Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19453 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19453 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Ngom Papa

nato il 28.12.1989

avverso la sentenza del 2.8.2013
del Tribunale di Torino
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Fulvio Baldi, che ha
chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata

Data Udienza: 27/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2.8.2013 il Tribunale di Torino, in composizione monocratica, applicava a
Ngom Papa, con la diminuente per scelta del rito, la pena concordata ex art.444 c.p.p. di anni
1, mesi 6 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa per il reato di cui all’art.73 DPR 309/90,
riconosciuta la circostanza attenuante di cui al comma 5 prevalente sulla contestata recidiva.

2.1. Con motivi nuovi, depositati in cancelleria il 20.3.2014, si chiede •tannullamento della
impugnata sentenza, dovendosi applicare, ai sensi dell’art.2 co.4 c.p. la legge penale più
favorevole di cui all’art.73 co.5 DPR 309/90, come sostituito dall’art.2 co.1 letta) D.L.
23.12.2013 n.146, conv. in 1.21.2.2014 n.10.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il giudice
ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della
pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una della
cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.. Ne consegue che, una volta ottenuta
l’applicazione di una determinata pena ex art.444 c.p.p. le parti non possono rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perché essi sono coperti dal
patteggiamento.
3. Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, poi, in ordine alla mancata applicazione
dell’art.129 c.p.p., occorre una specifica motivazione “soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente
nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che
non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis
sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
3.1.11 Tribunale ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando, dopo aver richiamato
specificamente tutti gli atti contenuti nel fascicolo del P.M. (in particolare: verbale di arresto,
verbali perquisizione e sequestro, narcotest, interrogatorio dell’imputato) che non ricorrevano
i presupposti per applicare l’art.129 c.p.p..
4. Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle
ammende della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00, ai sensi dell’art.616
c.p.p.
4.1.L’inammissibilità del ricorso preclude ogni possibilità di procedere ad una rivalutazione
delle statuizioni della sentenza impugnata alla luce della normativa sopravvenuta di cui all’art.2
comma 1 lett.a) D.L.146/2013, conv. in L.n.10/2014, tranne che nell’ipotesi di illegalità della
pena.
Ma nel caso di specie, la pena detentiva base applicata (pari ad anni 2 e mesi 3 di reclusione) è
pienamente “compatibile” con la nuova formulazione dell’art.73 comma 5 DPR 309/90
ponendosi essa, nell’ambito della forbice edittale, in misura addirittura inferiore a quella media.

2

2. Propone ricorso per cassazione Ngom Papa, a mezzo del difensore, denunciando la
manifesta illogicità e carenza della motivazione in ordine alla mancata applicazione
dell’art.129 c.p.p..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.500,00.
Così deciso in Roma il 27.3.2014

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