Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19451 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19451 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Diop Ndari
2) Kare Papa Saliu

nato il 27.8.1952
nato il 16.5.1974

avverso la sentenza del 24.5.2012
della Corte di Appello di Firenze
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Fulvio Baldi, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

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Data Udienza: 27/03/2014

RITENUTO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione il difensore degli imputati, denunciando l’errata applicazione di
legge in relazione al mancato raggiungimento della prova quanto all’attività concorsuale posta
in essere dagli imputati.
I supporti erano stati rinvenuti nell’abitazione di Sylla Ngal (e più precisamente sotto il suo
letto); gli imputati coabitavano soltanto con il predetto Sylla senza avere alcuna relazione con
la merce sequestrata.
Con il secondo motivo denunciano l’errata applicazione di legge in relazione all’art.674 c.p.,
risultando di tutta evidenza la grossolanità della contraffazione (fu percepita ictu oculi dalla
p.g.). E, nell’ipotesi di falso inoffensivo, la punibilità è esclusa.
Con il terzo motivo denunciano la violazione di legge in relazione al mancato raggiungimento
della prova quanto al reato di ricettazione. Con i motivi di appello era stato evidenziato che
non vi era prova dell’effettivo contenuto dei supporti sequestrati e tanto meno che essi
riproducessero i brani originali. In mancanza di accertamenti in proposito l’affermazione di
responsabilità è fondata su mere illazioni.
Con il quarto motivo deducono l’errata applicazione dell’art.171 ter L.633/1941 in relazione
alla sentenza Schwibbert.
Con il quinto motivo denunciano la mancanza e/o illogicità della motivazione in relazione alla
determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. E’ pacifico che, nell’ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si
integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far
riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Allorchè, quindi, le due sentenze
concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle
rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella
precedente per formare un unico complesso corpo argomentatívo (cfr. ex multis Cass.sez.1
n.8868 del 26.6.2000-Sangiorgi, Rv.216906; cfr.anche Cass.sez.un.n.6682 del 4.2.1992,
Rv.191229; Cass.sez.2 n.11220 del 13.1.1997, Ambrosino, Rv.209145; Cass.sez.6 n.23248
del 7.2.2003, Zanotti, Rv. 225671; Cass.sez.6 n.11878 del 20.1.2003, Vigevano, R.224079;
Cass.sez. 3 n.44418 del 16.7.2013, Argentieri, Rv. 257595).
Ed è altrettanto pacifico (cfr. ex multis Cass. Sez. 6 n.35346 del 12.6.2008, Bonarrigo,
Rv.241188) che se l’appellante “si limita alla mera riproposizione di questioni di fatto già
adeguatamente esaminate e risolte dal primo giudice oppure di questioni generiche, superflue
o palesemente inconsistenti, il giudice dell’impugnazione ben può motivare per relationem e
trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente
infondati. Quando, invece, le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state
specificamente censurate dall’appellante sussiste il vizio di motivazione, sindacabile ex art.606
comma 1 lett.e) c.p.p., se il giudice del gravame si limita a respingere tali censure e a
richiamare la contestata motivazione in termini apodittici o meramente ripetitivi senza farsi
carico di argomentare sulla fallacia e inadeguatezza o non consistenza del motivi di

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1. Con sentenza del 24.5.2012 la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza
del Tribunale di Livorno, sez. dist. di Piombino, in composizione monocratica, resa in data
21.7.2009, con la quale Diop Ndari e Kare Papa Saliu erano stati condannati per i reati di cui
agli artt.110 c.p., 171 ter comma 1 lett. d) e comma 2 lett.a) L.633/41, 674 c.p., 81, 648 c.p.,
riconosceva per tale ultimo reato la circostanza attenuante di cui al comma 2 e, concesse ad
entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena in mesi 6 di
reclusione ed euro 200,00 di multa ciascuno.
Rilevava la Corte territoriale che i DVD e CD contraffatti erano destinati alla vendita e che non
veniva sanzionata la mancanza del timbro SIAE ma la duplicazione illegittima dei supporti.
Quanto al reato di cui all’art.674 c.p. non si trattava di falso grossolano.
Infine, i reati contestati, pacificamente, concorrevano tra loro.

