Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19447 del 22/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19447 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: SIANI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ANDRIANO’ ALBANO nato il 08/02/1970 a LOCRI

avverso l’ordinanza del 09/05/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di CAGLIARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
lette/sentite le conclusioni del PG

Quurt

CJit, t

S

14.

L i C-P, IrD

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Data Udienza: 22/12/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, resa il 9 – 12 maggio 2017, il Tribunale di
sorveglianza di Cagliari ha rigettato il reclamo proposto da Albano Andrianò,
attualmente detenuto nella Casa circondariale di Oristano, avverso l’ordinanza
emessa in data 12 maggio 2016 dal Magistrato di sorveglianza di Cagliari con
cui, mentre era stata accolta l’istanza di concessione della liberazione anticipata
relativamente al semestre dal 24 giugno al 23 dicembre 2015, era stata

21 al 27 gennaio 2010, dal 30 al 31 luglio 2010, dal 13 gennaio al 22 giugno
2011 e dal 24 dicembre 2015 al 4 gennaio 2016.
La ragione per la quale il Magistrato di sorveglianza era pervenuto alla
pronuncia di inammissibilità era che, pur aderendosi alla tesi secondo cui il
semestre da computare al fine della concessione della liberazione anticipata
poteva essere composto anche mediante il cumulo di periodi di detenzione
separati da un intervallo temporale, ciò era possibile purché trattasse di periodi
che consentissero un efficace apprezzamento della partecipazione del detenuto
all’opera rieducativa: cosa che, però, nel caso di specie non era possibile per la
brevità di tali periodi.
Il Tribunale ha preso in esame gli argomenti dedotti dal reclamante, con
particolare riferimento al fatto che, dal 13 gennaio 2011, la detenzione era stata
continuativa e che tale detenzione fino al 22 giugno 2011 era stata sofferta in
Canada e solo dopo in Italia, mentre il relativo periodo non era stato considerato
prima ai fini della liberazione anticipata poiché soltanto con provvedimento del
Tribunale di Locri del 22 ottobre 2015 era stato disposto che nel cumulo fosse
computato il tempo detentivo patito all’estero a fini estradizionali, cosa che il
P.m. aveva fatto con il successivo provvedimento del 5 novembre 2015; tuttavia,
ha ritenuto non computabile ai presenti effetti la detenzione sofferta all’estero,
specificamente in Canada, dall’Andrianò.

2.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’Andrianò

chiedendo l’annullamento della stessa e deducendo un unico, articolato motivo a
sostegno dell’impugnazione con cui viene lamentata violazione ed erronea
applicazione dell’art 54 legge n. 354 del 1975, in relazione ai principi dettati
dagli artt. 3 e 27 Cost.
In particolare, secondo il ricorrente, non andava condiviso il ragionamento
secondo cui la detenzione patita all’estero al di fuori del’ambito dell’Unione
europea era anche in concreto insuscettibile di essere considerata ai fini della
concessione della liberazione anticipata: differenziare l’effetto della detenzione

2

dichiarata inammissibile la stessa istanza con riferimento ai periodi intercorsi dal

per i benefici da riconoscere ai detenuti a seconda del Paese estero in cui essa
era stata patita concretizzava un’ingiustificata disparità di trattamento tale da
violare i succitati principi costituzionali, essendo stato, fra l’altro, l’Andrianò
detenuto in Canada su specifica richiesta dell’Italia.
Si è fatto anche notare che l’art. 738 cod. proc. pen. nulla specificava circa i
limiti alla fungibilità, invece ritenuti nel provvedimento impugnato, ed, anzi, il
tenore letterale della disposizione si prestava all’applicazione più favorevole
stabilendo che la pena espiata nello Stato di condanna era computata ai fini

concedibili nel corso della detenzione, mentre, in concreto, il Tribunale non
aveva indicato alcun aspetto o principio dell’ordinamento canadese che collidesse
con l’ordinamento italiano in guisa tale da determinare effetti ostativi alla
concedibilità della liberazione anticipata.
Poggiando su tali basi il ricorrente denuncia come la relativa argomentazione
abbia integrato motivazione apparente, al pari della dedotta possibilità
dell’avvenuto godimento da parte dell’Andrianò di equivalenti e diversi benefici
nel corso della detenzione all’estero, anche perché questi non aveva ottenuto
alcun beneficio nel corso della detenzione in Canada, in ordine alla quale il
termine finale della pena non risultava modificato, d’altro canto in quel periodo
egli essendo restato detenuto su richiesta dell’autorità giudiziaria italiana,
recepita da quella canadese, ben potendo i giudici di sorveglianza valutare il
comportamento del detenuto ai fini trattamentali nel corso del periodo detentivo
sofferto in Canada, anche alla stregua dei positivi risultati riconosciuti con
riferimento ai periodi successivi.

