè sollecitato dall’imputato determina una
nullità di ordine generale a regime intermedio che non può essere dedotta a seguito della
scelta del giudizio abbreviato, in quanto la richiesta del rito speciale opera un effetto sanante
delle nullità ai sensi dell’art.183 c.p.p.” (Cass. sez. 1 n.19948 del 5.5.2010, Merafina, Rv.
247566), o, infine, che “l’omessa traduzione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari
in una lingua nota all’indagato, che non comprenda la lingua italiana, determina una nullità di
ordine generale a regime intermedio che non può essere dedotta a seguito della scelta del
giudizio abbreviato, in quanto la richiesta del rito speciale opera un effetto sanante delle nullità
ai sensi dell’art.183 c.p.p. (cfr. Cass.pen. Sez.3 n.39298 del 26.9.2006; conf. Cass. Sez.6
n.25153 del 4.5.2010).

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Risulta, però, dagli atti che all’udienza del 4 maggio 2012 veniva eccepita la tardività della
notificazione del decreto di citazione a giudizio, per cui il Tribunale disponeva la rinnovazione
della citazione, rinviando al 28.9.2012; a tale udienza il difensore, munito di procura speciale,
avanzava richiesta di rito abbreviato condizionato all’acquisizione di documentazione. Avendo il
Tribunale rigettato la richiesta (stante la irrilevanza della documentazione di cui si chiedeva
l’acquisizione), il difensore-procuratore speciale chiedeva procedersi con “rito abbreviato
secco”. Essendo stata accolta la richiesta, era disposta l’acquisizione del fascicolo del P.M. e le
parti venivano invitate a concludere.
Risulta, quindi, dagli atti che, davanti al Tribunale e prima della richiesta del rito abbreviato,
non veniva eccepita la nullità del decreto di citazione nei termini prospettati prima con l’atto di
appello e poi in sede di ricorso.

3.3. Nel caso di specie, la notifica è stata effettuata al difensore di fiducia, il quale non solo
non ha eccepito alcunché nel corso del giudizio di primo grado in ordine alla mancata
conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, ma, dopo aver ottenuto la rinnovazione della
citazione per tardività della precedente, ha fatto, in forza della procura speciale rilasciatagli
dall’imputato medesimo, richiesta di rito abbreviato.
Trattandosi, in ipotesi, di nullità a regime intermedio (riguardando le modalità della notifica),
una volta ottenuto (senza averla tempestivamente eccepita) il giudizio abbreviato, non può
essere più fatta valere.
In tal senso, trattandosi di questione di diritto, va integrata e precisata la motivazione della
sentenza impugnata.
4. Quanto al “merito”, non c’è dubbio che n legislatore, nel reintrodurre la sanzione penale di
cui all’art.10 bis D.L.vo 74/2000 con la L.311/2004, abbia esplicitato in modo assolutamente
chiaro che essa trova applicazione soltanto sulle ritenute effettivamente operate sulle
retribuzioni corrisposte ai dipendenti. Di qui il riferimento alle “certificazioni rilasciate ai
sostituiti” in luogo della più generica formula contenuta nell’art. 2 D.L.429/1982 conv. in
L.516/82 (“le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di imposta, sulle somme
pagate..”).
Se dunque la norma di cui all’art.10 bis D.L.vo 74/2000 si propone di sanzionare l’omesso
versamento, nel termine previsto, delle ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto
di imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, non vi è ragione per
ritenere che la prova di ciò debba ricavarsi solo dalle “certificazioni” senza possibilità di
ricorrere ad “equipollenti”.
L’onere della prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate, trattandosi di elemento
costitutivo del reato, grava, senza dubbio alcuno, sulla pubblica accusa, anche se può
assolverlo mediante il ricorso a prove documentali o testimoniali oppure attraverso la prova
indiziarla.
4.1. La Corte territoriale
ha
correttamente ritenuto che la prova del rilascio della
certificazione (e quindi della effettiva corresponsione delle retribuzioni e delle trattenute
operate) potesse ricavarsi da un dato assolutamente non equivoco, in quanto proveniente
dallo stesso datore di lavoro obbligato.
Con accertamento in fatto ha ritenuto, che “Non è quindi necessario verificare, sostituito per
sostituito, se questi ultimi abbiano ricevuto l’attestazione (Mod.CUD o altro) da parte del
sostituto, poiché la presentazione della dichiarazione Mod.770, con allegate le attestazioni
nominative, è indice inequivocabile delle operate ritenute e delle rilasciate certificazioni” (pag.5
sent. Corte App.).

4

3.2. Che la notifica del decreto di citazione a giudizio, con modalità diverse da quelle previste,
dia luogo non ad una nullità assoluta ex art.179 c.p.p, ma, di regola, a una nullità di ordine
generale, cd. a regime intermedio, a norma dell’art.180 c.p.p., è ormai assolutamente pacifico
a seguito della sentenza delle Sezioni Unite 119/2005.
La giurisprudenza successiva ha, infatti, ribadito che “la notificazione della citazione effettuata
presso la residenza dell’imputato, nonostante egli abbia eletto domicilio, determina una nullità a
regime intermedio, non assoluta, essendo la notifica comunque idonea a determinare l’effettiva
conoscenza dell’atto notificato” (cfr. ex multis Cass.pen.sez.2 n.23658 del 15.5.2008).
Si ha quindi “La nullità assoluta ed insanabile della citazione dell’imputato, ai sensi dell’art.179
cod.proc.pen….soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o,
quando eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la
conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato..” (cfr.Cass.pen.sez.6 n.34170 del
4.7.2008; Cass.pen.sez.3 n.43859 del 14.10.2009).
E, in particolare, nel caso di notificazione del decreto di citazione a giudizio con consegna di
copia al difensore di fiducia, invece che presso il domicilio dichiarato dall’imputato, si
determina una nullità a regime intermedio, dal momento che la notificazione presso il
difensore, salvo che risultino elementi di fatto contrari, non è inidonea a determinare, in
ragione del rapporto fiduciario, la conoscenza effettiva del provvedimento da parte
dell’imputato (cfr. Cass.pen. sez. 2 n.45990 del 7.11.2007, Spitalasi, Rv. 238509).

La giurisprudenza di questa Corte, del resto, già in precedenza (cfr. Cass.pen. sez. 3 n.14443
del 15.11.2012, Salmistrano Rv. 254152, che richiama anche la sentenza n.27718/ 2012) ha
ritenuto che “la prova della certificazione… emergeva….dalla dichiarazione effettuata nel
modello 770, nel quale, in veste di sostituto di imposta, l’imputato aveva dichiarato
l’ammontare da lui dovuto a titolo di ritenute sui redditi di lavoro”.
P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27.3.2014

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