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3. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, rinviando alla motivazione
della sentenza di primo grado in relazione alle doglianze che erano state già esaminate e
condivisibilmente disattese.
Il Tribunale aveva, invero, ampiamente argomentato in ordine alle ragioni per cui gli imputati
dovessero, a titolo di concorso, rispondere della detenzione di tutto il materiale rinvenuto
nell’abitazione sita in via Landi n.25 (pag.3 sent.Trib), in ordine alle circostanze di fatto
(condizioni di confezionamento della merce ed assenza del bollino SIAE) che attestavano
l’avvenuta abusiva duplicazione dei supporti) ed infine in ordine alla configurabilità del reato di
cui all’art.474 c.p. (pag.2,3 sent.).
La Corte di merito, nel rinviare legittimamente per relationem alla sentenza del Tribunale, si è
limitata a rilevare, in ordine agli specifici rilievi contenuti nell’appello, che: a) la prova
dell’abusiva duplicazione non era stata desunta solo dalla mancanza del timbro SIAE; b) i DVD
e i CD contraffatti erano destinati alla vendita; c) era configurabile il reato di cui all’art.474
c.p., risultando provata l’imitazione dei marchi e non potendosi parlare di falso grossolano
(pag.6 sent.); i reati contestati concorrevano tra loro (pag.7).
4. I ricorrenti ripropongono con il ricorso le stesse doglianze contenute nell’atto di appello,
lamentando errori di diritto e, comunque, l’omessa motivazione su alcuni dei rilievi contenuti
nell’atto di appello.
4.1. Sotto tale ultimo profilo non tengono conto che “nella motivazione della sentenza il giudice
di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a
prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente
che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo
logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver
tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese
le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente
incompatibili con la decisione adottata” (Cass.pen. Sez.4 n.1149 del 24.10.2005- Mirabilia;
Cass.pen. sez. 6 n.20092 del 4.5.2011).
Anche più di recente è stato ribadito che “in sede di legittimità, non è censurabile una sentenza
per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la
stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata”
(Cass.pen. sez. 1 n.27825 del 22.5.2013).
4.2. Sotto il primo profilo, va ricordato che la sentenza della Corte di Giustizia europea
(emessa in data 8.11.2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert) dite ha incluso la normativa
che prevede l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE sui supporti, contenenti opere
sottoposte al diritto d’autore, tra le “regole tecniche”, in ordine alle quali è previsto l’obbligo di
comunicazione alla Commissione europea per consentirle di verificarne la compatibilità con il
principio comunitario di libera circolazione delle merci. La Corte ha stabilito che tali regole
tecniche non possono produrre effetti nei confronti dei privati e vanno disapplicate dal giudice
interno qualora non siano state notificate alla Commissione delle Comunità Europee.
Questa Corte ha, con varie pronunce, rilevato che “tra le fattispecie penali in cui il
contrassegno è previsto come elemento negativo rientra quella di cui all’art.171 ter lett.d)
L.633/41 (nel testo modificato dalla legge 18.8.2000 n.248), che appunto punisce chiunque
detiene per la vendita supporti musicali, o audiovisivi, cinematografici etc. privi del
contrassegno SIAE. Tra tali fattispecie non rientra invece quella di cui all’art.171 ter lett.c)
L.633/41 (nel testo modificato dalla Legge 18.8.2000 n.248), appunto perché non prevede
come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno in parola, ma punisce soltanto
chiunque detiene a fini commerciali supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non
avendo concorso alla duplicazione o riproduzione. In quest’ultimo caso, insomma, la mancanza
del contrassegno può essere semmai valutata come mero indizio della illecita duplicazione o
riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo della condotta” (cfr.Cass.pen. sez.3
sent.n.334 del 12.2.2008,ric.Valentino).

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impugnazione”. (così anche Cass. Sez. 6 n.49754 del 21.11.2012, Casulli, Rv.254102; Cass.
sez. 6 n.28411 del 13.11.2012, Santapaolo, Rv.256435).

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4.3. I ricorrenti assumono, poi, (peraltro in modo assertivo) che la evidenza della
contraffazione era inidonea ad ingannare l’acquirente medio.
Tali censure non tengono conto, però, che il controllo demandato alla Corte di legittimità va
esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il
tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in
una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento o di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente
corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito
della modifica dell’art.606 lett.e) c.p.p., con la L.46/06, il sindacato della Corte di Cassazione
rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta
illogicità della motivazione anche da “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi
di gravame”, non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le
risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito
dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o
travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr.Cass.pen. sez.6 n.752 del
18.12.2006; Cass.pen.sez.2 n.23419/2007-Vignaroli; Cass.pen. sez. 6 n. 25255 del
14.2.2012).
5. Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale, nel concedere le
circostanze attenuanti generiche, ha ritenuto equa la pena base di mesi 7 di reclusione ed
euro 200,00 di multa, che è ben lontana non solo dal massimo ma anche dalla misura media
edittale.
E, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata motivazione in ordine
alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla
misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficiente a dare conto dell’impiego
dei criteri di cui all’art.133 c.p.le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr.
Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del 26.6.2009).
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27.3.2014

4.2.1. La sentenza di condanna non ha ritenuto a carico dei ricorrenti, come fonte di
responsabilità, l’autonoma condotta della mancanza del timbro SIAE, ma ha fatto derivare da
tale mancanza una circostanza indiziante in ordine all’avvenuta illecita riproduzione.

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