3. Il Procuratore generale ha prospettato il rigetto del ricorso, con le
statuizioni consequenziali, osservando che l’ordinanza emessa dal Tribunale di
sorveglianza di Cagliari era adeguatamente motivata, atteso che, ai fini della
concessione della liberazione anticipata, il momento discriminante doveva
individuarsi in quello della consegna dallo Stato estero soltanto con riferimento
alla detenzione patita in altri Stati dell’Unione europea, potendo computarsi la
restrizione estera quando poi lo stato detentivo si fosse completato con la
detenzione in Italia, con la specificazione che i principi dettati dalla Convenzione
di Strasburgo (artt. 9 e 10) – secondo cui l’esecuzione della pena era soggetta
alla disciplina dello Stato di esecuzione ma lo Stato che riceveva il condannato
doveva riconoscergli i benefici eventualmente concessi dallo Stato di condanna,
in relazione al periodo di carcerazione ivi scontato – non configgevano con il
rilievo che i presupposti per la verifica necessaria ai fini del riconoscimento della
liberazione anticipata si erano verificati soltanto con la data cl . inizio

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dell’esecuzione, senza escludere alcun istituto, anche quelli relativi ai benefici

dell’esecuzione nella struttura carceraria italiana.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte ritiene che il ricorso sia fondato nei sensi che seguono e vada
per quanto di ragione accolto.

2.

Giova premettere che il Tribunale specializzato ha fondato il

Magistrato di sorveglianza: in particolare, ha ritenuto che la detenzione
all’estero, in Stato non facente parte dell’Unione europea, non potesse essere
computata ai fini della concessione della liberazione anticipata, dal momento che
il principio di fungibilità delle detenzioni patite in Stati diversi non poteva
reputarsi esteso fino a ricomprendere l’applicazione di istituti tipici
dell’esecuzione penale interna, date la differenza strutturale fra gli ordinamenti e
la carenza dei presupposti dello specifico beneficio, quali l’osservazione, il regime
disciplinare, la ripartizione delle competenze fra autorità amministrative ed
autorità giudiziarie. Al contempo, secondo il Tribunale di sorveglianza, la
diversità di sistema rendeva possibile l’avvenuto godimento all’estero di altri
benefici, con il conseguente rischio della loro duplicazione, mentre, per altro
verso, il riconoscimento della liberazione anticipata dipendeva dalla valutazione
relativa alla partecipazione effettiva del detenuto all’opera di rieducazione,
valutazione reputata non possibile nel caso in esame.

3.

Dovendo muovere dalla

ratio decidendi privilegiata dal Tribunale di

sorveglianza, il Collegio ritiene che il corrispondente ragionamento, nella sua
assolutezza, non può essere condiviso.
Va, innanzi tutto, segnalato che l’incompatibilità fra detenzione patita
all’estero e misura premiale della liberazione anticipata non è stata reputata
assoluta in ragione delle, pure non irrilevanti, difficoltà di inquadramento e
verifica segnalate dai giudici di merito.
Si è già in varie occasioni evidenziato che, ai fini della concessione della
liberazione anticipata, ai sensi dell’art. 54 Ord. pen., con riferimento a periodo di
detenzione trascorso all’estero, pure nell’ipotesi in cui non vi sia stata
sottoposizione del soggetto ad attività trattamentali, la prova della
partecipazione – comunque non esauribile nella mera regolarità della condotta al percorso rieducativo può essere desunta anche da ogni altro elemento
significativo della volontà del condannato di abbandonare gli schemi di vita
devianti, valorizzando il suo comportamento in istituto, l’osservanza delle

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provvedimento reiettivo su ragioni sostanzialmente diverse da quelle esposte dal

prescrizioni e degli obblighi impostigli, l’eventuale attività lavorativa da lui svolta
o altri elementi positivi riferibili al condannato, i quali lascino desumere, da un
lato, la revisione critica della sua condotta e, dall’altro, l’evoluzione della sua
personalità verso modelli di vita socialmente validi (Sez. 1, n. 2304 del
09/04/1996, Ronch, Rv. 204923; Sez. 1, n. 3193 del 15/07/1987, Ciaccio, Rv.
176906; nella stessa prospettiva Sez. 1, n. 17229 del 27/02/2001, Fidanzati, Rv.
218745; Sez. 1, n. 6204 del 12/11/1999, Gstrein, Rv. 214832).
Di recente, poi, si è approfondito – ancora nel solco della ritenuta, in via di

cui si discute – l’aspetto procedimentale del tema e si è condivisibilmente
affermato che il magistrato e il tribunale di sorveglianza, nell’ambito delle
rispettive competenze, sulla base del rinvio operato dall’art. 678 cod. proc. pen.
alla disciplina del procedimento di esecuzione, sono titolari di poteri istruttori di
ufficio ed hanno la facoltà di chiedere alle autorità competenti tutti i documenti
ritenuti utili ai fini della decisione e di assumere le prove occorrenti in udienza,
anche per governare la dialettica implicata dall’esigenza di verifica del
comportamento serbato dal detenuto nel periodo di pregressa detenzione
all’estero (v. Sez. 1, n. 3092 del 07/11/2014, dep. 2015, De Costanzo, Rv.
263429, che ha, nell’indicata prospettiva, ritenuto non conforme al succitato
principio la determinazione del Tribunale di sorveglianza che si era limitato a
dichiarare inutilizzabile un documento, attestante la revoca di una sanzione
disciplinare irrogata durante il periodo di detenzione espiato all’estero, e
prodotto dal condannato per ottenere il beneficio della liberazione anticipata, per
il solo fatto che lo stesso non era redatto in lingua italiana e non corredato da
traduzione asseverata da giuramento, pur essendo possibile disporre, anche di
ufficio, la traduzione).
Sotto altro aspetto, la detenzione, per parziale espiazione della pena,
all’estero si ritiene già computabile ai fini della liberazione anticipata, sia pure
con riferimento allo spazio giuridico europeo. Invero, si è ripetutamente chiarito
che il beneficio della liberazione anticipata può essere applicato anche con
riferimento al periodo di detenzione espiato in uno Stato estero dell’Unione
europea quando l’espiazione venga poi completata nello Stato italiano (Sez. 1, n.
21373 del 19/04/2013, Porcacchia, Rv. 256084; Sez. 1, n. 14357 del
13/02/2013, Fragalà, Rv. 255342; Sez. 1, n. 10724 del 08/11/2012, dep. 2013,
Gisana, Rv. 255432; Sez. 1, n. 31012 del 06/06/2012, Paci, Rv. 253292; in
senso contrario Sez. 1, n. 33520 del 07/07/2010, Alta, Rv. 248125, peraltro
riguardante il, parzialmente diverso, caso di sentenza di condanna emessa
all’estero e da eseguirsi in Italia).
Rileva allora richiamare i passaggi logico-giuridici che il richiamato

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principio, computabilità della detenzione all’estero ai fini della stessa misura di

orientamento ha esposti. Essi vanno così, sinteticamente, riepilogati: l’art. 54
Ord. pen. non distingue se la detenzione da considerare sia quella inflitta da un
giudice italiano ovvero da un giudice straniero e non formula eccezioni di
principio per l’ipotesi in cui la stessa sia stata in parte espiata in struttura
carceraria estera; opera il principio della fungibilità delle detenzioni espiate in
Stati diversi, fissato normativamente dall’art. 738 cod. proc. pen., principio che
trova particolare e significativa espressione nel processo di integrazione giuridica
tra Stati della Unione europea; specialmente rileva la previsione dell’art. 16,

decisione quadro 2008/909/GAI, volta all’armonizzazione dei sistemi esecutivi e
a una loro sostanziale fungibilità, ha stabilito che “la pena espiata nello Stato di
emissione è computata ai fini della esecuzione”; vanno considerati altresì i
principi espressi dalla Convenzione di Strasburgo nella parte in cui, all’art. 10,
comma 2, in riferimento alla continuazione della esecuzione, dispone che “se la
sua legge lo esige” lo Stato di esecuzione “può, per mezzo di una decisione
giudiziaria o amministrativa, adattare la sanzione alla pena o misura prevista
dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato”; operano altresì i principi
costituzionali in forza dei quali deve darsi pratica concretizzazione degli istituti
normativi nazionali ai fini della risocializzazione del detenuto e deve garantirsi la
parità di trattamento del detenuto quanto alla valutazione della pena, a
prescindere dal luogo della espiazione della stessa o delle sue parti, anche in
rapporto ad altri detenuti che non hanno espiato all’estero parte della pena.
Lo stesso orientamento è stato espresso con riferimento a fattispecie
riguardante un cittadino straniero, condannato in Italia, arrestato all’estero in
esecuzione di mandato di arresto internazionale e lì rimasto detenuto, in attesa
dell’estradizione, per un periodo valutato poi come presofferto rispetto alla pena
in espiazione in Italia (Sez. 1, n. 7917 del 08/11/2012, dep. 2013, Gradica, n.
m.).
Non è superfluo considerare altresì che nel caso oggetto del presente vaglio,

comma 1, d.lgs. n. 161 del 2010, che, nel dare esecuzione nel diritto interno alla

non si verte in tema di pena, divenuta esecutiva, espiata parzialmente all’estero,
bensì di detenzione patita all’estero nel corso dell’esecuzione del procedimento di
estradizione nell’attesa della consegna del detenuto dallo Stato canadese allo
Stato italiano, fermo restando che (come per esplicito ha chiarito già il
Magistrato di sorveglianza nel primo provvedimento) il periodo di detenzione
all’estero afferisce ad un titolo compreso nel provvedimento di determinazione
delle pene concorrenti ora in esecuzione. E non può obliterarsi che il periodo di
detenzione sofferta all’estero, sotto molteplici aspetti, va ricompreso nella
species della custodia cautelare (così, ad esempio, per il computo dei termini
della sua durata massima: Sez. 1, n. 3862 del 13/01/2009, Parrella, Rv.

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1//

242443).

4. Posto ciò e considerati gli argomenti che, in modo del tutto persuasivo,
fondano tale indirizzo, occorre riflettere come diversi di questi argomenti
rimandano a norme suscettibili di orientare l’interprete anche al di fuori
dell’ambito dell’Unione europea.
Diviene allora, caso per caso, necessaria, nella cornice tracciata, anche la
verifica della disciplina convenzionale operante, se operante, nei rapporti fra lo

altresì la disciplina regolatrice del trattamento dei detenuti propria di quello
Stato, onde stabilire, nel quadro di tutti gli elementi in concreto acquisibili, se
dalla relativa applicazione possano desumersi, o meno, elementi rilevanti ai fini
dell’applicazione – che non può escludersi in via di principio – dell’art. 54 Ord.
pen. ed anche per accertare se, per converso, il soggetto che poi abbia richiesto
la liberazione anticipata abbia già goduto, nel periodo di detenzione all’estero, di
benefici incompatibili con l’applicazione della suddetta misura premiale propria
del diritto interno.
In questa prospettiva, gli elementi di controindicazione che hanno, in modo
aprioristico, nutrito il discorso giustificativo alla base dell’ordinanza impugnata
non concretano insormontabili ostacoli di principio, bensì costituiscono l’oggetto,
per un verso, della verifica di compatibilità normativa fra l’istituto del diritto
interno e la disciplina della detenzione sofferta dall’interessato nello Stato estero
e, per altro verso, della specifica acquisizione da parte dei giudici di sorveglianza
– realizzabile anche attraverso l’attivazione dei poteri istruttori ufficiosi già
ricordati – degli elementi di conoscenza necessari in relazione ai parametri
valutativi che rilevano per l’applicazione, in un senso o nell’altro, della disciplina
regolatrice dell’istituto di cui all’art. 54 d.P.R. n. 354 del 1975, mediante la
valorizzazione di ogni elemento utile.
Tale necessaria analisi è mancata nel provvedimento impugnato e, prima
ancora, nell’acquisizione dei dati cognitivi necessari per l’informata deliberazione
sui punti influenti ai sensi dell’art. 54 cit., norma della quale, quindi, non è stata
fatta retta applicazione, in rapporto all’ulteriore disciplina richiamata.
Così, sotto il profilo normativo, non irrilevante era ed è considerare che il
contenuto della Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle
persone condannate ha vigenza internazionale dal 10 luglio 1985, anno in cui è
stata ratificata dal Canada. Del pari era ed è da considerare, onde trarne ogni
elemento utile per la valutabilità della detenzione in quello Stato ai fini di cui
all’art. 54 Ord. pen., che è stato stipulato in Roma il 13 gennaio 2005 il nuovo
Trattato bilaterale di estradizione tra il Governo della Repubblica Italiana e il

7

Stato di esecuzione della detenzione oggetto di verifica e lo Stato italiano e rileva

Governo del Canada, entrato in vigore 17 novembre 2010 (contenente, fra
l’altro, la disciplina dell’arresto provvisorio).
Sotto il profilo degli accertamenti fattuali e della loro congrua valutazione,
poi, deve prendersi atto che non risulta data risposta dal provvedimento
impugnato alla questione posta dall’Andrianò della, comunque possibile,
valutabilità del suo comportamento ai fini rieducativi nel corso della detenzione
all’estero, lì dove ha dedotto che avrebbero dovuto considerarsi comunque il
percorso successivo proficuamente svolto dal detenuto, l’assenza di rilievi

della libertà su cauzione per un periodo superiore a due anni, assistito dal
costante rispetto delle prescrizioni imposte e corroborato dall’ottenimento per
tutti i semestri, anche immediatamente successivi, di detenzione patita in Italia.
Tali carenze viziano decisivamente il provvedimento reso.

5. Alla stregua degli svolti rilievi, dunque, l’ordinanza impugnata deve
essere annullata, con rinvio al medesimo Tribunale di sorveglianza, affinché
proceda al nuovo esame della questione nel rispetto dei principi di diritto
enunciati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Cagliari.
Così deciso il 22 dicembre 2017

Il Con gliere stensore
incenzo iani
i

negativi da parte delle autorità canadesi, l’ottenimento da parte dell’Andrianò

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